Meditazione di Domenica 10 febbraio 2019

Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria
10-02-2019
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 
Letture: Is 6,1-2,3-8; Sal 137; 1 Cor 15,1-11; Lc 5,1-11
Anno C – I Sett. Salterio 
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.  
        Il tema della Liturgia della Parola di questa domenica è l’esperienza dell’incontro con il Signore. Sia nella prima lettura che nel brano di Vangelo il momento della vicinanza con il Signore coincide con la presa di coscienza della propria indegnità, della grande distanza e diversità che esiste tra noi e Lui a causa del nostro peccato.
        Il riconoscimento della propria povertà e fragilità dovuta al peccato non deve divenire, tuttavia, motivo di disperazione o di avvilimento, ma di apertura fiduciosa alla Grazia del Signore che è capace di rinnovare la vita. Infatti, se l’incontro con il Signore suscita in Pietro una “crisi”, uno sconvolgimento radicale, da essa, però, nasce una possibilità più grande: da pescatore di pesci è chiamato a divenire pescatore di uomini.
        La crisi in Pietro nasce da un comando del Signore. Lui e i suoi compagni sono reduci da una pesca infruttuosa che li ha visti impegnati, senza successo, tutta la notte. Il sole è ormai alto, e quindi il momento favorevole per la pesca è passato, quando Gesù, contro ogni logica umana, ordina di prendere il largo e di gettare le reti. Pietro sa molto bene che quanto gli viene chiesto è fuori della norma, va oltre il buon senso, tuttavia obbedisce. Accettando di gettare le reti in pieno giorno rinuncia alle proprie competenze, alle proprie sicurezze e alle proprie considerazioni umane per fidarsi del Signore: “sulla tua parola getterò le reti”. E non rimane deluso! La pesca affidata solo alle proprie forze, senza la presenza di Gesù è il luogo del fallimento, ma una volta che essa è abitata da Cristo diviene feconda: “presero una quantità enorme di pesci”. Pietro, dunque, avverte che quella pesca così abbondante è il frutto di un intervento che va oltre le possibilità umane e riconosce che davanti a lui gli sta Uno che lo supera e lo invita a non confidare solo nelle proprie capacità e intelligenza, perché chi dona pienezza alla vita è solo il Signore.
        Il riconoscimento della distanza che c’è tra lui e il Signore, lo porta a confessare il proprio peccato: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Ma Gesù non si allontana, anzi chiama Pietro e i suoi compagni a seguirlo. Vede che cosa possono diventare una volta che si sono lasciati purificare dal suo amore e dalla sua amicizia.
        Accolta la chiamata “lasciarono tutto”. Accettano di legarsi al Signore fi no in fondo. Si rendono, cioè, disponibili per il Signore e il suo Vangelo in maniera incondizionata, irrevocabile per divenire pescatori di uomini in ogni ora del giorno e della notte ben consapevoli che il frutto del loro apostolato è sempre il risultato di un miracolo, cioè di un intervento di Cristo.
        Le tante difficoltà presenti dentro e fuori della Chiesa possono portarci, a volte, a pensare che il Vangelo sia divenuto estraneo al mondo e quindi non valga la pena di impegnare la vita per una causa che sembra persa in partenza. L’intero episodio è un invito alla fiducia nel Signore.
        Oggi il Signore, dunque, ci educa al coraggio che può venire dall’affidare tutto di noi a LUI, perché il servizio al quale ci chiama si fonda non sulle nostre qualità personali o sulle nostre forze o sulla quantità di mezzi, ma sul fatto che Gesù ci ha chiamati. Cristo ha preso al suo servizio dei peccatori, ma la nostra forza sta nel fatto che egli ha pregato per noi, ha rivolto il suo sguardo pieno d’amore su ciascuno di noi e ci ha affidati alla sua Grazia. Questa è attiva nonostante la nostra povertà e pochezza.
+ Francesco Cavina