Omelia nella Santa Messa della Pasqua di Risurrezione

Domenica di Pasqua 5 aprile 2015
05-04-2015
Questo giorno è tra tutti i giorni il più santo e il più beato perché la Chiesa oggi manifesta al mondo il suo vero volto: “è un popolo in festa”, che invita tutti alla gioia perché il Signore che era morto vive per sempre.
Questa gioia è espressa in maniera mirabile nel bellissimo inno che abbiamo cantato prima della lettura Vangelo: il Victimae paschali laudes.
Il testo inizia con un pressante invito alla lode e al ringraziamento: “Alla vittima pasquale si innalzi la lode”. La vittima pasquale è Cristo, il quale come Agnello innocente è stato sacrificato sull’altare della croce.  A Lui si indirizza la nostra lode perché Egli assume nel suo corpo e nella sua anima tutte le sofferenze umane, anche le più irragionevoli e le più disumane, e realizza la riconciliazione dell’umanità peccatrice con Dio.
La morte di Cristo ci porta la vita. Lo dice in modo ammirabile Sant’Agostino quando scrive: “Rese partecipi della sua vita quelli di cui aveva condiviso la morte. Noi infatti non avevamo di nostro nulla da cui avere la vita, come lui nulla aveva da cui ricevere la morte. Di qui lo stupefacente scambio: fece sua la nostra morte e nostra la sua vita” (Dis. Gue 3).
Anche se Cristo non fu preservato dalla morte, non era possibile che questa lo tenesse in suo potere perché Lui è il Signore della Vita. Ecco l’affermazione: “Il Signore della vita era morto, ma ora… trionfa”. Sulla croce la morte e la vita “si sono affrontate in un prodigioso duello” e la morte che sembrava trionfare è stata definitivamente sconfitta e detronizzata.
L’inno, poi, prosegue: “Precede i suoi in Galilea”. La Galilea rappresenta il mondo. Cristo risorto è presente ovunque per irradiare la Sua luce su tutto ciò che è sottoposto al buio del peccato e della morte. Non solo è presente, ma si trova accanto a ogni uomo, anche a chi lo ignora o non lo ha sentito nominare. E si trova accanto per liberarlo dalla morte, introdotta nel mondo dal demonio e dal peccato.
Ma è possibile credere a questa bella notizia? Non è che stiamo parlando di un mito o di un sogno o di un’utopia o di una favola per trovare consolazione? Ecco la ragione per la quale, quasi con trepidazione, abbiamo interrogato Maria Maddalena: “Raccontaci, Maria, che hai visto sulla via, mentre andavi al sepolcro di Cristo?”. Alla nostra timorosa richiesta ella senza esitazione prima risponde dicendo: “Ho trovato la tomba vuota”. E poi offre la sua testimonianza: “Il Signore è vivo! Io l’ho visto”.
La nostra fede e la nostra speranza si fondono sull’esperienza di donne e di uomini che dopo avere subito lo scandalo della morte di Gesù, lo hanno visto vivo, personalmente o in gruppo. La loro testimonianza nasce dall’incontro con il Risorto: è loro apparso, lo hanno toccato, hanno sentito la sua voce, lo hanno visto mangiare… Questa è la novità capace di salvare il mondo e di cambiare l’esistenza di chi l’accoglie. 
La voce di questo messaggio pasquale risuonato a Gerusalemme presso la tomba vuota, lungo la via, nel Cenacolo e sul lago di Tiberiade oggi ha raggiunto anche la nostra città: Scimus Christum surrexisse a mortuis vere: Sì, ne siamo certi: Cristo è veramente risorto.  E’ la Chiesa che parla! Siamo noi che crediamo! Siamo noi che annunciamo al mondo l’evento pasquale. Esaltando il Cristo risuscitato noi conosciamo e celebriamo il nostro destino, la nostra nuova nascita, il nostro vero successo.
Tu re vittorioso, abbia pietà di noi.
        Cosa c’è dopo la morte? A questa terribile domanda che cerchiamo in tutti i modi di evitare, ma che diventa impellente quando pensiamo alla nostra morte o quando muore una persona a noi cara, la solennità odierna offre una risposta che si fonda su di un evento che ha motivi di credibilità nel sepolcro vuoto, nel lenzuolo che avvolgeva Gesù ben piegato nel sepolcro e nelle apparizioni…
Il Figlio di Dio ha assunto una carne come la nostra, ha conosciuto il dramma della morte, è stato sepolto ed è risorto. Incontrare il Signore significa essere pervasi dal suo calore, ricevere il soffio della sua vita e della sua resurrezione. La morte allora non ha più l’ultima parola, perché a trionfare è la Vita. Mi piace esprimere questa nostra speranza-certezza con le belle parole di Mamma Nina: “Nella sua resurrezione speriamo di sapere seppellire le nostre miserie e risorgere ad una nuova vita”.
 
+ Francesco Cavina, Vescovo