di Luigi Lamma
Spunti per la ripartenza da “pellegrini di speranza”
Trieste, Rimini e Verona. Ovvero 50ª Settimana sociale dei cattolici, 45° Meeting per l’amicizia fra i popoli e Route nazionale delle Comunità Capi Agesci. Tre eventi che hanno scandito l’estate e hanno restituito la qualità della presenza dei cattolici e della Chiesa nella società italiana con uno stile di servizio e di impegno per il bene comune. Diversi commenti hanno evidenziato la profondità dei contenuti espressi, il metodo partecipativo e dialogico utilizzato, la ricerca dell’essenziale e delle radici comuni (Vangelo e Costituzione) come base di ogni progettualità per contribuire alla crescita morale e sociale specie delle giovani generazioni. Tentando una sintesi “laica” si potrebbe dire: custodi della democrazia, costruttori di pace, generatori di senso del vivere. La sfida che segue ogni momento
forte, capace di “dare la carica”, è il ritorno alla realtà, alle occupazioni quotidiane dove relazioni personali e sociali, dinamiche economiche, consuetudini pastorali rendono difficoltoso il tentativo di dare immediata attuazione alle tante sollecitazioni raccolte. Condivido “la domanda ‘generativa’ fondamentale” da porsi alla ripresa delle attività formulata dall’economista Leonardo Becchetti (Avvenire, 30 agosto): “come orientare la rotta nella direzione giusta superando gli ostacoli che abbiamo davanti? E come indicare vie di soluzione personale e politica per i membri delle nostre comunità sulle grandi sfide che ci aspettano (pace, transizione ecologica, intelligenza artificiale e lavoro, demografia)?”. Non sono temi “alti” che passano sopra la testa di famiglie e comunità, sono la realtà con cui fare i conti tutti i giorni ai quali possiamo aggiungere le sfide e le offese più dirette alla vita umana in tutte le sue fasi e situazioni (inizio e fine vita, tratta di esseri umani, migrazioni, povertà, ecc…).
Dove partire allora? Tra i tanti possibili contributi propongo l’omelia del cardinale Matteo Zuppi pronunciata nella messa di chiusura della Route nazionale Agesci a Verona. Un testo insolitamente più lungo e articolato rispetto agli interventi del Presidente della Cei sempre molto asciutti e diretti. Segno di quanto stia a cuore alla chiesa italiana quel patrimonio ormai centenario di esperienza educativa rappresentato dallo scautismo cattolico in Italia. Parole di commovente intensità per chi ha avuto ed ha ancora oggi il dono di spendere parte della propria vita nello scautismo. Ma il messaggio va ben oltre i diretti interessati, i capi e le cape Agesci, e può ritenersi indirizzato a tutti coloro che nella comunità ecclesiale hanno responsabilità formative ed educative, nessuno escluso: “Siete capi, siete tanti”. Un “essere capi” “libero da confronti e competizioni perché come deve essere, di solo servizio…”. Un “essere capi” che non si accontenta “di accogliere chi vi cerca, ma andate voi a cercare quelle ragazze e quei ragazzi che non verrebbero mai o le cui famiglie non inserirebbero i loro figli in una lista di attesa. Recuperate lo spirito missionario dello scautismo accogliendo tutte e tutti e condividendo con loro la bellezza della vostra esperienza”. Non è forse ciò che dovrebbe fare ogni parroco e ogni educatore che conosce la realtà del proprio quartiere? Perché “viviamo in un tempo di emergenza educativa: siate capaci di scelte coraggiose, di essere riferimenti, specie verso quelle ragazze e quei ragazzi che sono più emarginati!”. Infine la dimensione “politica” dell’agire di ogni educatore: “siate nelle vostre comunità custodi del bene comune
e testimoni di un agire politico concreto, davvero disinteressato perché con un unico interesse: la persona”. In un Paese dove “è ancora forte e insidiosa la pratica dell’illegalità e delle scorciatoie compiacenti in nome della convenienza personale” ecco l’esempio di don Peppe Diana, parroco di Casal di Principe e Assistente ecclesiastico dell’Agesci, ucciso dalla camorra trent’anni fa. E ancora “seguendo la testimonianza di don Giovanni Minzoni (ucciso dai fascisti nel 1923 ad Argenta), sappiate scegliere e educare alla vera libertà, affrontando ogni fascismo, totalitarismo e violenza senza paura di rinunciare per scegliere e trovare ciò che è buono e bello, ciò che Cristo e la coscienza ci indicano come giusto”. Al termine di un’estate torrida e mentre riascoltiamo queste parole le rivediamo ancora una volta tramutate in esperienze concrete, centinaia di educatori, con bambini e ragazzi, nei centri estivi, poi i campi per ogni fascia di età, le esperienze di servizio…in Italia e nelle missioni, il popolo dei volontari delle sagre. Insomma “Siete capi, siete tanti”, non dobbiamo dimenticarlo. E’ questa la migliore premessa per la ripartenza dell’anno pastorale che ci porterà a varcare le soglie del Giubileo 2025 come “pellegrini di speranza”.