Nelle celebrazioni del 3 aprile, Venerdì Santo, il Vescovo monsignor Francesco Cavina ha voluto ricordare in modo particolare nella preghiera quanti nel mondo vengono uccisi a causa della fede in Cristo. “Non possiamo fare memoria della Passione del Signore se non facciamo memoria di questi nostri fratelli perseguitati” così il Vescovo ha introdotto l’omelia, nella quale si è soffermato sul mistero della croce visto attraverso il racconto dell’Evangelista Giovanni. “La croce agli occhi del mondo appare, e non può essere diversamente, come un terribile strumento di tortura e di morte – ha affermato -. E’ quanto di più debole, ignobile e disprezzato si possa pensare. Contraddice ai nostri desideri di potenza, di prestigio e di grandezza. L’Evangelista Giovanni al contrario, vede la croce come l’esaltazione di Cristo, il compimento delle parole che Cristo aveva detto: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me»”. Infatti, nel racconto proclamato durante la liturgia “ciò che emerge è la dignità di Gesù – ha spiegato monsignor Cavina – la totale libertà con cui si consegna alla morte, l’aspetto di trionfo, di vittoria sul male, di regalità. Non è un caso che i termini «re» e «regno» ricorrono per ben 15 volte e che Pilato credeva di prendere in giro Gesù presentandolo con una «corona di spine» e con addosso «un mantello di porpora». In realtà – ha sottolineato – non faceva che esprimere il sorprendente disegno di Dio, che dall’eternità aveva predestinato il Suo Figlio come re dell’universo, il Crocifisso risorto”.