Omelia di monsignor Francesco Cavina – Mercoledì delle Ceneri 2013

14-02-2013

Iniziamo oggi il sacro tempo della Quaresima. La Chiesa attribuisce grande importanza a questo periodo dell anno liturgico, che ha una durata di ben 40 giorni e che deve portarci a celebrare la Pasqua con spirito rinnovato. Quaresima è sinonimo di penitenza.

E già qui nascono alcune obiezioni, presenti anche in tanti cristiani: Parlare di penitenza non significa parlare di tristezza, di mortificazione, di rinuncia? Perché il cristianesimo deve presentarsi con questo volto così poco simpatico? Il cristianesimo nella sua essenza non è felicità? Gesù stesso non ha forse detto: Io sono venuto perché (gli uomini) abbiano la vita, e l abbiano in abbondanza? . Si tratta di domande che contengono una parte di verità, ma che vanno inserite nel disegno organico e completo della vita, perché altrimenti possono deformare la nostra esistenza.

Il tempo di Quaresima è il tempo nel quale la Chiesa ci ricorda che le cose più importanti hanno un prezzo, richiedono una lotta per essere raggiunte ed è tale lotta a dare gusto e valore alla vita. Il tempo liturgico che oggi iniziamo, allora, diventa una critica radicale a quegli stili di vita, oggi tanto diffusi, caratterizzati da superficialità, banalità, spontaneismo, soggettivismo e richiamarci al caso serio della vita. Non siamo frutto del caso, della sfortuna o del capriccio degli eventi, ma ad ognuno è dato di scoprire che porta in sé un disegno a cui collaborare e da realizzare per la propria felicità e il bene della Chiesa e della società.

La penitenza, una delle opere quaresimali, per usare un espressione di Sant Agostino è una medicina. Si ricorre alla medicina quando si è malati oppure ci si accorge che il nostro fisico o la nostra psiche si stanno indebolendo. Ebbene, noi a causa del peccato, siamo spiritualmente e moralmente malati. In quanto tali, se non ci curiamo, produciamo atti e facciamo scelte spesso sbagliati che provocano disordini in noi stessi e intorno a noi. I maestri di spirito, ma anche gli studiosi delle scienze umane, affermano che il peccato conduce alla bruttezza perché distrugge la nostra dignità ed inoltre non mantiene mai quello che promette.

Infatti, la prima e immediata conseguenza del peccato è la perdita della libertà. Nel peccato, al contrario della virtù, è molto facile cominciare ma diventa sempre più difficile staccarsene, anche se non vi si trova più il piacere ed il fascino di un tempo, anzi avvertendo un sempre maggiore disgusto e insofferenza. Il peccato, in sostanza, è una ricerca malata di assoluto .

Per divenire persone sane moralmente, persone nuove, rasserenate e contente è necessario, dunque, trovare un rimedio, una cura, una terapia che ci faccia gustare il vero Assoluto: Dio. Ecco l invito che il Signore ci ha rivolto nella prima lettura: Ritornate a me . Poche parole, ma che dicono l essenziale. Il Signore utilizzando un linguaggio pieno di amore e di tenerezza ci invita a rispettare il nostro limite di creature e ad entrare in intimità con Lui, a legarci in maniera incondizionata e piena di fiducia a LUI. E Lui, infatti l unico che rende la vita umana e degna di essere vissuta e consente al nostro preziosissimo corpo – destinato alla polvere e restituito alla terra – di raggiungere il fine per cui è stato creato, la resurrezione.

Accogliere l invito del Signore, concretamente significa partecipare al Sacramento della Confessione, vivere quotidianamente la preghiera, frequentare più spesso la Santa Messa durante la settimana, partecipare a incontri di formazione spirituale, recuperare la pratica della Via Crucis, destinare maggior tempo ai fratelli e soccorrere le necessità dei più poveri,nonostante le ristrettezze in cui anche noi viviamo.

Da ultimo un pensiero al nostro Santo Padre Benedetto XVI. Il Signore, 8 anni fa, lo ha chiamato e lui come umile servo della Vigna del Signore ha risposto con generosità e disponibilità. Ha lavorato, si è sacrificato, ha sofferto, ci ha edificati con la sua testimonianza, ci ha guidati con il suo luminoso ed originale magistero poi nella sua profonda umiltà ed immensa libertà spirituale (espressione di una grande fede) ha riconosciuto che la sua la sua debolezza e la sua fragilità potevano costituire un ostacolo al bene della Chiesa. E così con sconcertante dignità e naturalezza ha compiuto un passo controcorrente che cambierà molte cose all interno della Chiesa.

Cari fratelli e sorelle, avanti serenamente; dobbiamo guardare davanti a noi, non dietro, non intorno, come stanno facendo tanti. E davanti a noi c è soltanto Colui che ci chiama. Ci ha chiamato una volta e continua ancora a chiamarci, così come ha fatto con il Santo Padre.  Ancora e sempre Dio ci chiama per renderci migliori, per darci maggiore santità e grazia. Così ha detto Gesù risorto a Pietro: Quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi .

Nell unione con il Papa, nella devozione al Papato, si realizza la nostra contemporaneità con Cristo. Questo significa che attraverso il Papa, è possibile l attualità permanente del Mistero di Cristo. Pertanto, eravamo con Pietro prima, lo siamo ora, lo saremo domani. L ascolto della sua Parola e quella del suo successore ci darà la forza perché il nostro cammino prosegua libero e pronto come quello del Santo Padre Benedetto XVI.