Scrive Pascal che “La verità senza la carità è crudeltà”. E’ molto difficile coniugare insieme queste due qualità. Sono come due sorelle gemelle che entrano spesso in conflitto tra di loro. La verità se non è animata dalla carità si trasforma in intolleranza ed in intransigenza, è una spada che inchioda l’altro alla sua colpevolezza. Ma un amore che rifugge dalla verità finisce per ridursi ad una forma di buonismo, ad un surrogato di dubbia qualità che atrofizza la verità stessa. Una cosa, comunque, è certa. Nell’uno e nell’altro caso l’obiettivo è mancato. Verità e amore devono potere vivere insieme, in un felice, anche se non sempre facile connubio.
C’è un episodio nel Vangelo di Giovanni dove Gesù unisce mirabilmente la chiarezza della verità con la dolcezza dell’amore. Si tratta dell’adultera. Il Signore, nella relazione che instaura con questa peccatrice, ha una sola preoccupazione: mostrare la centralità della persona. In quanto persona questa donna va rispettata. Un rispetto che non porta Gesù né a scusare né a giustificare lo stile di vita, ma a perdonare. E il perdono, chi lo ha provato lo sa, riabilita, fa rinascere a vita nuova, dà la possibilità di iniziare un nuovo cammino perché libera dal proprio passato.
Un perdono che non è dato, se così posso dire a buon mercato, perché Gesù conclude l’incontro con la donna con una “severa clemenza”: “Va e d’ora in poi non peccare più”. Il perdono ricevuto è una liberazione totale che crea nel cuore della donna l’inizio di un genuino “non peccare più”. Gesù insegna che amore e verità possono stare sapientemente e felicemente insieme e ha pure dimostrato come.
Diventa forse più comprensibile il tema della 38¿ Giornata nazionale per la Vita: “La misericordia fa fiorire la vita”. Un’ espressione che, se abbandonata a se stessa, sa molto di retorica. Acquista, invece, un suo senso ben preciso alla luce dell’evento risolutivo della storia dell’umanità: l’Incarnazione del Figlio di Dio. Con l’Incarnazione la misericordia di Dio per gli uomini si è resa pienamente, personalmente e immediatamente presente e operante nell’esistenza umana di Gesù.
Un grande teologo ha sintetizzato così la persona di Cristo. “Gesù è Dio in modo umano; è uomo in modo divino” (Schillebeeckx, Cristo, sacramento dell’incontro con Dio). Gesù Cristo manifesta e comunica in modo unico e assolutamente originale l’amore salvatore di Dio. L’amore umano di Cristo è la manifestazione e la comunicazione piena, personale e immediata dell’amore di Dio agli uomini. In altre parole, l’amore di Dio ci raggiunge nella tenerezza di un cuore umano che è al tempo stesso cuore di Dio.
Posso immaginare che qualcuno stia pensando che sto uscendo dal seminato e si chieda: “Che cosa hanno a che fare queste affermazioni fredde e astratte con la misericordia? Vorrei subito precisare che non si tratta di divagazioni teologiche fredde o astratte perché se non abbiamo chiaro chi è Cristo non è possibile neppure capire di che cosa stiamo parlando quando parliamo di misericordia. Infatti, l’atteggiamento di Cristo nei confronti degli indifesi, degli emarginati, dei peccatori non è finalizzato a dirci quanto è buono, bravo, sensibile, ma rivela “la filantropia” di Dio. Gesù, in sostanza, offre la sua umanità a Dio perché attraverso di essa Dio possa avvicinarsi all’uomo.
I capi del popolo, lo sapete bene, erano non solo scandalizzati perché Gesù accoglieva peccatori, lebbrosi, prostitute ma lo criticavano anche aspramente per questo suo atteggiamento. Alle loro critiche egli risponde non ponendo se stesso al centro, ma precisando che Egli si comporta così perché “Dio è amore” (1Gv 4.8). E’ la sua natura, e non può non amarci. L’amore è il suo modo di guardarci incessantemente e di accompagnarci, in qualsiasi condizione della nostra vita. Pertanto, Gesù che è il Figlio Unigenito di Dio, il volto visibile del Padre non può agire diversamente. San Paolo scrive nella Lettera a Tito: Per mezzo di Gesù Cristo “apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini (3.4). E’ come se dicesse che Dio, giunto ad un certo momento della storia, si è quasi stancato di dirci parole d’amore o di farci conoscere delle profezie o di darci libri da leggere e da meditare e ha deciso di vivere in mezzo a noi.
L’amore di Dio trova la sua manifestazione più sconvolgente nella passione, morte e resurrezione del suo Unigenito Figlio. Nel mistero pasquale, con tutto il suo carico di incomprensibile sofferenza, noi vediamo l’amore che vince il potere dell’odio, la vita che trionfa sulla morte. Ecco la ragione per la quale la resurrezione di Gesù è il fondamento della nostra fede e della nostra speranza. Se Gesù non fosse risorto, dice San Paolo, vana sarebbe la nostra fede. Cioè il cristianesimo non avrebbe alcun valore, Gesù sarebbe un uomo come tutti gli altri e la Chiesa un’istituzione tra le altre, e forse neppure la più necessaria.
Ma se Cristo è risorto da morte allora in Lui l’amore ha vinto sull’odio, il perdono sul peccato, il bene sul male, la verità sulla menzogna! I testimoni più credibili di questa nuova possibilità offerta all’uomo sono i santi. San Bernardo di Chiaravalle scrive: “Che cosa hanno fatto gli apostoli? Hanno insegnato a vivere bene, la buona vita”. Che è quella di Gesù. Come Cristo essi gridano al mondo che “l’Amore è più forte, che l’Amore dona vita, che l’Amore fa fiorire la speranza nel deserto” (Papa Francesco).
Per tanti la misericordia è una manifestazione di debolezza, è l’atteggiamento di coloro che non sanno sostenere il coraggio delle proprie idee. Gesù, invece, con la sua vita ci insegna che senza la misericordia non è possibile costruire un’esistenza positiva e fare emergere una visione calda e non fredda dell’esistere. Infatti, l’amore di Dio ci porta a riconoscere che:
-. dove gli uomini dicono “perduto”, lì Dio dice “salvato”;
-. dove gli uomini dicono “no”, lì Dio dice “sì”;
-. dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”.
Egli è il totalmente Altro che viene perché la storia e la vita siano totalmente altre da quello che sono.
E’ evidente che più “Dio” equivale a più “io”! Questa relazione e la possibilità di vita nuova che nasce da essa aiuta a scoprire la vita come un dono e ad apprezzarne il suo valore.
Questa relazione con Dio è possibile perché nell’umanità di Cristo, Dio ha stretto un patto di eterna alleanza con ogni creatura umana, si è legato cioè in qualche modo ad ogni uomo. La misericordia di Dio, allora è anche per me perché in questo patto di amore che Dio in Cristo ha stipulato con ogni uomo è garantita una cura anche per me, mi è assicurato uno sguardo che è capace di riabilitare, di trarre qualcosa di buono anche da un vecchio mascalzone come me.
E allora proviamo a chiederci: “Come reagisco di fronte a questa parola che Dio rivolge a me personalmente?”: “Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo” (Is 43.4). Parole che rivelano che il segreto che è ognuno di noi, che è l’uomo non trova la sua risposta oltre noi.
Madre Teresa di Calcutta ha scritto un bellissimo inno alla vita:
La vita è un’opportunità, coglila.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne una realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocala.
La vita è preziosa, conservala.
La vita è amore, godine.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è una promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La vita è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, vivila.
La vita è una gioia, gustala.
La vita è una croce, abbracciala.
La vita è un’avventura, rischiala.
La vita è pace, costruiscila.
La vita è felicità, meritala.
La vita è vita, difendila.
La vita è… Qual è il mio inno alla vita?
Comprendiamo, allora, che la misericordia non è un’idea, e neppure un sentimento epidermico, fugace, emozionale perché né un’idea né un sentimento, per quanto nobili, possono salvarci. Nel Vangelo, al riguardo, noi troviamo indicazioni molto concrete sul modo di praticare la misericordia:
-. “Non giudicate, per non essere giudicati” (Mt 7.1);
-. “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25.36).
-. San Paolo riassume l’insegnamento di Gesù con queste parole: “Non lasciatevi vincere dal male, ma vincete il male con il bene” (Rm 12.2).
Nella parabola del Figlio Prodigo, il padre non si ferma alle emozioni, ma corre verso suo figlio, lo bacia, lo abbraccia, gli restituisce la sua originaria dignità, lo ricolma dei suoi beni e fa una grande festa per lui. In una parola si lascia coinvolgere.
La misericordia, dunque, è il criterio dell’agire secondo Dio. La Parola di Dio ci indica anche la radice da cui può scaturire questo atteggiamento: “Noi amiamo perché Dio ci ha amato per primo” (IGv 4.19).
Scrive il poeta Rumi “Che cosa fai quando credi? Tu tendi ad aprire il cuore“. Cioè ti lasci coinvolgere in un incontro perché credere significa incontrare una Persona, Gesù. E’ lui che salva e salva perché incontrare Lui significa incontrare Dio stesso e il suo amore. Quando ne raccogliamo il respiro, lo sguardo, l’abbraccio, l’amicizia… ogni goccia di sangue avviene in noi un cambiamento interiore perché l’amore di Gesù, che si rivela essere quello stesso di Dio, “cambia lo sguardo”, “allarga il cuore”, “trasforma la vita” e diviene criterio stesso di un’esistenza nuova.
Per chi condivide la vita con Cristo, allora, nessuno è irrecuperabile, perché Gesù non abbandona nessuno. Sono tante le situazioni e gli ambiti nei quali si attenta alla dignità della persona e nei quali è urgente impegnarsi. Il Papa ne ha fatto un elenco impressionante nel discorso che ha rivolto ai partecipanti all’incontro promosso dall’Associazione Scienza e Vita: la piaga dell’aborto, le morti sui barconi nel canale di Sicilia e altrove, le morti sul lavoro e per denutrizione, il terrorismo, la guerra, la violenza, l’eutanasia.
Di fronte a tali e tanti crimini si è tentati di dire: “Non è possibile fare qualcosa!”, “Non c’è soluzione a tanti drammi”!
Ebbene, la medicina a tanto dolore è data dalla possibilità di guardare a Cristo per imparare da Lui che cosa significa prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, dare fiducia, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente.
Giovanni Paolo II, che ha conosciuto la durezza del regime nazista prima e di quello comunista poi ha ricordato che al mondo non basta la giustizia, perché senza misericordia non sono possibili né la pace né la convivenza. Egli afferma: “Non c’è pace senza giustizia, ma non c’è giustizia senza perdono”. Per queste ragioni i Vescovi affermano che la misericordia è “il nuovo nome della pace”.
Un ambito nel quale è particolarmente urgente rendere presente l’agire secondo Dio è la difesa della vita dal suo concepimento fino alla sua naturale conclusione. Nella cura dei piccoli e degli anziani la famiglia, costituita da un uomo e una donna con un legame stabile, rappresenta una risorsa insostituibile e quindi va sostenuta ed incoraggiata.
La mancanza di sostegno alla famiglia nella nostra società è resa ancora più evidente dal fatto che da una parte si continuano ad investire notevoli energie a favore di piccoli gruppi di persone, e dall’altra mancano autentiche politiche familiari capaci di porre un freno alla drammatica crisi demografica che investe il nostro Paese. Il rapporto tra crisi demografica e mancanza di politiche familiari è di causa ed effetto.
Ogni figlio che viene al mondo è “volto del Signore” che ama la vita, è “dono per i suoi genitori e per la società”. Al contrario, “ogni vita non accolta impoverisce il nostro tessuto sociale”.
Il sogno di Dio è “Fare del mondo una famiglia”. Questo sogno diventa metodo non solo quando nella famiglia “si impara a custodire la vita dal concepimento al suo naturale termine ma anche quando la fraternità si irradia dalla famiglia al condominio, ai luoghi di lavoro, alla scuola, agli ospedali, ai centri di accoglienza, alle istituzioni civili”. Chiunque si pone al servizio della persona umana realizza il sogno di Dio.
In un mondo che è sempre più disumano e che necessita di una visione “calda” e non “fredda” dell’esistere i cristiani sono chiamati a testimoniare quello sguardo pieno d’amore sul fratello che non nasce da loro, ma viene da Cristo e che quindi è carico della sua misericordia. Non per nulla la preghiera iniziale della Messa della IV domenica del Tempo Ordinario ci fa pregare con queste parole: Dio grande e misericordioso, concedi a noi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo.
Il cristiano in collaborazione con gli uomini e le donne di buona volontà deve diventare portatore sano nel mondo di quella malattia che si chiama Amore. Consapevoli che questa scelta può portarci ad andare controcorrente (pensate quanto è difficile parlare di accoglienza per gli immigrati o di perdono per gli attentatori dell’Isis, di aborto non come diritto, ma come piaga…). Ho detto con gli uomini e le donne di buona volontà perché il seme della misericordia è presente in tutti. Anzi la misericordia è il contrassegno del mondo umano rispetto al mondo animale, dove non c’è pietas. E quindi tutti siamo responsabili del suo germogliare nella vita pubblica e individuale, dimostrando l’Amore con le opere di misericordia,
Il metodo è quello del dialogo, che è capace di costruire ponti, di trasmettere la potenza del Vangelo, di guarire la paura di donarsi, di generare la “cultura dell’incontro”. A questo riguardo i Vescovi propongono come icona l’apparizione di Cristo risorto ai discepoli di Emmaus. “La sua presenza – scrivono i Vescovi – cambia lo sguardo ai due di Emmaus e fa fiorire la gioia: nei loro occhi si è accesa una luce”.
+ Francesco Cavina, Vescovo