19-04-2013
Nella prima lettura della Messa ci viene riportato un episodio della vita di S. Paolo che rimarrà per sempre inciso nella sua anima: Gesù si mostra personalmente ed intimamente unito ai suoi discepoli, a coloro che Paolo perseguita. Nel corso della sua vita l apostolo, partendo da questa esaltante esperienza di Cristo, svilupperà la dottrina del Corpo Mistico di Cristo. In essa Paolo spiega che fra i cristiani, o i santi come lui li qualifica, esiste un unione profonda, dovuta al loro essere uniti al Capo, Cristo. Per spiegare questo legame usa le seguenti parole: Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui . Partendo da questa certezza l apostolo chiede preghiere per sé ed il suo apostolato.
La comunione dei cristiani o santi consiste in una comunità che condivide beni spirituali e materiali da cui tutti traggono beneficio e con i quali possiamo aiutarci l un l altro. Che significa per me la comunione dei santi? Vuole dire che noi tutti che siamo uniti in Cristo i santi del cielo, le anime del purgatorio e noi che viviamo ancora sulla terra dobbiamo essere consapevoli delle necessità dei fratelli. Abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, e tutti possiamo aiutarci. In questo istante qualcuno sta pregando per noi e noi preghiamo per i nostri fratelli e così la vita di tutti trae sostegno dalla sofferenza, dal lavoro e dalla preghiera di persone che ci sono il più delle volte sconosciute. Un giorno, quando giungeremo alla presenza di Dio, vedremo gli aiuti preziosi che ci hanno tenuto a galla o ci hanno permesso di avvicinarci di più a Dio. Allora contempleremo pure l efficacia dei nostri stessi sacrifici, del nostro lavoro, della nostra preghiera; anche di quanto a suo tempo ci era sembrato sterile e di scarsa utilità.
In particolare noi viviamo e partecipiamo di questa comunione di beni spirituali nella Messa. In essa infatti noi ascoltiamo la Parola di Dio e ci nutriamo di Cristo, pane vivo e vero, che dà la vita eterna. L incontro con il Signore esige l unità tra i fratelli e richiede di vivere la carità verso i fratelli, nei quali quotidianamente incontriamo Cristo.
Mi piace inserire l apertura della Casa diocesana dell accoglienza don Ivo Galeotti, affidata ad una famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, nel contesto di questa riflessione. La sua realizzazione non è fine a stessa. Sarebbe triste se tornassimo a casa, come avviene spesso dopo aver assistito ad eventi come questo, dicendo a noi stessi: Come sono bravi quei ragazzi e tutto finisse lì. Non! La casa è uno stimolo per tutti ad annunciare, testimoniare ed adorare Dio e a servirlo nei fratelli. Solo così saremo veri portatori di una vita, la vita di fede, che ci è stata data, che non ci appartiene e che cresce donandola, spendendola, servendo i fratelli. E questo il modo per vivere la Chiesa. Lo ricorda con insistenza il Papa Francesco: Una Chiesa che non esce fuori da se stessa presto o tardi si ammala nell atmosfera viziata delle stanze in cui è rinchiusa . E la malattia della Chiesa ha un nome: l autoreferenzialità , guardare a se stessi, ripiegati su se stessi . Addirittura il Pontefice parla di narcisimo . Una malattia questa che non consente di assaporare la dolce e confortante gioia dell evangelizzazione .
La comunione dei cristiani o santi consiste in una comunità che condivide beni spirituali e materiali da cui tutti traggono beneficio e con i quali possiamo aiutarci l un l altro. Che significa per me la comunione dei santi? Vuole dire che noi tutti che siamo uniti in Cristo i santi del cielo, le anime del purgatorio e noi che viviamo ancora sulla terra dobbiamo essere consapevoli delle necessità dei fratelli. Abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, e tutti possiamo aiutarci. In questo istante qualcuno sta pregando per noi e noi preghiamo per i nostri fratelli e così la vita di tutti trae sostegno dalla sofferenza, dal lavoro e dalla preghiera di persone che ci sono il più delle volte sconosciute. Un giorno, quando giungeremo alla presenza di Dio, vedremo gli aiuti preziosi che ci hanno tenuto a galla o ci hanno permesso di avvicinarci di più a Dio. Allora contempleremo pure l efficacia dei nostri stessi sacrifici, del nostro lavoro, della nostra preghiera; anche di quanto a suo tempo ci era sembrato sterile e di scarsa utilità.
In particolare noi viviamo e partecipiamo di questa comunione di beni spirituali nella Messa. In essa infatti noi ascoltiamo la Parola di Dio e ci nutriamo di Cristo, pane vivo e vero, che dà la vita eterna. L incontro con il Signore esige l unità tra i fratelli e richiede di vivere la carità verso i fratelli, nei quali quotidianamente incontriamo Cristo.
Mi piace inserire l apertura della Casa diocesana dell accoglienza don Ivo Galeotti, affidata ad una famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, nel contesto di questa riflessione. La sua realizzazione non è fine a stessa. Sarebbe triste se tornassimo a casa, come avviene spesso dopo aver assistito ad eventi come questo, dicendo a noi stessi: Come sono bravi quei ragazzi e tutto finisse lì. Non! La casa è uno stimolo per tutti ad annunciare, testimoniare ed adorare Dio e a servirlo nei fratelli. Solo così saremo veri portatori di una vita, la vita di fede, che ci è stata data, che non ci appartiene e che cresce donandola, spendendola, servendo i fratelli. E questo il modo per vivere la Chiesa. Lo ricorda con insistenza il Papa Francesco: Una Chiesa che non esce fuori da se stessa presto o tardi si ammala nell atmosfera viziata delle stanze in cui è rinchiusa . E la malattia della Chiesa ha un nome: l autoreferenzialità , guardare a se stessi, ripiegati su se stessi . Addirittura il Pontefice parla di narcisimo . Una malattia questa che non consente di assaporare la dolce e confortante gioia dell evangelizzazione .