Sabato 24 gennaio nella chiesa di Santa Chiara il vescovo Elio Tinti ha presieduto la messa in onore del santo patrono dei giornalisti San Francesco di Sales, ecco una sintesi dell’omelia.
Abbiamo ascoltato da San Paolo nella prima lettura un messaggio che mi sembra un programma di contenuti e di esempio per ogni annunziatore, come lo è di fatto ogni giornalista: “Fratelli, a me che sono l’infimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo, e di far risplendere agli occhi di tutti qual è l’adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio'” (Ef. 3,8-12).
Cari fratelli giornalisti, questo annuncio di San Paolo riguarda in modo particolare voi tutti, operatori della comunicazione sociale. La Chiesa, testimone fin dalle origini della predicazione e delle azioni con cui Gesù ha iniziato il suo Regno, esiste per comunicare agli uomini questo lieto messaggio. E’ in questo contesto che vedo la vostra professione chiamata anche a guardare e a considerare questo messaggio cristiano e il disegno di Dio, che è un fatto oggettivo storico dentro il linguaggio mediatico, rendendo i media più capaci di trasmettere e lasciare trasparire anche i contenuti e le verità ultime dell’uomo. Voi lo sapete meglio di me che i media non sono mezzi neutri. Sono al contempo mezzi e messaggio, che generano una nuova cultura.
La Chiesa comprende che per comunicare il Vangelo, come afferma Papa Giovanni Paolo II nella lettera enciclica Redemptoris missio, “non basta quindi usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa nuova cultura creata dalla comunicazione moderna” (n.37 EV 12/625). E’ grande il compito che ogni giornalista onesto, credente o non credente, è invitato a vivere e a realizzare oggettivamente.
Viene conseguente una domanda che si è posta anche il Santo Padre Paolo VI, quando scrive nella sua prima enciclica” “Ecclesiam suam”: “Fino a quale grado la Chiesa deve uniformarsi alle circostanze storiche e locali in cui svolge la sua missione? Come deve premunirsi dal pericolo d’un relativismo che intacchi la sua fedeltà dogmatica e morale? Ma come insieme farsi idonea per tutti avvicinare e per tutti salvare, secondo l’esempio dell’Apostolo: Mi sono fatto tutto a tutti, perché tutti io salvi? Non si salva il mondo dal di fuori; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi, in certa misura, nelle forme di vita di coloro a cui si vuole portare il messaggio di Cristo, occorre condividere, senza porre distanza di privilegi, o diaframma di linguaggio incomprensibile, il costume comune, purché umano ed onesto, quello dei più piccoli specialmente, se si vuole essere ascoltati e compresi. Bisogna, ancor prima di parlare, ascoltare la voce, anzi il cuore dell’uomo; comprenderlo, e per quanto possibile rispettarlo e dove lo merita assecondarlo. Bisogna farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso che vogliamo essere loro pastori e padri e maestri. Il clima del dialogo è l’amicizia. Anzi il servizio. Tutto questo dovremo ricordare e studiarci di praticare secondo l’esempio e il precetto che Cristo ci lasciò” (n.90).
Questo stile di comportamento corrisponde pienamente al tema indicato dal Santo Padre Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali 2009: “Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di fiducia e di tensione al bene comune”. Mi sembra che ogni giornalista abbia compiti e responsabilità anche maggiori rispetto ad altre categorie professionali, perché un’informazione corretta e di qualità può modificare anche il “clima” di un Paese; e ricevere una tale informazione è un diritto costituzionale dei cittadini. Sono convinto che i giornalisti credenti o comunque onesti di buona volontà hanno una attenzione verso ciò, perché si riconoscono in precisi valori morali naturali. E senz’altro svolgono, nel proprio ambito, il ruolo di coscienza critica, richiamando la professione al rispetto delle regole e di certi valori, ad avere quindi “un volto umano”. Un caso tipico è l’opporsi alla ricerca esasperata dello scoop e al sensazionalismo a buon mercato ascoltando l’assioma di San Giovanni Bosco, “il bene deve sempre essere fatto conoscere”: questo è il compito del giornalista, tanto più se è credente.
San Francesco di Sales interceda per ogni giornalista del nostro territorio, perché al di là delle proprie convinzioni religiose, ciascuno sappia sempre essere oggettivamente onesto, costruttivamente positivo, responsabilmente educatore di un popolo che molto si affida ai titoli e alle riflessioni dei mass media odierni. E’ il mio augurio e la mia preghiera.
+ Elio Tinti, Vescovo