- Economia e misericordia: i due termini alla luce della parola di Dio
L’economia è una dimensione importante della vita: lo riconosce lo stesso Gesù quando nel Vangelo afferma che il Regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto…ad un mercante che va in cerca di perle preziose…è simile ad una rete gettata nel mare; quando dice che per costruire una casa è necessario sedersi e fare bene i calcoli e preventivare le spese; quando elogia il buon amministratore; quando raccomanda di mettere a profitto i talenti.
La misericordia nella Bibbia è una parola che coniuga insieme due atteggiamenti: la compassione e la fedeltà. La compassione è quell’atteggiamento di trasporto emotivo, di protezione che un padre o una madre avvertono verso un figlio; esprime, quindi, il legame viscerale nei confronti di una persona che ci sta particolarmente a cuore. La fedeltà implica un legame stabile e solido, che non viene meno neppure quando l’altra persona tradisce o non merita di essere amata. Una fedeltà di questo tipo appartiene solo a Dio, che in Cristo viene donata anche all’uomo, il quale, seppur fraglie e debole diventa “essere misericordioso”.
- Rapporto economia-misericordia
Il 2 marzo scorso a Trieste, nella cattedrale di san Giusto, il prof. Zamagni, ordinario di Economia Politica all’Alma Mater di Bologna, ha tenuto una conferenza che aveva come tema: “Misericordia ed Economia: due mondi separati. La proposta cristiana”. In quella sede il professor Zamagni dichiarò che: “E’ possibile coniugare i due aspetti. Il cristiano deve potere credere ad una tale declinazione perché in caso contrario si troverebbe al cospetto di un dilemma etico”.
Ma come si coniugano in pratica questi due mondi separati? Così rispondeva il prof. Zamagni “Mirando intanto ad una nozione di giustizia finalizzato al bene, evitando la trappola del facile giustizialismo e stabilendo all’interno della sfera economica e imprenditoriale forme di relazioni interpersonali, in modo più attivo ed umano”.
E’ onestà riconoscere che ci sono visioni di vita e quindi scelte operative che non solo impediscono, ma addirittura si oppongono a stabilire “all’interno della sfera economica e imprenditoriale forme di relazioni interpersonali, in modo attivo ed umano”. E questo accade quando qualcuno, ad esempio, imbroglia, ruba, è infedele al suo servizio e alle promesse fatte, vive nell’indifferenza, ignora il bene comune, indulge alla corruzione, concepisce l’impresa ed il lavoro finalizzati esclusivamente al profitto, non rispetta la creazione…
Per ragioni di tempo, mi soffermerò su tre temi che ritengo di particolare attualità ed urgenza: la corruzione, il lavoro, il rispetto della creazione.
- La corruzione
Il card. Martini, prima di tangentopoli, definì la corruzione una “peste”, mentre l’attuale pontefice l’ha qualificata una “putrefazione”, una “puzza”. La corruzione puzza perché porta con sé la morte e quindi non può rimanere nascosta per molto tempo. Nonostante la corruzione si presenti con caratteristiche così appariscenti e poco allettanti, il corrotto cerca proseliti – e purtroppo ne trova in abbondanza – per evitare che qualcuno possa giudicarlo ed erigersi, di conseguenza, a giudice dei “veri” valori da perseguire.
La corruzione quando dilaga perde i connotati della gravità e si trasforma in costume, in cultura condivisa, in esempio da imitare. Quando giunge a questi livelli, la corruzione viene considerata come una variabile dell’economia di mercato, un modo “diverso” di fare incontrare la domanda e l’offerta, e non invece un grave reato.
La Parola di Dio condanna senza alcuna ambiguità la corruzione, in quanto essa distrugge il bene comune di una società, ed insegna che il luogo dove essa nasce è il cuore dell’uomo. Per questo motivo, le leggi – che pure sono necessarie e non devono lasciare margini di compromesso – da sole non bastano per sconfiggere la corruzione e più in generale la violenza, il sopruso, il colpevole disinteresse, il raggiro, il profitto fine a stesso, l’ingiustizia.
Le leggi, infatti, possono giustamente normare il vivere comune, ma non risolvono i problemi alla loro radice. Per incidere in profondità è necessario raggiungere la sfera che riguarda non solo il modo di agire, ma di pensare, di credere, di concepire l’uomo, la società e le relazioni…Si raggiunge questo obiettivo solo attraverso un profondo cambiamento morale, culturale e sociale capace di risvegliare le coscienze. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che tutti possiamo essere corrotti e corruttori perché la corruzione non necessariamente si concretizza con eventi-macro, da titoli sui giornali. E’ corruzione, ad esempio, ricercare scorciatoie nelle piccole sfide quotidiane, pretendere riconoscimenti sproporzionati rispetto al doveroso impegno, giudicare in maniera superficiale e sprezzante il prossimo da condizionare negativamente il suo lavoro e la sua immagine. Si tratta di un demone che tutti siamo chiamati a combattere e che è possibile tenere sotto controllo solo se si investe in cultura e si favorisce un’istruzione capace non solo di trasmettere “saperi”, ma di allenare alla vita e alle sue responsabilità.
In altre parole è possibile cambiare modello di sviluppo se c’è un soggetto umano diverso, creativo e costruttivo anche in ambito economico, capace, quindi, di andare oltre alla miopia di darsi obiettivi solo di breve termine, come hanno fatto i managers della finanza. Per essere capaci di creatività costruttiva occorrono soggetti – persone e gruppi sociali – che nel rapporto con la realtà, nella conoscenza della realtà siano mossi dalla propria umanità perché come afferma Benedetto XVI nella Caritas in Veritate: Colui che è animato dalla carità è ingegnoso (n.30).
4. Il lavoro
Il lavoro è sacro perchè con esso l’uomo modifica, inventa, progetta, valorizza, perfeziona la creazione e attraverso queste azioni l’uomo rivela di essere creato ad immagine di Dio. Pertanto, una società opera per il bene comune, non solo quando si preoccupa di assicurare a tutti il benessere, ma quando garantisce a tutti un lavoro perché è questa esperienza che rende ogni uomo “immagine di Dio” e quindi autentica creatura.
Una visione della vita finalizzata solo al conseguimento del benessere porta con sè una conseguenza economica drammatica che il Papa, nell’Udienza generale del 18 maggio 2015, ha chiamato la “divinizzazione del mercato”. Cosa significa questa espressione? Per rispondere alla domanda è importante ricordare quanto sta accadendo sotto i nostri occhi in merito al lavoro. Assistiamo ad un aumento della ricchezza di tipo finanziario e speculativo, e nel contempo alla distruzione del lavoro. Il “mercato divinizzato” di cui parla il Papa si presenta come un mercato che distrugge il lavoro e produce una ricchezza che non viene equamente distribuita.
Questa visione di società è definita “dei due terzi”. In essa ciò che conta è lasciare lavorare le persone più efficienti – appunto i due terzi della società – in tale modo, la ricchezza da essi prodotta arriverà anche sulla tavola degli altri. [Durante un incontro all’Università Bocconi di Milano su economia ed etica, il Card. Martini affermò la necessità di porre più attenzione alla solidarietà, alla giustizia distributiva. Un industriale presente si disse d’accordo e riconobbe che il Cardinale richiamava valori importanti, poi, però aggiunse: Lasciateci fare il nostro mestiere, che è quella di aumentare la dimensione della torta e poi voi ne avrete una fetta più grande da distribuire ai poveri].
Come a dire: prima si deve operare nella dimensione economica, secondo le regole che le sono proprie, poi, eventualmente, si aggiunge qualcosa d’altro. Si tratta di una mentalità ormai diffusa e che viene sempre più spesso rappresentata in modo positivo. Ne è un esempio il concetto di “redditività” che sempre più viene utilizzato per stabilire il successo di un’attività imprenditoriale. Tuttavia, nell’attuale, difficile contesto economico tale “redditività” emerge non tanto dalla crescita (ossia dalla combinazione dell’intelligenza e del lavoro), ma dal risparmio di costi (stiamo parlando di concetti come “efficientamento” e “razionalizzazione”), che spesso è rappresentato dalla riduzione del lavoro delle persone. L’equazione diventa, quindi, questa: “guadagno se riduco il lavoro”. Si tratta di una visione che entra in netto contrasto con la dignità della persona umana, la quale non è assicurata all’uomo dal fatto di ricevere una fettina di torta, ma dalla possibilità di accedere al lavoro per mezzo del quale assomiglia al suo Creatore. La dignità dell’uomo, dunque, non è salvaguardata dal reddito, ma dal lavoro!
A questo riguardo non vorrei essere frainteso. Non sto demonizzando l’economia di mercato ed il profitto perché, come diceva don Sturzo, prima occorre produrre la ricchezza, solo dopo è possibile distribuirla, ma sottolineare, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, che l’economia di mercato è un sistema produttivo utile per tutti purchè sappia evitare l’economicismo selvaggio ed aprirsi alla partecipazione e alla solidarietà.
5. Il rispetto dell’ambiente
C’è un ulteriore elemento che il Papa, nel corso dell’Udienza, ha sottolineato. Citando l’enciclica Laudato si’ ha affermato che lavoro e ambiente possono, anzi, devono andare a braccetto. Si tratta di una affermazione che trova il suo fondamento nel primo libro della Bibbia, la Genesi, nel quale si trova una parola che a questo riguardo è illuminante. Si tratta del verbo “custodire” e del sostantivo “custodia”. Vengono utilizzati al capitolo secondo quando Dio affida il paradiso terrestre all’uomo. Nel testo sacro leggiamo queste parole: Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse (2.15). Questo termine riappare nel capitolo quarto quando Caino, dopo l’omicidio del fratello, viene interrogato da Dio con queste parole: Dov’è Abele, tuo fratello? Caino risponde: Non lo so. Sono forse il custode di mio fratello? (4. 9 ).
La Parola di Dio ci dice che è compito dell’uomo occuparsi del fratello e della natura, insieme. Se le due cose non vanno a braccetto, cioè se il lavoro viola l’ambiente e non rispetta la dignità della persona, l’uomo diventa un omicida e questo accade quando l’uomo pensa a se stesso come a un dio, come a un padrone assoluto di qualcosa che non gli appartiene.
6. La questione del fondamento
Dicevamo all’inizio che è possibile essere operatori economici misericordiosi se si combatte il demone della corruzione, se si difende la dignità del lavoro e si custodisce al meglio il Creato che ci è stato donato. La strada per intraprendere questa sfida è quella del “fondamento”. Infatti, mi rendo conto che la mia riflessione sul lavoro, sulla creazione e sull’economia è il frutto del fecondo incontro tra rivelazione biblica e ragione, che non tutti, forse, accolgono. Tuttavia a me e a voi, se vogliamo avere il coraggio di essere cercatori della verità, si pone una questione che non è possibile evitare e che espongo in forma di domande: “Che cosa è la vita? Che valore ha essa nell’analisi economica, ad esempio nella analisi costi/benefici? In molte analisi l’uomo vale come una statistica. Ma un uomo è questo? E’ evidente che non è così! E ancora: cos’è il benessere? Leggendo i giornali si trovano notizie su numerose commissioni internazionali che si interrogano su questo tema e come si misura, con una visione diversa l’una dall’altra. Insomma, quali sono i valori da salvare e chi li stabilisce? Da dove nascono?”. Si tratta di domande che esigono una risposta perché diversamente si corre il rischio di fondare una società su miti, su bisogni creati ad hoc, su simboli vuoti, su mode, con il rischio di indurre comportamenti che uccidono la vera libertà.
Per rispondere alla domande appena sollevate, ci viene in aiuto il patrimonio culturale dell’Europa. E’ sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore che sono state sviluppate l’idea di diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale.
Per queste ragioni il Papa nell’enciclica Laudato si’ parla della necessità di una ecologia integrale capace o desiderosa di mettere al suo centro il Vangelo della creazione, il quale offre “motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili” (64). Il Vangelo della creazione rivela che tutto il creato scaturisce dalla mano aperta del Padre di tutti (84) e che ogni creatura “ha una funzione e nessuna è superfluo…tutto è carezza di Dio (84).
Il racconto biblico, inoltre, ci ricorda che “l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra” (66). Ma queste tre relazioni vitali, osserva il Pontefice “sono rotte non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato. L armonia tra il Creatore, l umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio rifiutandoci di riconoscerci come creature limitate”.
Papa Francesco trae una conclusione: il disordine ecologico, il degrado della natura, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse della terra, la violenza sull’uomo sono originati dalla perdita della genuina visione biblica dell’uomo e della creazione.
Entrando ancora più in profondità nella riflessione il Pontefice osserva che tutti i mali della nostra madre terra sono accomunati “in fondo dal medesimo male, cioè dall idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti” (6).
Per contrastare il disordine ecologico, allora, non sono sufficienti, da soli, i grandi progetti di riforma delle strutture. Occorre, davvero, una rivoluzione! Quella che nelle parole di Cristo ha nome di conversione, cioè di cambiamento di mentalità.
Termino leggendo alcune parole bellissime del libro del Siracide (3.29-4.10), che fanno eco a quanto detto finora:
L’acqua spegne un fuoco acceso,
l’elemosina espia i peccati.
Chi ricambia il bene provvede all’avvenire,
al momento della sua caduta troverà sostegno.
Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero,
non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi.
Non rattristare un affamato,
non esasperare un uomo in difficoltà.
Non turbare un cuore esasperato,
non negare un dono al bisognoso.
Non respingere la supplica di un povero,
non distogliere lo sguardo dall’indigente.
Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo,
non offrire a nessuno l’occasione di maledirti,
perché se uno ti maledice con amarezza,
il suo creatore esaudirà la sua preghiera.
Fatti amare dalla comunità…
Porgi l’orecchio al povero
E rispondigli al saluto con affabilità.
Strappa l’oppresso dal potere dell’oppressore,
non essere pusillanime quando giudichi.
Sii come un padre per gli orfani,
e come un marito per la loro madre
e sarai come un figlio dell’Altissimo,
ed egli ti amerà più di tua madre.
+ Francesco Cavina, vescovo