Omelia nella Messa per la Giornata per la vita consacrata

S.E. Monsignor Francesco Cavina, Vescovo di Carpi
01-02-2015
Cari fratelli e sorelle, le prime due letture di questa IV domenica del Tempo Ordinario si occupano di due “carismi” presenti nel Popolo di Dio: il profetismo e la verginità.
Alla luce di quanto ci dice la Parola di Dio, emerge una strana contraddizione presente nella nostra società: assistiamo ad un aumento esponenziale della superstizione, del ricorso a fattucchiere, del feticismo, della irrazionalità, ma non si vuole dare credito alla parola profetica e liberatrice della Sacra Scrittura.
Inoltre, poiché si tende ad apprezzare soltanto ciò che procura piacere immediato e a livello sensibile non si comprende più una scelta come la verginità.
Noi ci ritroviamo insieme perché come comunità cristiana vogliamo “ascoltare oggi la voce del Signore”, che esalta il senso cristiano della profezia e della verginità.
San Paolo, nella seconda lettura, afferma che nel rapporto con il Signore esiste una condizione diversa tra chi si sposa e chi non si sposa. Nella vita coniugale il rapporto con il Signore passa attraverso la sollecitudine amorosa verso il coniuge, che del Signore è segno prezioso ed essenziale.
Chi invece è stato chiamato alla verginità è in relazione nuziale con il Signore senza mediazioni. E’ semplicemente tutto suo. Per questa ragione “può preoccuparsi delle cose del Signore” e di “come piacere al Signore”.  Si tratta di due espressioni che dicono che ciò che sta a cuore alla vergine e al vergine sono esclusivamente le cose, gli interessi e la persona stessa del Signore Gesù.
San Paolo poi precisa che la donna non sposata o vergine desidera “essere santa nel corpo e nello spirito”. La verginità apre ad un’intima comunione con Dio, che coinvolge tutta la persona e la mette a esclusivo servizio del Signore. “Cuore indiviso” allora non comporta la rinucia all’amore di un uomo o di una donna perché si considera il matrimonio uno stato di vita inferiore, ma è la condizione di chi è stato chiamato a fare dono della propria vita, in ogni sua fibra, in ogni suo respiro, in ogni sua opera, a Dio.
Carissimi sacerdoti, diaconi e fedeli tutti benvenuti a questa celebrazione in cui vogliamo esprimere la nostra gratitudine, la nostra riconoscenza ed il nostro affetto alle persone consacrate presenti nella nostra diocesi.  Non credo che sia necessario spendere parole per dire la necessità insostituibile della vita consacrata nell’opera evangelizzatrice della Chiesa.
Senza la presenza di tanti sorelle e fratelli consacrati a Dio nella verginità, povertà e obbedienza la Diocesi di Carpi sarebbe priva di molti progetti educativi e caritativi e il ministero della consolazione, inaugurato da Cristo, non avrebbe una risonanza così positiva.
Inoltre, cosa sarebbe la nostra Chiesa senza l’incessante preghiera che si eleva dai Monasteri delle Clarisse e delle Cappuccine, veri cenacoli di contemplazione, di offerta e di riparazione?
A tutte e a tutti: Grazie! Grazie! Grazie!
Affinchè la nostra vita di consacrati non diventi “un laccio”, cioè un ostacolo alla scelta di piacere e appartenere totalmente al Signore, ci è chiesto di reagire contro tutto ciò che si oppone allo spirito di assoluta e fedele dedizione a Dio.
A questo riguardo, permettetemi di ricordare tre pericoli sempre presenti che se non combattuti ci portano ascendere a compromessi con la nostra vocazione:
– Il primo pericolo è rappresentato da un’attività apostolica disordinata o irrequieta che impedisce di stare con il Signore per ascoltarLo e chiederGli qual è la sua volontà, quali sono i suoi desideri, per renderGli conto di quello che abbiamo fatto e di come lo abbiamo fatto.
– il secondo pericolo è costituito dagli impegni apostolici quando questi ci strappano troppo a lungo o troppo spesso alla vita comune, la quale se è faticosa, è anche una valida protezione per la vita interiore e un grande esercizio di carità.
–  il terzo pericolo si presenta sotto una falsa visione della libertà, che ci porta a sottostimare la povertà, la verginità e l’obbedienza come imitazione di Cristo a causa di un cedimento allo spirito del mondo.
Per sconfiggere questi pericoli è necessario recuperare ogni giorno la bellezza del nostro “sì”, quel “sì” detto quando abbiamo fatto esperienza che servire Dio non è perdita della propria libertà, non è degradazione, ma associazione all’amore di Dio che ci è Padre.
L’uomo per essere se stesso ha bisogno di servire una causa per la quale valga la pena di dare la vita. Forse tanta gente, oggi, si agita e si ribella, perché non sa chi e che cosa meriti davvero d’essere servito. La vostra vita grida al mondo che Dio soltanto è il senso della vita e che l’uomo trova la sua piena realizzazione nell’appartenere a Lui, e nel vivere secondo il Suo cuore.
Care sorelle, cari fratelli la Chiesa, il Vescovo, i sacerdoti e i fedeli tutti vi sono grati per la vostra testimonianza e invocano su voi tutti la protezione di Maria e dei santi e beati Fondatori dei vostri Istituti.