Omelia nella Solenne Veglia di Pasqua

Sabato Santo 4 aprile 2015
05-04-2015
Nei giorni scorsi siamo stati in intimità con Gesù nel cenacolo (Giovedì Santo), lo abbiamo seguito, come le donne, nel suo cammino di sofferenza e di amore fino al calvario dove è stato crocifisso (Venerdì Santo), abbiamo vissuto il silenzio e l’attesa del Sabato santo presso il sepolcro insieme alla Vergine Madre.
Questa notte siamo stati convocati dalla Chiesa in questa veglia, che Sant’Agostino ha definito “La madre di tutte le Sante Veglie” (ser. 219) per celebrare la resurrezione di Cristo, “il primo e il più grande fondamento della fede” (Sant’Ambrogio).
Se l’esito di Gesù fosse stato semplicemente la morte, simile a quella di ogni uomo, tutta la sua vita si sarebbe rivelata inutile ed insensata. In realtà tutte le opere da Lui compiute nella sua vita terrena – opere che suscitavano lo stupore e l’ammirazione dei discepoli e delle folle – preannunciavano e precorrevano la pienezza dello splendore della resurrezione.
Noi questa notte, esaltando il Cristo risuscitato, conosciamo e celebriamo il nostro destino, la nostra nascita ed il nostro successo. Si domanda, infatti, Sant’Agostino: “Che necessità c’era che Cristo assumesse la carne, salisse sulla croce, gustasse la morte, venisse sepolto e risorgesse, se non per la tua resurrezione?” (Explanatio simboli,6).
La Pasqua di Cristo è la somma espressione, la manifestazione suprema dell’amore del Padre per noi. Allora, guardando al Cristo morto e risorto, noi possiamo camminare verso di Lui con il cuore colmo di speranza. Non importa se siamo peccatori: Dio ci vuole bene e ci riscatta! Non importa se siamo tentati: Dio ci libera! Non importa se siamo smarriti: Dio ci ricerca! Non importa se gli uomini ci vogliono male: Dio è l’amico che non tradisce mai! Non importa se siamo inghiottiti dalla morte: Dio è la resurrezione e la vita!
“Accostiamoci, dunque, al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati” (Ebr. 4.16).
 
+ Francesco Cavina, Vescovo