Motu Proprio Intima Ecclesiae Natura

27-01-2013

 Il 2 dicembre 2012 il Papa ha pubblicato il Motu Proprio Intima Ecclesiae Natura. L intima natura della Chiesa sul servizio della carità.

Che cosa significa l espressione Motu Proprio ? Che valore ha questo documento?
Motu Proprio può essere tradotto in questo modo: di propria iniziativa . Allora motu proprio indica tutti quei documenti pontifici che il Papa scrive di propria iniziativa senza che l imput gli venga da qualche organismo della Curia romana. E composto di 15 articoli ed ha un carattere normativo. Intende rispondere ad una lacuna normativa circa la responsabilità dei vescovi per il servizio della carità  nella Chiesa. Tre sono i soggetti dell attività caritativa ed il documento ne chiarisce diritti e doveri: il vescovo, i fedeli e gli organismi di carità.

Il documento è diviso in due parti: Una introduzione teologica, dottrinale e una parte dispositiva.

La parte teologica. Ogni azione della Chiesa ha per sorgente la SS. Trinità. Questo significa che non è possibile capire la Chiesa senza la Trinità. Allo stesso modo non possiamo intendere la carità della Chiesa senza la carità che si vive all interno della Trinità. In altre parole l azione caritativa della Chiesa rivela l amore trinitario. Ha lo scopo di rivelare l amore che Dio ha per ogni uomo e fare in modo che ogni uomo possa sperimentare personalmente di essere amato da Dio.

Così, l intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: l annuncio della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, il servizio della carità. Sono tre compiti intimamente collegati tra loro e non possono essere separati l uno dall altro. La carità non è per la Chiesa una specie di attività assistenziale sociale, ma appartiene alla sua natura, alla sua stessa essenza, è espressione irrinunciabile della dimensione costitutiva della Chiesa (Deus caritas est, 25). Diversamente si corre il rischio di fare passare il messaggio che alla Chiesa debbano essere affidati determinati servizi dalla società o che debba farsi carico di determinati problemi ed emergenze.

      Il primo ministero diaconale è nato all interno della Chiesa delle origini, nella comunità di Gerusalemme, quando gli apostoli scelgono sette diaconi per servire alle mense. Non si tratta di un servizio puramente funzionale legato alla distribuzione di cibo in quanto vengono scelti uomini pieni di Spirito e di sapienza (Atti 6.1-6). Ciò significa commenta Benedetto XVI che il servizio sociale che dovevano effettuare era assolutamente concreto, ma al contempo era senz altro anche un servizio spirituale; il loro era perciò un vero ufficio spirituale, che realizzava un compito essenziale della Chiesa, quello dell amore ben ordinato dl prossimo (Dce, 21).

Da tempo il Pontefice insiste sul servizio della carità inteso come parte viva ed integrante della vita della Chiesa, assieme all annuncio e alla liturgia e sulla necessità che la carità sia ben caratterizzata e distinta da altre forme di solidarietà che, pur ammirevoli, non sono espressioni della carità della Comunità ecclesiale. Scrive il Superiore Generale della Piccola Opera della Divina provvidenza, don Flavio Peloso: Oggi assistiamo a un secolarismo della carità, ridotta a solidarietà filantropica, che è da temere non meno del secolarismo della fede, ridotta a ideologia di valori. In entrambi i movimenti secolaristici a venir meno è la relazione con Dio . In altre parole, l attività caritativa della Chiesa, a tutti i livelli, deve evitare il rischio di dissolversi in una pura organizzazione assistenziale.

La seconda parte riporta alcune disposizioni pratiche affinchè il servizio della carità non sia lasciato solo al buon cuore delle persone o di gruppi di persone, ma divenga impegno e struttura ecclesiale come lo sono l annuncio della Parola di Dio e la celebrazione dei Sacramenti. Concretamente il Motu proprio dispone che tutti gli istituti caritativi nella misura in cui risultino collegati al servizio di carità dei pastori della Chiesa e/o intendano  avvalersi per tale motivo del contributo dei fedeli, devono sottoporre i propri Statuti all approvazione della competente autorità ecclesiastica .  Queste iniziative caritative sono inoltre tenute a seguire nella propria attività i principi cattolici e non possono accettare impegni che in qualche misura possono condizionare l osservanza dei suddetti principi .

Essendo, dunque la carità un servizio ecclesiale è sottoposto alla particolare cura del Vescovo che, con questo Motu proprio viene investito di diversi doveri quali: la vigilanza sugli organismi presenti nella diocesi perché mantengano uno spirito cristiano; il coordinamento di tutte le attività esistenti o che dovessero emergere spontaneamente nel futuro, in vista di un obiettivo comune; vigilare perché sia rispettata la legalità, seguendo criteri di trasparenza e di corretta gestione economica perché il denaro che la gente ci affida deve essere trasformato in pane, casa, cure mediche, scuola, accompagnamento ai più poveri. Il controllo deve riguardare anche gli stipendi e le spese di gestione, che possono rivelarsi a a volte sproporzionate rispetto ai fondi destinati alla carità. A questo riguardo viene precisato che il Vescovo deve curare che la gestione delle iniziative da lui dipendenti siano testimonianza di sobrietà cristiana e così dovrà vigilare affinchè stipendi e spese di gestione, pur rispondendo alle esigenze della giustizia ed ai necessari profili professionali, siano debitamente proporzionate ad analoghe spese della propri curia diocesana . Si tratta di norme ed indirizzi molto innovativi

 

Particolare risalto viene dato anche alla scelta e alla formazione degli operatori della carità. Spesso ci accontentiamo semplicemente del fatto che qualcuno offre tempo ed energie per gli altri. Ma non si tratta solo di fare il bene, ma di fare bene il bene. La formazione è un esigenza necessaria a diversi i livelli: professionale e spirituale, che comporta una riflessione sul senso vero della carità cristiana, che non si può restringere ad un modello sociale. Il documento chiede che il Vescovo curi la formazione delle persone che lavorano nei servizi della carità perché attraverso le persone noi incontriamo tante altre persone che possono avere in questo modo, anche attraverso un operatore, una testimonianza di Cristo.

 

Evidentemente il vescovo non può presiedere da solo a questo servizio della carità, perché l amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato (Dce, 20). Perciò si suggerisce di costituire un ufficio specifico che curi a suo nome il servizio della carità. E questo un possibile ruolo della Caritas diocesana. Scrive il Motu proprio: Il Vescovo favorisca la creazione, in ogni parrocchia della sua Circoscrizione, d un servizio di caritas parrocchiale o analogo, che promuova anche un azione pedagogica nell ambito dell intera comunità per educare allo spirito di condivisione e di autentica carità . Viene poi ribadito che è compito del Vescovo diocesano e dei rispettivi parroci impedire che attraverso le strutture parrocchiali o diocesane vengano pubblicizzate iniziative, che, pur presentandosi con finalità di carità, proponessero scelte o metodi contrari all insegnamento della Chiesa .

 

La particolarità della Caritas, consiste, a differenza di altre organizzazioni nate da aggregazioni di laici o Istituti religiosi, nell essere l organo ufficiale del Vescovo per la pastorale della carità. Infatti, proprio in virtù della sua origine  e della sua natura, ogni Caritas è più strettamente legata ai pastori della Chiesa, e, come tale è chiamata a condividere, in collaborazione con la Gerarchia ecclesiastica, la missione della Chiesa di manifestare, attraverso la carità vissuta, quell amore che è Dio stesso (Decreto del 2 maggio 2012 per l approvazione degli Statuti di Caritas Internationalis).

 

Per questo motivo il documento è molto importante per la vita della Chiesa perché ci dice che le opere della carità verso i piccoli, i poveri, i sofferenti non sono una costola laterale della Chiesa, ma appartengono all architettura organica della Chiesa. E questo richiede forte identità cristiana e nuova collaborazione con i Vescovi e con le strutture parrocchiali per vivificare ed essere vivificati nel servizio della carità.

 

Il documento pontificio affida al Pontificio Consiglio Cor Unum il compito di controllare l applicazione delle norme.

 

Da ultimo vorrei sottolineare che non è un caso che il Motu proprio veda la luce nell Anno della Fede, forse per ricordarci che, come senza le opere la fede è morta, così senza la fede le opere perdono il loro senso profondo che è l evangelizzazione. Perché a questo, in ultima analisi, la Chiesa è chiamata: non a concentrarsi su se stessa, ma a far risplendere il volto di Cristo, luce delle genti, della quale essa è solo un riflesso, come la luna, che non possiede luce propria, ma riceve luce dal sole.