La scuola non sia sola
di Estefano Tamburrini
Ansia e paura rischiano di annebbiare l’orizzonte di non pochi studenti, provocando una dolorosa miopia per quanto riguarda il futuro. Le fragilità però non colpiscono soltanto loro, bensì i nuclei familiari e gli insegnanti, colti impreparati dinanzi a sfide che interpellano l’intera società, tra cui la dispersione scolastica, l’isolamento sociale, le varie forme di dipendenza e la transizione digitale. Queste alcune delle questioni poste da una trentina di dirigenti scolastici di Modena, di Carpi e provincia presenti la sera di martedì 12 marzo all’incontro con l’arcivescovo Erio Castellucci. Il secondo, dopo quello del marzo 2023, nell’ambito del cammino sinodale. “Non è bene – ha commentato monsignor Castellucci proponendo un gioco di parole con il libro della Genesi (cf.2,18) – che la scuola sia sola. Bisogna che la scuola possa trovare degli alleati, tra cui la Chiesa: non esitate pertanto a coinvolgere e sollecitare i parroci”. Citando la sua esperienza nell’insegnamento, l’arcivescovo ha ricordato che “l’essere educatori non è semplicemente un mestiere o una professione ma una missione, che richiede pertanto vocazione e non solo delle competenze”. Non basta infatti la trasmissione di concetti ma servono “passione educativa e attenzione verso il volto dei ragazzi” su cui spesso gravano “le attese dei genitori e di un mondo adulto talvolta incapace di riconoscere la propria fragilità”. Castellucci ha inoltre fatto riferimento al processo di “delegittimazione che, nel nome di un individualismo esasperato, danneggia Chiesa, scuola e altre istituzioni” ostacolando “le reti comunitarie”.
Già nei saluti introduttivi il direttore dell’Ufficio diocesano per la scuola, professor Augusto Arienti, ha sottolineato la “necessità di colmare le differenze abissali che si sono create tra generazioni, le quali in pochi anni sono cambiate molto in fretta”. A commento di un’indagine che ha coinvolto gli insegnanti di religione, Arienti ha parlato delle difficoltà dei giovani ad accettare il proprio corpo e della fragilità – spesso dissimulata da un’apparente indifferenza – nei confronti del dolore e della morte.
Dispersione scolastica e baby gang
È intervenuta anche Giovanna Morini, dirigente scolastico del Liceo classico e linguistico Ludovico Antonio Muratori – San Carlo, che ha rilevato il problema della dispersione implicita, riferendosi al dossier “Analisi longitudinale sulla dispersione scolastica” pubblicato nel 2023 dal Ministero dell’istruzione e del merito. “Non solo un ragazzo su cinque non ottiene il diploma, ma vi è un calo di competenze tra quelli che lo hanno ottenuto”.
“La pandemia ha certamente inciso su una situazione già difficile, ma il problema riguarda anche la rigidità dei curriculum e la necessità di un maggior impegno sull’orientamento, su cui sono stati investiti ingenti fondi Pnrr”, ha commentato Morini sottolineando l’aumento della micro-criminalità nel mondo della scuola. “Non basta l’istruzione, ma occorre intenzionalità educativa” perché, nel caso degli studenti, “non sentirsi competenti mina il modo di vivere e a perderci è, in fin dei conti, la società”. Ne ha parlato anche Luigi Vaccari, dirigente presso l’Istituto Primo Levi di Vignola, spiegando come “il venire meno dei corpi intermedi” abbia “suscitato un contatto fin troppo ravvicinato fra la scuola e la strada mentre il personale docente si scopre senza strumenti per gestire adeguatamente il problema”. “Con l’esplosione del fenomeno delle baby gang è capitato più volte che la scuola si arrendesse davanti ad alcuni casi difficili”. Tuttavia, per Vaccari, le alternative non mancano: “Ci vorrebbe una vera azione educativa di strada o, ancor meglio, una stretta collaborazione fra scuola e territorio affinché le energie dei ragazzi difficili siano investite in esperienze di cittadinanza attiva”.
Più collaborazione tra istituzioni, chiesa e famiglie Collaborazione che tuttora manca, come sottolinea Angela Alessandra Milella, dirigente scolastico dell’Istituto tecnico industriale Fermo Corni, che ha riferito “una sensazione di isolamento nella gestione dei focolai
di microcriminalità, spesso poco percepita, ma che colpisce il tessuto scolastico”. Non basta, secondo la dirigente, “dissuadere gli studenti circa le sostanze stupefacenti o altri pericoli”, ma occorre immergersi, “anche con l’aiuto delle associazioni, nelle zone d’ombra che innescano tali comportamenti e che provocano l’emarginazione”. Allargando invece lo sguardo oltre i cancelli della scuola, “si osserva una società disorientata, dove il ruolo della Chiesa è stato decisamente ridimensionato e non ci sono enti o punti di riferimento in grado di sostituirla” sostiene Edoardo Piparo, dirigente scolastico dell’Istituto di istruzione superiore Elsa Morante di Sassuolo. “Le famiglie appaiono senza strumenti e la scuola non è capace di leggere tutto ciò che accade nel mondo digitale, che talvolta è strumento di disvalori e cattivi esempi”.
Linguaggi e social network
E si giunge così alla questione del linguaggio, che provoca “un’imminente frattura generazionale» oltre a una «diffusa sofferenza dei più giovani circa le attese del mondo degli adulti” ha commentato Giovanni Boschini, presidente dell’Istituto Sacro Cuore di Modena, in riferimento all’indagine pubblicata dal Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro (Cnel) e Telefono Azzurro nel novembre 2023, in occasione della Giornata dell’infanzia e dell’adolescenza. “Un terzo di loro ha paura di chiedere aiuto, di comunicare il proprio disagio e oltre il 60% chiede di formare insegnanti e genitori sulla gestione dei Social network e altri fenomeni di questo tempo al fine di poter contare su un aiuto concreto”.
Infatti, genitori e insegnanti non sono stati risparmiati da una riflessione critica: “Non è possibile chiedere agli alunni di lavorare in gruppo se noi adulti non sappiamo farlo” denuncia Alda Barbi, preside del Liceo scientifico statale Manfredo Fanti di Carpi, osservando che: “Non basta mostrare al mondo quello che sai fare, ma avere la capacità farlo insieme agli altri. Altrimenti manca l’esempio”.
Rapporto difficile, quello tra giovani e adulti, che, secondo la consigliera nazionale Fism Daniela Lombardi, va affrontato in un’ottica comunitaria in quanto “sono le insicurezze della famiglia e della società a incidere sui ragazzi” che “talvolta rimangono piccoli” per via dei “modelli di riferimento che trovano nelle proprie abitazioni”.
Risvegliare la passione
Tra i dirigenti emerge anche la necessità di “vedere rinascere la passione nel cuore dei ragazzi” come afferma Vincenzina Schiavone, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Castelvetro di Modena, che ha citato i suoi primi passi nell’insegnamento: “Ho lavorato nel Parco verde di Caivano, dove la maggior parte degli alunni aveva i genitori in carcere o in comunità”. “Al di là dei problemi che pesavano sulle loro spalle, quei ragazzi– ha osservato – mostravano un entusiasmo e un attaccamento umano che non ho più visto da queste parti, dove il benessere sembra indebolire le relazioni”.
Va infine messa in risalto la speranza intatta dei dirigenti scolastici, nonostante le difficoltà venute a galla durante un confronto durato più di due ore e tutt’altro che formale. Ma l’argomento meritava di essere preso sul serio, come ha detto Antonella De Ienner, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Carpi Zona Centro, perché “anche se non lasciamo loro (ai ragazzi, ndr) il migliore dei mondi, abbiamo il dovere di non lasciarne indietro neanche uno: altrimenti perdiamo il futuro”.