La nascita del Figlio di Dio nella carne avviene al tempo dell’imperatore romano Cesare Ottaviano, il quale, nell’anno 27 prima di Cristo, si era fatto attribuire dal Senato il titolo di Augusto che significa “degno di adorazione” e quindi pretendeva che gli fosse tributato il culto riservato alla divinità. Era un uomo il cui potere influenzava il mondo e smuoveva a suo piacimento le folle. Ecco il censimento.
Oggi non esiste più l’Imperatore Ottaviano Augusto, ma i pretendenti ad occupare il posto riservato a Dio e a volere decidere delle sorti dell’umanità sono forse aumentati, pensiamo ad esempio allo strapotere dei social network, che a parere di uno dei fondatori “stanno lacerando il tessuto sociale” e limitano la possibilità di operare scelte libere e consapevoli perché ci “stanno programmando” (Chamat Palihapitiya).
“Dio solo sa che danni stanno provocando alle menti dei nostri ragazzi” ha dichiarato un altro manager (Sean Parker). A questo mondo, dove c’è sempre qualcuno che pretende di avere il controllo sugli altri, Dio risponde inviando il suo Figlio perché l’uomo possa ritrovare la sua libertà. Nella piccola cittadina di Betlemme nell’indifferenza totale, nella povertà di una stalla – “non c’era posto per loro nell’albergo” – e nella debolezza della carne di un bambino, che in tutto deve dipendere dai suoi genitori, nasce il Messia, il Signore del mondo, il Figlio dell’Altissimo, Dio lui stesso. Il più grande fatto della storia accade lontano dai riflettori della mondanità, nel più assoluto nascondimento e silenzio. Si tratta di una autentica provocazione a tutti i poteri di questo mondo che hanno fondato e fondano il loro potere sulla forza, sulla violenza, sull’apparenza, sul sopruso.
La vera identità di questo bambino è rivelata non a coloro che credono di avere in mano le sorti dell’umanità e si ritengono i depositari dei destini dell’umanità, ma a persone – i pastori – che erano considerate prive di dignità e lontane da Dio perché non rispettavano la legge. Gli angeli che si presentano a loro annunciano una notizia inattesa e sorprendente, che è motivo di grande gioia. E’ nato il Salvatore, il Messia e il Signore. Nel corso della storia molti si sono presentati chiedendo di essere riconosciuti come salvatori e in grado di portare al mondo giustizia, pace e amore. In realtà le loro promesse si sono trasformate in ulteriori sofferenze per l’umanità. C’è un solo Salvatore, Cristo Gesù, il quale, come dice San Paolo, non ha considerato “un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio”. Ha cioè rinunciato alla gloria e alla potenza derivante dalla sua divinità per assumere la nostra condizione umana e rivestirsi della nostra debolezza e fragilità, per renderci partecipe della sua vita divina e quindi della sua immortalità. Con il Signore in mezzo a noi non c’è più buio, incertezza, ansia, ma luce, ferma speranza e gioia perché Dio ha preso in mano definitivamente la nostra storia personale e quella dell’umanità. I pastori, che hanno accolto con gioia l’annuncio della nascita del Figlio di Dio, si sono recati in fretta a Betlemme, portando i loro doni al Bambino, alla Vergine Maria e a San Giuseppe.
Hanno portato quello che avevano a disposizione. Neppure noi questa notte possiamo presentarci davanti a Gesù a mani vuote. Chiediamoci: che cosa porto io a Gesù? Che cosa il Signore può gradire da me? Che cosa si attende da me? Al termine della Santa Messa ci accosteremo a baciare il Bambino divino. Si tratta di un gesto semplice, ma carico di significato. Si baciano le persone che si amano. Ebbene con questo bacio vogliamo dire a Cristo il nostro amore e ringraziarlo perché con la sua venuta tra noi ha dato compimento al nostro desiderio di beatitudine e di pienezza di essere.
+ Francesco Cavina