Cattedrale di Carpi – 7 giugno 2020
Omelia di mons. Erio Castellucci, Amministratore Apostolico Diocesi di Carpi
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“Il bene non è mai banale”: così scriveva Odoardo, non potendo immaginare che di lì a pochi anni sarebbe stato travolto dal male, da un male immenso che ha travolto milioni di persone e che, a sua volta, sarebbe stato definito banale. La filosofa Hannah Arendt – che ha assistito ad una buona parte delle sedute nelle quali venne processato uno dei principali responsabili delle deportazioni e delle uccisioni di ebrei e di altri uomini e donne, Eichmann, processato a Gerusalemme – scrisse La Banalità del Male, un testo molto contestato, geniale ma non accolto da tutti, dicendo che in fondo ci sono dei mali così grandi come la Shoah che sembrano causati da atteggiamenti banali, da uomini senza carattere, che non sembrano mossi da una malvagità intelligente. Il male può essere banale, anche il male immenso può essere banale ma, come aveva scritto Odoardo, il bene non è mai banale.
Perché per fare il male basta lasciarsi cullare dalle onde della superficialità, accodarsi a qualche piccola perfidia, prestare l’orecchio, il cuore e le mani a delle vendette, a dei risentimenti; mentre per fare il bene bisogna superare quella specie di forza di gravità che ci concentra sempre su noi stessi, sui nostri interessi. Bisogna decollare per fare il bene. Per fare il male basta stendersi. Il bene non è mai banale perché va contro l’egoismo che è una forza potentissima che sentiamo dentro di noi. Per fare il male a volte basta non fare nulla. Quando Gesù immagina il giudizio finale, immagina che alcuni cuori si siano talmente induriti da non aver amato ed esprime tutto in termini omissivi: “Ho avuto fame e non mi hai dato da mangiare, ho avuto sete e non mi hai dato da bere, ero nudo, povero, malato, carcerato, forestiero e non mi hai assistito”. Il male spesso consiste nel non fare il bene; il male consiste nello sdraiarsi di fronte all’impegno; il male a volte consiste semplicemente nel dare sfogo all’istinto e lasciarsi trascinare passivamente dai bassi desideri di vendetta e di odio.
Il bene richiede impegno. Sempre Odoardo, dopo aver ribadito che il bene non è mai banale, scriveva che vale più l’impegno dell’opera, cioè che è più importante il sacrificio del risultato. Il risultato a volte c’è e a volte non c’è, ma il sacrificio non va mai perduto. Il bene non è mai banale. Ma questo bene deve partire dal cuore dell’uomo. Coloro che hanno cambiato la storia l’hanno potuto fare perché prima di tutto hanno cambiato il cuore. I grandi progetti senza un grande cuore sono destinati a naufragare. Odoardo ha coltivato il suo cuore attraverso le esperienze che ha fatto proprio qui, potremmo dire a pochi metri da qui, in questa città. Le esperienze di ragazzo di parrocchia, Azione Cattolica, scout, gli incontri (tra cui quello decisivo con don Zeno), il lavoro, la propria famiglia, poi l’impegno sociale che per lui non era un “poi”, perché chi cambia il cuore e obbedisce all’invito di San Paolo che abbiamo sentito oggi, “far entrare il Dio della pace dentro di noi”, contemporaneamente cambia le relazioni. E le relazioni che lui ha vissuto nella comunità cristiana, nella comunità civile, respiravano proprio questa parola, la parola “pace”, che è l’espressione più grande del bene. E la pace non è mai banale, proprio perché va sempre conquistata, va sempre rilanciata. Ha cambiato il proprio cuore, si è fatto cambiare dall’incontro con il Signore, con tanti fratelli e sorelle di fede, con persone di altre culture, con persone di altra fede. E’ riuscito attraverso la sua opera a salvare più di cento ebrei, e non è banale che sia stato proclamato Giusto tra le Nazioni. Proprio quel popolo che è stato travolto, decimato per un terzo dalla Shoah, dalla banalità del male, ha proclamato Odoardo alfiere del bene. Un uomo che apparentemente è stato travolto dall’odio, in realtà è come un fiore nel deserto, perché solo il bene rimane. Il bene non è mai banale perché è il nome di Dio. Oggi in particolare, celebrando la solennità della Trinità noi ci ricordiamo che Dio in sé è amore, perché è relazione, è comunione di persone. Dio non è un essere solitario: Dio è famiglia, Dio è circolazione di amore. Quando diciamo Trinità, con una parola forse un po’ astratta, noi diciamo questo: che Dio è relazione, che Dio è amore, che Dio è la sorgente del bene. Per questo il bene non è mai banale. E mentre in realtà sarà il male ad essere travolto dalle onde della Storia, il bene rimarrà. “Tutto quello che avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me”. Questo è ciò che resta nella storia e dopo la storia: questo bene che non è mai banale. L’intercessione del beato Odoardo ci aiuti ad essere persone non banali, a rifuggire la banalità del male quotidiano, a non inseguire il chiacchiericcio, la malevolenza, la delazione, le piccole vendette; a non essere persone banali che si cullano nelle onde delle abitudini, in queste onde a volte un po’ malate che costituiscono le nostre relazioni quotidiane. Che Odoardo ci aiuti a non essere banali, a reagire, a inserire sempre nelle nostre relazioni il dono della pace, a partire dal nostro cuore.
Grazie per questa celebrazione: ieri era il giorno del compleanno di Odoardo, quindi la sua festa, ma oggi ci ritroviamo perché è domenica. Grazie ai suoi familiari, grazie al Sindaco che rappresenta tutta la città, grazie a tutti voi perché ricordare Odoardo significa aprire uno spazio ulteriore di pace nel nostro cuore.
+ Erio Castellucci