Amare Gesù crocifisso nei poveri
Il prossimo 3 dicembre ricorrono i sessant’anni dalla morte di Mamma Nina, la Venerabile Marianna Saltini. Per celebrare questo anniversario la Diocesi di Carpi e le Figlie di San Francesco – l’istituto religioso fondato da Mamma Nina – promuovono nella giornata di domenica 3 dicembre due iniziative in Cattedrale.
Alle 16, l’incontro testimonianza con Paul Bhatti – autore del libro “Shahbaz, la voce della giustizia” – che parlerà del fratello Shahbaz, ministro pakistano per le minoranze, assassinato nel 2011 dai fondamentalisti islamici, del suo impegno per la difesa dei cristiani e dei diritti umani e della sua testimonianza di fede. L’intervista sarà condotta dalla giornalista Benedetta Bellocchio e accompagnata da brani musicali eseguiti all’organo.
Alle 18, la Santa Messa presieduta dal Vescovo Francesco Cavina nella memoria di Mamma Nina, di cui nel 2002 sono state riconosciute le virtù eroiche, con la proclamazione a Venerabile da parte di Papa Giovanni Paolo II.
Saranno presenti le religiose e le figlie della Casa della Divina Provvidenza, le operatrici, le mamme e i bambini delle case di accoglienza Agape, che oggi proseguono il carisma di Mamma Nina, e i tanti amici e benefattori dell’opera a cui la Venerabile ha dato inizio.
Se le iniziative nel 50° anniversario della morte di Mamma Nina – svoltesi nel 2007 – sono state contraddistinte da un carattere storico-celebrativo, in occasione del 60° si è pensato di guardare all’attualità. Di leggere, cioè, l’esperienza di Mamma Nina, spiega don Massimo Dotti, presidente della Pia Fondazione Casa della Divina Provvidenza, “alla luce delle sfide che la nostra società è chiamata ad affrontare oggi e sempre più nell’immediato domani. Questo in sintonia con la sensibilità che Marianna Saltini ebbe sempre nei riguardi delle ‘emergenze’ sociali e con le sue intuizioni profetiche su come la Casa della Divina Provvidenza avrebbe dovuto prendersi cura di particolari realtà di disagio, quella delle ‘ragazze madri’ e della maternità difficile”.
Da qui si spiega la proposta di accostare Mamma Nina al ministro pakistano Shahbaz Bhatti, la cui esistenza fu animata da una medesima attenzione evangelica ai “piccoli”, espressa in modo programmatico nel testamento spirituale scritto come a presagire il proprio sacrificio.
“Seppure nella diversità dei contesti in cui hanno vissuto, si nota come cifra della testimonianza di Mamma Nina e di Shahbaz Bhatti – spiega don Dotti – la scelta preferenziale per i poveri, motivata per Bhatti dall’aver visto, rimanendone sconvolto, come scrive nel testamento, le ‘spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan’, mentre per Mamma Nina dalla preoccupazione per lo stato di abbandono e di degrado in cui vivevano le bambine nella zona di prostituzione allora in corso Fanti a Carpi. Il ministro pakistano decise quindi di porsi al servizio dei cristiani suoi connazionali, specialmente dei più bisognosi. Mamma Nina, da parte sua, si aprì ad una maternità più grande, missione che sentiva affidatale dal Signore”.
Una fedeltà alla propria “vocazione” vissuta in modo eroico, fino al punto di diventare elemento di contraddizione nei riguardi del sentire comune, sottolinea don Dotti. “ʻMi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita’ scriveva Bhatti di fronte alle insistenze dei famigliari, fra cui il fratello Paul, di assumere, per così dire, un più basso profilo, meno rischioso. Mamma Nina, avendo provveduto ai figli naturali ed accogliendo le bambine abbandonate o a rischio di devianza, non cedette alle pressioni dei parenti e di quanti la volevano distogliere dalla sua opera così fuori dagli schemi”.
Amare il prossimo, dunque, in un continuo andare, come diceva Mamma Nina, “oltre le bandiere”. “Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione – scrive Bhatti nel testamento – vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo”. “Mamma Nina – osserva don Dotti – sperimentò le contrapposizioni politiche del tempo allargando le braccia a tutti e ospitando nella sua casa profughe ebree e perseguitati. Così come, nella sua premura di madre, si avvicinò, al di là dei pregiudizi, all’ambiente dal forte stigma sociale della prostituzione. Prossimità che oggi è l’Agape a portare avanti nel contatto quotidiano con donne e mamme anche di fede islamica. Con quell’intento – sottolinea don Dotti – di ‘costruire ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni’ che Bhatti lodò nei cristiani di tutto il mondo giunti in aiuto dei musulmani del Pakistan dopo il terremoto del 2005. Nel testamento dice infatti che ‘se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti’”.
Un impegno costante a costruire ponti di dialogo e di accoglienza che trova in Shahbaz Bhatti e in Mamma Nina un denominatore comune. “E’ l’amore totalizzante, incomprensibile in termini puramente umani, per Gesù crocifisso per la salvezza del mondo, che fa superare ogni avversità ed incomprensione – afferma don Dotti -. Bhatti scriveva del suo ‘battagliero’ impegno politico: ‘Non provo alcuna paura. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo’. Da parte sua Mamma Nina – conclude don Dotti – nel sacrificio di Cristo trasse la forza per affidare i propri figli ad altri e per prendersi cura delle Sue membra negli ultimi della società, ai quali donò di conoscere l’amore di Dio”.
Case Agape di Mamma Nina, numeri e persone
Legami di affetto, il dono più grande
“La prima Casa Agape è stata inaugurata nel 2003, rispondendo ad un desiderio espresso a suo tempo da Mamma Nina – spiega Lisa Forghieri, responsabile della struttura in via Matteotti a Carpi -, prima di cinque case, tra Carpi e Modena, aperte a tutt’oggi. 200 i nuclei di mamme con i loro figli finora accolti nella casa di via Matteotti e altrettanti a Modena, mentre una sessantina sono quelli passati in totale nelle altre case. L’Agape si propone di costruire con queste donne, che provengono da situazioni e contesti di grave difficoltà, un progetto di vita, per acquisire quelle competenze che permettano loro di potersi spendere in autonomia, come madri e donne, all’esterno. Insieme agli operatori, l’opera è portata avanti anche dai volontari, attualmente una sessantina. Il loro ruolo è importantissimo – sottolinea Lisa Forghieri -: sono presenti nelle case con compiti diversi, o anche solo per dedicare un po’ del loro tempo alle mamme. E’ un ‘dare amore’, nella gratuità, di cui queste donne, abbandonate da tutti, fanno esperienza per la prima volta nella loro vita e che riconoscono come il dono più grande ricevuto all’Agape. Da qui si creano profondi legami di affetto che continuano anche dopo che si è concluso il percorso”.
Iniziativa di solidarietà domenica 3 dicembre
In collaborazione con il Moto Club Pinguino
Come spiega Stefano Forti del Consiglio di amministrazione della Casa della Divina Provvidenza, “sulla scia del rapporto di amicizia e di collaborazione che si è instaurato negli anni passati, il Moto Club Pinguino di Modena organizza una speciale iniziativa per domenica 3 dicembre. Durante tutta la giornata, davanti alla Sala Duomo, i volontari saranno presenti con un punto ristoro dove prepareranno per tutti una specialità tipica, ovvero le crescentine. Dopo la celebrazione eucaristica, verso le 19, offriranno vin brulé e dolci. Tutti i fondi raccolti saranno devoluti ai progetti della Casa della Divina Provvidenza”.
Shahbaz Bhatti, note biografiche
Shahbaz Bhatti nacque nel 1968 in una famiglia cattolica originaria del villaggio di Khushpur, nella provincia del Punjab. Laureatosi in legge, scelse nel 2002 la strada della carriera politica all’interno del Pakistan People’s Party (PPP). Le sue capacità attirarono l’attenzione dei vertici del partito, specialmente di Benazir Bhutto, di cui divenne collaboratore. Bhatti viaggiava infatti insieme all’ex primo ministro al momento dell’attentato, nel dicembre 2007, in cui rimase uccisa. Nominato ministro per le minoranze nel 2008, sotto il presidente Asif Ali Zardari, Bhatti si fece conoscere soprattutto per l’impegno a favore delle fasce più discriminate e per i diritti umani nel suo Paese. Rimanendo celibe, fu uno dei fondatori dell’All Pakistan Minorities Alliance (APMA), fondatore e presidente del Christian Liberation Front (CPF), e direttore esecutivo del Pakistan Council for Human Rights (PCHR). Dal 2009, iniziarono a giungergli minacce di morte, in seguito alla difesa della cristiana Asia Bibi incarcerata per presunto oltraggio al profeta Maometto e per aver appoggiato la campagna per l’abolizione della legge sulla blasfemia. Il 2 marzo 2011 il veicolo su cui viaggiava, senza scorta, fu attaccato da un gruppo di uomini armati, che lo colpirono a morte con una trentina di colpi di kalashnikov. L’assassinio fu rivendicato dai terroristi di Tehrik-i-Taliban-Punjab. La Chiesa pakistana è oggi impegnata a promuovere la causa di beatificazione di Bhatti.
Paul Bhatti, note biografiche
Fratello maggiore di Shahbaz, Paul Jacob Bhatti è presidente della Shahbaz Bhatti Memorial Trust. Ha ricoperto il ruolo di ministro federale del Ministero per l’armonia nazionale e di consigliere del primo ministro pakistano per gli Affari delle Minoranze. Si è laureato in medicina e chirurgia all’Università di Padova. Si è specializzato in pediatria e chirurgia generale in Italia. E’ Membro del Consiglio medico pakistano dei Dottori e dei Chirurghi e del Consiglio Medico italiano dei Dottori, Chirurghi e Dentisti dal 2003. In seguito alla sua specializzazione ha dedicato dieci anni della sua carriera come medico missionario per un istituto di beneficenza, migliorando l’assistenza sanitaria primaria e la chirurgia primaria in diverse province del Pakistan, soprattutto nei settori poveri ed emarginati. E’ autore del libro “Shahbaz, la voce della giustizia”.
Testamento spirituale di Shahbaz Bhatti
Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.
Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: “No, io voglio servire Gesù da uomo comune”. Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi
considererei privilegiato qualora – in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita.
Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.
Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.
Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: “Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi”.
I passi che più amo della Bibbia recitano: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro. Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati.
Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna.
Shahbaz Bhatti