Nell’Udienza del 10 maggio 2012 Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante ‘il martirio del Servo di Dio Odoardo Focherini [‘] ucciso in odio alla Fede a Hersbruck (Germania) il 27 dicembre 1944’.
Così a Carpi, pochi giorni prima del terremoto che ha reso inagibile la quasi totalità delle chiese della piccola diocesi emiliana, dal Vaticano giungeva la lieta notizia della beatificazione di questa figura nota della Chiesa locale, della quale da 16 anni era avviato il processo di accertamento delle virtù eroiche.
La celebrazione si terrà in Piazza Martiri a Carpi, la mattina del 15 giugno. Sarà l’occasione più solenne per avvicinare credenti e non credenti alla conoscenza di un uomo veramente libero: padre di famiglia, marito, laico, si impegnò nella Chiesa e nella società fino ad accettare di dare la vita per testimoniare i valori cristiani in un contesto in cui il regime fascista e l’occupante nazista cercavano di soffocare ogni dissenso, anche religioso. Gli ultimi studi connessi al processo di beatificazione hanno infatti messo in luce che l’arresto e la deportazione di Odoardo furono probabilmente causati anche dalla sua libertà di coscienza, manifestata in prima linea nell’impegno ecclesiale in seno all’Azione cattolica e nella dirigenza amministrativa de L’Avvenire d’Italia di Bologna.
Le vicende della vita lo avevano messo di fronte a fratelli perseguitati, gli ebrei, e lui pur di altro credo, si era chinato sulle loro sofferenze: almeno 105 ebrei furono fatti fuggire verso la Svizzera grazie alla rete clandestina organizzata insieme al sacerdote diocesano don Dante Sala.
‘Aveva preso il cristianesimo sul serio – ricordava Giacomo Lampronti, giornalista ebreo salvato -. Tutti i pesi, le responsabilità, i sacrifici egli li teneva per sé. Badava di alleviarne gli altri. Agli altri egli recava sempre la consolazione del suo imperturbabile sorriso, un sorriso indefinibile, tutto interiore, che non è facile tradurre in espressione verbale. Era, come dire?, un sorriso a fior di pelle che non lo abbandonava neppure nelle ore più gravi. Era sicuro di sé sempre, nell’infinita sottomissione alla volontà di Dio, e rassicurava gli altri. Aveva una chiave infallibile per tutte le porte: la fiducia nella Divina Provvidenza e l’ottimismo che ne derivava. Io faccio quello che posso ‘ diceva ‘ dove non arrivo io arrivi Dio. Poiché io lavoro per Lui, è impegnato ad aiutarmi’.
Un orizzonte che si ritrova nelle parole confidate nel 1944 ai compagni di deportazione nell’infermeria del lager tedesco di Hersbruck, dove sarebbe morto di lì a poco, il 27 dicembre: ‘Dichiaro di morire nella più pura fede Cattolica Apostolica Romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio, offrendo la mia vita in olocausto per la mia Diocesi, per l’Azione Cattolica, per L’Avvenire d’Italia e per il ritorno della pace nel mondo. Vi prego riferire a mia moglie che le sono sempre rimasto fedele, l’ho sempre pensata e sempre intensamente amata’.
Da questa ‘confessione finale’ della fede si capisce per chi e per cosa Odoardo è vissuto ed ha accettato di morire, non senza sofferenze né senza dolore al pensiero di chi lasciava, ma sempre fiducioso nella Provvidenza di Dio.
Così a Carpi, pochi giorni prima del terremoto che ha reso inagibile la quasi totalità delle chiese della piccola diocesi emiliana, dal Vaticano giungeva la lieta notizia della beatificazione di questa figura nota della Chiesa locale, della quale da 16 anni era avviato il processo di accertamento delle virtù eroiche.
La celebrazione si terrà in Piazza Martiri a Carpi, la mattina del 15 giugno. Sarà l’occasione più solenne per avvicinare credenti e non credenti alla conoscenza di un uomo veramente libero: padre di famiglia, marito, laico, si impegnò nella Chiesa e nella società fino ad accettare di dare la vita per testimoniare i valori cristiani in un contesto in cui il regime fascista e l’occupante nazista cercavano di soffocare ogni dissenso, anche religioso. Gli ultimi studi connessi al processo di beatificazione hanno infatti messo in luce che l’arresto e la deportazione di Odoardo furono probabilmente causati anche dalla sua libertà di coscienza, manifestata in prima linea nell’impegno ecclesiale in seno all’Azione cattolica e nella dirigenza amministrativa de L’Avvenire d’Italia di Bologna.
Le vicende della vita lo avevano messo di fronte a fratelli perseguitati, gli ebrei, e lui pur di altro credo, si era chinato sulle loro sofferenze: almeno 105 ebrei furono fatti fuggire verso la Svizzera grazie alla rete clandestina organizzata insieme al sacerdote diocesano don Dante Sala.
‘Aveva preso il cristianesimo sul serio – ricordava Giacomo Lampronti, giornalista ebreo salvato -. Tutti i pesi, le responsabilità, i sacrifici egli li teneva per sé. Badava di alleviarne gli altri. Agli altri egli recava sempre la consolazione del suo imperturbabile sorriso, un sorriso indefinibile, tutto interiore, che non è facile tradurre in espressione verbale. Era, come dire?, un sorriso a fior di pelle che non lo abbandonava neppure nelle ore più gravi. Era sicuro di sé sempre, nell’infinita sottomissione alla volontà di Dio, e rassicurava gli altri. Aveva una chiave infallibile per tutte le porte: la fiducia nella Divina Provvidenza e l’ottimismo che ne derivava. Io faccio quello che posso ‘ diceva ‘ dove non arrivo io arrivi Dio. Poiché io lavoro per Lui, è impegnato ad aiutarmi’.
Un orizzonte che si ritrova nelle parole confidate nel 1944 ai compagni di deportazione nell’infermeria del lager tedesco di Hersbruck, dove sarebbe morto di lì a poco, il 27 dicembre: ‘Dichiaro di morire nella più pura fede Cattolica Apostolica Romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio, offrendo la mia vita in olocausto per la mia Diocesi, per l’Azione Cattolica, per L’Avvenire d’Italia e per il ritorno della pace nel mondo. Vi prego riferire a mia moglie che le sono sempre rimasto fedele, l’ho sempre pensata e sempre intensamente amata’.
Da questa ‘confessione finale’ della fede si capisce per chi e per cosa Odoardo è vissuto ed ha accettato di morire, non senza sofferenze né senza dolore al pensiero di chi lasciava, ma sempre fiducioso nella Provvidenza di Dio.