Vorrei iniziare la mia esposizione ponendo innanzitutto una domanda: ‘L’Africa è veramente un continente alla deriva?’. La corrente di pensiero che nasce da politici ed economisti e che va sotto il nome di ‘afropessimismo‘ sembra non avere dubbi in quanto gli obiettivi di sviluppo del millennio, ribaditi più volte dalle Nazioni Unite, difficilmente potranno essere realizzati entro il 2015.
Non è mia intenzione presentare, in questa sede, un quadro completo della situazione politica dell’Africa. Mi accontenterò di delineare alcune delle ombre e delle luci che attraversano il Continente. Dopo questa prima riflessione, esporrò poi l’impegno del Pontefice e della Chiesa Cattolica per l’Africa.
LE OMBRE
1. Molti Paesi dell’Africa hanno vissuto e vivono la devastante esperienza della guerra: Repubblica Democratica del Congo, Ciad, Mali, Sudan, CentroAfrica e soprattutto Nigeria. Si tratta di guerre civili provocate, nella maggioranza dei casi, da lotte intestine per il potere tra clan rivali, caratterizzate da episodi di grande violenza e crudeltà. Pensiamo ad esempio alla Nigeria dove la violenza è ispirata da motivazioni pseudoreligiose, concentrando le violenze contro le comunità cristiane. Nel discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il 7gennaio scorso, il Santo Padre Benedetto XVI, ha affermato: ‘A intervalli regolari la Nigeria è teatro di attentati terroristici che mietono vittime, soprattutto tra i fedeli cristiani riuniti in preghiera, quasi che l’odio volesse trasformare dei templi di preghiera e di pace in altrettanti centri di paura e di divisione. Ho provato una grande tristezza nell’apprendere che perfino nel giorno in cui noi celebriamo il Natale, dei cristiani sono stati uccisi barbaramente’ (OR, 7-8 gennaio 2013).
Una delle personalità più prestigiose dell’Africa, il nigeriano Wole Soyinka, Premio Nobel per la Letteratura, autore di capolavori quali ‘L’uomo è morto’, nel 1994 (quindi sette anni prima dell’11 settembre) definì il fondamentalismo islamico ‘la minaccia del Ventunesimo secolo’. Oggi parla di ‘aggressione egemonica dell’islam politico’ e afferma che ‘della mancanza di legge dei fondamentalisti religiosi è meglio l’eccesso secolarista’.
2. Le risorse (non solo minerarie e petrolifere) del Continente africano hanno scatenato un disordinato assalto da parte di non pochi Paesi industrializzati che hanno interesse ad entrarne in possesso. Si registra un fenomeno preoccupante che è l’accaparramento di terre. Lo fanno i cinesi, ma anche i coreani e i Paesi arabi del Golfo. Sono campagne di acquisto condotte da Paesi che non hanno sufficiente produzione di grano e di cereali per la propria domanda interna. Questi paesi tolgono agli africani le terre migliori.
3. Questa drammatica situazione politica e sociale è aggravata dal diffondersi di nuove e antiche epidemie, dall’alta percentuale di mortalità infantile e dalla mancanza del rispetto dei diritti umani.
4. Nonostante l’iniziativa per il condono del debito estero di alcuni Paesi del Continente, l’Africa resta il continente più indebitato in relazione al suo reddito nazionale lordo. Purtroppo ingenti capitali sono spesi per l’acquisto di armi. Un vero scandalo!
5. L’Africa soffre di grave carenza di cultura politica, che sta alla base del fallimento di molti processi democratici nel Continente. A giudizio di molti la società civile ha delegato troppe responsabilità alla classe politica, che, a sua volta, ha concesso troppo spazio al potere esecutivo, il quale ha gestito lo Stato con il partito unico, espressione del Presidente. La personalizzazione del potere ha avuto ed ha esiti nefasti in Africa. Una delle sfide dell’Africa si chiama cittadinanza: è necessario cioè trasformare i sudditi in cittadini.
6. Dopo l’attacco terroristico subìto dagli Usa, l’11 settembre 2001, le condizioni di vita di molti Paesi africani sono decisamente peggiorate. Il Subsahara è la regione del mondo che paga il prezzo più caro con i suoi milioni di poveri e l’assenza di una efficace rete di assistenza. La riprova è data dal fatto che il Programma Alimentare Mondiale è costretto ad una continua opera di sensibilizzazione nei confronti dei Paesi donatori affinché garantiscano gli aiuti per la sussistenza a decine di milioni di africani, altrimenti destinati alla morte per fame.
LE LUCI
1° – L’Africa è la culla dell’umanità. Questo ci porta a ricordare che il Continente è disseminato di siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO in quanto riconosciuti ufficialmente come un valore da ammirare, da custodire e beni che appartengono non solo agli africani, ma all’umanità intera.
2° – Nella società africana esistono segnali positivi, che lo storico burkinabé, Joseph Ki Zerbo, riconosce nella gioventù, nei sindacati, nell’impegno della donna, nell’economia popolare, nell’eroismo di certi gruppi sociali e che hanno qualcosa da dire anche agli altri popoli. Nel discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il 10 gennaio 1998, Giovanni Poalo II diceva: ‘Gli africani non devono aspettare tutto dall’aiuto esterno’ Ma occorrerebbe più solidarietà ‘africana’ per sostenere i paesi in difficoltà e anche perché non siano loro imposte misure o sanzioni discriminatorie’ Occorre che i Paesi del continente favoriscano la pacificazione e la riconciliazione, se ci fosse bisogno, per mezzo di forze di pace composte di soldati africani’ E’ urgente che le questioni territoriali, le iniziative economiche e i diritti dell’uomo mobilitino le energie degli Africani per le soluzioni giuste e pacifiche che mettano l’Africa in condizione di affrontare il XXI secolo con maggiori opportunità’.
3° – Non sappiamo se sono queste parole ad avere portato alla nascita l’11 luglio 2001, dell’ Unione Africana (UA). Sta di fatto che i leaders africani hanno dato vita a questo organismo dopo avere maturato la convinzione che le ‘battaglie’ vanno combattute insieme, non tanto con le parole, ma con i fatti. I progetti di sviluppo del passato erano falliti perché imposti dall’esterno, perchè gli africani non se ne sentivano responsabili e perché l’uomo africano non era stato posto al centro di questi programmi. L’UA nasce dalla maturata consapevolezza che gli africani devono realizzare costruiti su misura per loro, dalla volontà di gettarsi alle spalle l’era della decolonizzazione e di aprire una fase di ricostruzione, dotando gli Stati dell’Africa di strumenti e strategie comuni per risolvere i conflitti, favorire lo sviluppo economico, sradicare la povertà e le malattie, prime fra tutte l’Aids.
Questa prospettiva è ormai diventata patrimonio degli africani. Il
Presidente dell’UA e del Mozambico, Joaquim Chissano, nel corso della sua visita in Italia (15-17 aprile 2008) ha ringraziato l’Europa per gli aiuti devoluti all’Africa, ma poi ha precisato: ‘Ma saranno le nostre risorse quelle fondamentali perché vogliamo un modello di sviluppo politico, sociale, economico nostro, un progetto per tutto il Continente. Perché se sei un padre di famiglia non vuoi che siano altri a dire come educare i tuoi figli’.
4. Ci sono Paesi con una normale vita democratica, una stabilità di governo, una crescita economica e standard di vita che stanno contagiando altre Nazioni. Un modello in questo senso è rappresentato dal Ghana. Lo sviluppo economico in questi Paesi è intimamente legato alla dimensione religiosa della vita. La gente non ha difficoltà ad invocare con la preghiera l’aiuto di Dio nelle più svariate situazioni della vita. Dovunque c’è vita lì esiste un rapporto con ciò che trascende la vita stessa. Questa capacità africana di esprimere la propria fede è un valore che noi occidentali abbiamo perso e che l’Africa può orgogliosamente riproporre al mondo intero.
Da quanto sommariamente esposto appare evidente che l’Africa, come sottolineavano i Vescovi americani nel 2001, non è un Continente di disperati, ma una terra popolata da persone che combattono per superare vecchi problemi e sfide attuali, in modo da costruire un futuro pieno di speranza e di opportunità. Non è un Continente immobile, ma in cammino.
La CHIESA e l’AFRICA
Non è inopportuno ricordare che il cristianesimo fin dai primi secoli ha avuto una diffusione enorme nell’Africa del Nord con una fioritura di santi, pastori ed intellettuali di primo ordine. Due nomi fra tutti: S. Cipriano e S. Agostino. Un cammino di santità che non è venuto meno neppure quando l’Africa sembra essere entrata, per secoli, in un cono d’ombra
Tra i santi che l’Africa moderna ha donato alla Chiesa ricordiamo i santi martiri dell’Uganda, canonizzati dal Papa Paolo VI e santa Giuseppina Bakhita, tra quelli canonizzati da Giovanni Paolo II. La fioritura della santità è un chiaro segno che il continente africano possiede in sé potenzialità e ricchezze tali da favorire la rinascita dell’Africa.
1. I Papi e l’Africa
Si può affermare che i Pontefici hanno dimostrato e dimostrano un attenzione privilegiata per il Continente Africano. Questa attenzione è fatta di discorsi tenuti nel corso dei numerosi viaggi pastorali nel Continente, il primo dei quali compiuto da Paolo VI; nei discorsi tenuti ai Vescovi in Visita ad Limina, agli Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, al Corpo Diplomatico. Attenzione fatta di Visite di Capi di Stato africani in Vaticano, di Lettere indirizzate ai responsabili politici in favore della pace, della giustizia, del rispetto dei diritti umani, di mediazione nei conflitti, di appelli alla Comunità internazionale per adoperarsi in favore di popolazioni inermi ed indifese. Tutti questi interventi costituiscono, se così posso dire, il ponderoso Magistero pontificio ‘africano’, al quale prestare ascolto e dal quale partire per ogni discorso sul futuro dell’Africa.
Una menzione particolare meritano le celebrazioni dei Sinodi africani che si sono celebrati in Vaticano nel 1994 e nel 2010.
2. La Santa Sede e l’Africa
La Santa Sede non ha perso e non perde occasione per ricordare ai Governi dei Paesi industrializzati e alle Organizzazioni Internazionali che la situazione di numerosi Paesi è così faticosa da non consentire atteggiamenti di indifferenza e di disimpegno. In occasione delle Conferenza e dei Forum globali, delle riunioni che si svolgono a New York, Ginevra, Vienna, Strasburgo, e in altre sedi, gli Inviati e Osservatori Pontifici chiedono da tempo di ridisegnare l’architettura finanziaria globale, di facilitare l’accesso delle esportazioni africane al mercato globale, eliminando i sussidi ai prodotti agricoli nei Paesi industriali, riducendo il divario delle tecnologie digitali, favorendo e rafforzando programmi e istituzioni che permettano ai Paesi africani di ottenere risorse sufficienti per accedere ai beni e ai servizi globali. Proprio ieri il presidente dell’Assemblea Parlamentare dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) ha elogiato l’opera delle Nunziature Apostoliche. Ha affermato che essa è ‘preziosissima soprattutto per le questioni legate ai diritti delle persone e alla libertà religiosa’.
Inoltre, la Santa Sede ha manifestato concretamente il suo interesse per l’Africa firmando, nel dicembre del 1997, il primo Accordo-Quadro sulle relazioni Chiesa-Stato con il Gabon. In effetti, sembra opportuno che la presenza della Chiesa in Africa non riposi più sulla buona volontà dei responsabili politici, ma all’interno di un quadro giuridico stabile e chiaro che assicuri alla Chiesa locale la libertà di organizzazione e di movimento, nonché la possibilità di continuare le sue opere educative e di carità al riparo da ogni arbitrio. Attualmente altri cinque Accordi sono stati firmati e 4 Paesi africani hanno intrapreso trattative con la Segreteria di Stato per pervenire ad Accordi analoghi.
3. La Chiesa cattolica in Africa
I cattolici in Africa sono circa 140 milioni su 830 milioni di abitanti. La Chiesa cattolica è presente in tutti i Paesi dell’Africa ponendosi a fianco degli oppressi, facendosi voce dei senza voce, schierandosi senza compromessi dalla parte dei poveri e lavorando per lo sviluppo integrale della persona, per la pace, la giustizia ed il miglioramento delle condizioni di vita.
Le cifre parlano da sole:
– 90.000 sono i centri pastorali;
– 6.000 gli ospedali e le cliniche;
– 600 le case di accoglienza per persone portatrici di handicap;
– 13 milioni i bambini che senza distinzioni religiose, etniche, economiche ricevono un’educazione di base;
– 4.000 scuole primarie accolgono 10 milioni di alunni;
– 7.000 scuole secondarie scolarizzano circa 2 milioni di giovani;
– diverse istituzione educative a livello superiore accolgono circa 30.000 studenti.
Inoltre la Chiesa ha offerto un pesante contributo di vite umane all’Africa: Vescovi, tra i quali un Nunzio Apostolico, sacerdoti, missionari, religiosi, religiose, fedeli laici sono stati brutalmente perseguitati e uccisi.
Si può, quindi affermare a ragione che l’aiuto della Chiesa all’Africa è stato ed è incalcolabile e che senza le iniziative di solidarietà dei cristiani e dei cattolici in particolare, la situazione del continente si presenterebbe ancora più difficile.
Ma c’è anche qualcosa di più profondo: il cristiano, annunciando Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, libera gli africani dalle loro tradizioni sugli spiriti cattivi, dal malocchio, dalle forze misteriose della natura, dallo stregone. Un popolo non può svilupparsi se non è libero da superstizioni e irrazionalità
Non meraviglia allora che la Chiesa si sia meritata l’amore delle popolazioni africane. L’uomo africano, infatti, è attaccato alla Chiesa che percepisce come la sola istituzione che lo ama per se stesso. E per lui, amare la Chiesa, significa amare il Papa che ha attraversato il loro continente e che tanti hanno visto da vicino.
La Chiesa si è meritata non solo l’amore delle popolazioni africane, ma anche l’apprezzamento e la stima della Comunità degli Stati. Sono sempre di più i Governi, le Istituzioni Internazionali che chiedono la collaborazione della Chiesa Cattolica/Santa Sede per realizzare progetti di sviluppo in Africa e riconoscono il ruolo delle Chiese locali nella prevenzione di conflitti e nei processi di pacificazione.
Tali ‘riconoscimenti’ derivano dal fatto che la Chiesa ha come sua prima preoccupazione la formazione di tutta la persona. E’ consapevole che ‘dare senza educare non basta’. Di conseguenza pone al centro dei propri programmi di sviluppo non un uomo astratto, ma l’uomo africano. E questo spiega perché i suoi interventi hanno inciso ed incidono sulla società.
Giovanni Paolo II nella enciclica Redemptoris Missio scrive: ‘Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalla strutture tecniche, bensì dalla maturazione della mentalità e dei costumi. E’ l’uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro e la tecnica. La Chiesa educa le coscienze rivelando ai popoli quel Dio che cercano ma non conoscono’ Ecco perché tra annuncio evangelico e promozione dell’uomo c’è una stretta connessione’ (Nn. 58-59).
Un messaggio non solo per l’uomo africano, ma per l’uomo di ogni latitudine e longitudine!