“Scienza e persona: la malattia e l’approccio etico del fine vita”

Incontro promosso da Scienza e Vita Carpi-Mirandola
06-03-2014

Giovedì 6 marzo 2014 – Carpi, Parrocchia di Quartirolo

Il tema che mi è stato affidato ha per titolo: Scienza e persona: la malattia e l approccio etico del fine vita. Un tema impegnativo che non può risolversi entro uno spazio di pochi minuti. Pertanto, non è mia intenzione affrontare direttamente qualche questione particolare di bioetica. Mi propongo, invece, una riflessione più semplice, ma spero più profonda sul rapporto Scienza e Persona , per, poi, presentare le ragioni, partendo da un punto di vista prevalentemente razionale, che possono aiutare a rispondere alle grandi domande della bioetica ed infine affrontare il tema delle cure palliative.

1.      Il significato della malattia
In merito al tema: scienza e l approccio etico del fine vita, vorrei ricordare, per evitare l impressione di un discorso farcito di inutile retorica, che la malattia insieme al dolore che porta in sé, è da sempre compagna dell uomo, ma è una compagna di cui si fa volentieri a meno. Nessuno, quindi, ha il diritto di lasciare soffrire una persona, in particolare quando la sofferenza può essere sollevata. E la medicina ne ha i mezzi!
Tuttavia, quando si riesce ad inserire l esperienza della sofferenza all interno del discorso più ampio sul senso della vita, essa può divenire anche un occasione positiva di crescita, di maturazione e di cambiamento. Infatti, la malattia apre un varco al senso di finitudine, introduce domande sulla propria vita, sul significato della stessa, sui progetti a medio e lungo termine e sulle relazioni che si intrattengono con gli altri e il mondo.
Inoltre, l esperienza della malattia non è confinata alla sola persona che è privata del bene della salute, ma coinvolge la famiglia e coloro che hanno scelto di lavorare accanto alle persone che soffrono. E a questo riguardo gli operatori sanitari sono chiamati, da sempre, a fare sintesi tra due esigenze di non facili da conciliare tra loro: da una parte non possono dimenticare che devono curare una persona che è non solo un corpo, ma è fatta anche di sentimento, di un vissuto, di esigenze spirituali e psicologiche (il senso umano della medicina) e, dall altra parte, non dimenticare che la medicina è una scienza ed una tecnica alla ricerca delle cause della malattia.
Nel Corriere della Sera del 22 settembre 2013, è stata pubblicata un indagine dal titolo Chirurghi preparati, ma poco empatici . Questa indagine ha passato in rassegna, attraverso la lente dei pazienti, non solo la preparazione dei chirurghi, ma anche la loro capacità di comunicare e l aspetto umano della relazione con gli assistiti. In merito alle competenze dei chirurghi quasi il 90% degli intervistati ha espresso giudizi buoni e sufficienti. Ma quando si entra nel merito del rapporto medico-paziente i giudizi diventano più critici. I pazienti vorrebbero sentire vicini coloro nelle cui mani affidano la loro vita e allo stesso tempo ricevere notizie chiare sul quadro clinico e su ciò che si prospetta.

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