La Cattedrale rinata dopo il sisma, si è mostrata ancora una volta in tutto il suo splendore, durante la celebrazione delle Sante Messe del 6 e 7 gennaio, trasmesse in diretta dai Rai Uno, nel corso del programma “A Sua Immagine”. Oltre 500 i fedeli che hanno partecipato ad ogni celebrazione: moltissimi, considerando che, per ragioni tecnico-televisive, le due navate laterali erano state chiuse al pubblico. L’Eucarestia è stata presieduta in entrambe le festività dal Vescovo monsignor Francesco Cavina; con lui hanno celebrato don Massimo Dotti, parroco della Cattedrale e monsignor Rino Bottecchi, parroco emerito, il 6 gennaio nella solennità dell’Epifania. Il giorno dopo, nella festa del Battesimo di Gesù, hanno concelebrato don Ermanno Caccia, direttore dell’Ufficio stampa della Diocesi e del settimanale Notizie, nonché parroco di Mortizzuolo e don Marek Konieczny, parroco di Vallalta. Presenti alle celebrazioni anche don Andrzej Wiska, vicario parrocchiale della Cattedrale, e don Enrico Caffari, don Mauro Pancera e don Emiddio Voli, ordinati sacerdoti proprio un anno fa. Il servizio liturgico è stato prestato dai seminaristi e dai ministranti della Diocesi mentre la parte musicale è stata eseguita dalle corali riunite, dirette dal maestro Tiziana Santini, mentre all’organo c’era il maestro Alessandro Pivetti. La regia della trasmissione è stata affidata a Simone Chiappetta e a Gianni Epifani. Le celebrazioni sono state viste con particolare emozione anche da cittadini italiani residenti all’estero, ad esempio a Madrid
6 gennaio Epifania del Signore
Il bambino nato a Betlemme, che noi abbiamo contemplato e adorato il giorno di Natale, non è solo il Messia destinato al popolo d’Israele, ma è dono di Dio all’umanità. É il desiderato e il cercato dei popoli, “perché con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” (GS 22) ed è divenuto “luce per illuminare le genti”. I Magi, che giungono a portare i loro doni costituiscono la primizia e l’inizio dell’adorazione universale di Gesù Cristo, unico e insostituibile Salvatore del mondo. I Magi giungono a Betlemme perché vedono un segno, una stella che interpretano come una chiamata silenziosa e irresistibile a dirigersi verso il Signore. Una stella che non è più sparita dall’orizzonte dell’umanità. Ora, infatti, è la Chiesa ad indicare Cristo. É mediante la predicazione del Vangelo, la celebrazione dei sacramenti e l’esercizio della carità che essa annunzia e rende presente il Signore agli uomini, perché tutti sono chiamati a divenire, in Cristo Gesù, fi gli di Dio e partecipi della sua eredità, la vita eterna. La conoscenza di Cristo, dunque, “è per tutti obiettivamente liberante”. Diversi sono i modi di rapportarsi con il Figlio di Dio nato nella carne. I Magi rappresentano coloro che cercano il Signore sinceramente e desiderano rendergli omaggio; gli scribi coloro che rimangono indifferenti davanti alla sua venuta; Erode è il prototipo di coloro che vedono in Gesù una minaccia per la propria vita ed il proprio potere e fanno di tutto per eliminarlo. L’annuncio post-pasquale di Cristo morto e risorto da parte della Chiesa si trova a confrontarsi con persone di questo tipo. Infatti, riconoscimento gioioso, indifferenza e costante persecuzione accompagnano da sempre l’annuncio del Vangelo. La ricerca di Cristo e l’adesione alla sua Persona richiedono coraggio e perseveranza, ma si tratta di un cammino che viene abbondantemente ricompensato. Infatti, l’incontro con Cristo nella sua Chiesa porta frutti abbondanti perché cambia e arricchisce la vita. La fede, insegna San Pietro, è come una stella del mattino “che si leva nei nostri cuori” (2 Pt 1.19) che dona senso, apre prospettive inaspettate, indica la strada per raggiungere il fine per il quale l’uomo è stato creato, e cioè la comunione con Dio. Le antiche rappresentazioni dell’Epifania hanno portato la tradizione popolare a ritenere che i Magi fossero tre: uno giovane, uno nella piena maturità e uno anziano. In questo modo si è voluto sottolineare che tutte le età della vita e gli uomini di tutti i continenti sono chiamati all’incontro con il Signore per godere della Sua amicizia. Non dobbiamo spaventarci di fronte alle difficoltà. Scrive Sant’Agostino: “Forse tenti di camminare, e ti dolgono i piedi e ti dolgono perché… hai percorso duri sentieri. Ma il Verbo di Dio è venuto a guarire anche gli storpi. Ecco, dici, io ho i piedi sani, ma non riesco a vedere la via. Ebbene, egli ha illuminato anche i ciechi” (Commento a Gv 39,4). I Magi “entrati nella casa videro il bambino con Maria sua madre, prostratisi lo adorarono”. Anche noi, nella celebrazione di questa Eucarestia, vogliamo inginocchiarci davanti a Gesù, il Dio nascosto, e dirgli tutto il nostro amore e il desiderio di accoglierlo nella nostra vita e di portarlo ai fratelli. Perché Cristo è tutto. É la via; è la meta; è la forza che ci fa camminare; è il Paradiso qui e domani.
Il bambino nato a Betlemme, che noi abbiamo contemplato e adorato il giorno di Natale, non è solo il Messia destinato al popolo d’Israele, ma è dono di Dio all’umanità. É il desiderato e il cercato dei popoli, “perché con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” (GS 22) ed è divenuto “luce per illuminare le genti”. I Magi, che giungono a portare i loro doni costituiscono la primizia e l’inizio dell’adorazione universale di Gesù Cristo, unico e insostituibile Salvatore del mondo. I Magi giungono a Betlemme perché vedono un segno, una stella che interpretano come una chiamata silenziosa e irresistibile a dirigersi verso il Signore. Una stella che non è più sparita dall’orizzonte dell’umanità. Ora, infatti, è la Chiesa ad indicare Cristo. É mediante la predicazione del Vangelo, la celebrazione dei sacramenti e l’esercizio della carità che essa annunzia e rende presente il Signore agli uomini, perché tutti sono chiamati a divenire, in Cristo Gesù, fi gli di Dio e partecipi della sua eredità, la vita eterna. La conoscenza di Cristo, dunque, “è per tutti obiettivamente liberante”. Diversi sono i modi di rapportarsi con il Figlio di Dio nato nella carne. I Magi rappresentano coloro che cercano il Signore sinceramente e desiderano rendergli omaggio; gli scribi coloro che rimangono indifferenti davanti alla sua venuta; Erode è il prototipo di coloro che vedono in Gesù una minaccia per la propria vita ed il proprio potere e fanno di tutto per eliminarlo. L’annuncio post-pasquale di Cristo morto e risorto da parte della Chiesa si trova a confrontarsi con persone di questo tipo. Infatti, riconoscimento gioioso, indifferenza e costante persecuzione accompagnano da sempre l’annuncio del Vangelo. La ricerca di Cristo e l’adesione alla sua Persona richiedono coraggio e perseveranza, ma si tratta di un cammino che viene abbondantemente ricompensato. Infatti, l’incontro con Cristo nella sua Chiesa porta frutti abbondanti perché cambia e arricchisce la vita. La fede, insegna San Pietro, è come una stella del mattino “che si leva nei nostri cuori” (2 Pt 1.19) che dona senso, apre prospettive inaspettate, indica la strada per raggiungere il fine per il quale l’uomo è stato creato, e cioè la comunione con Dio. Le antiche rappresentazioni dell’Epifania hanno portato la tradizione popolare a ritenere che i Magi fossero tre: uno giovane, uno nella piena maturità e uno anziano. In questo modo si è voluto sottolineare che tutte le età della vita e gli uomini di tutti i continenti sono chiamati all’incontro con il Signore per godere della Sua amicizia. Non dobbiamo spaventarci di fronte alle difficoltà. Scrive Sant’Agostino: “Forse tenti di camminare, e ti dolgono i piedi e ti dolgono perché… hai percorso duri sentieri. Ma il Verbo di Dio è venuto a guarire anche gli storpi. Ecco, dici, io ho i piedi sani, ma non riesco a vedere la via. Ebbene, egli ha illuminato anche i ciechi” (Commento a Gv 39,4). I Magi “entrati nella casa videro il bambino con Maria sua madre, prostratisi lo adorarono”. Anche noi, nella celebrazione di questa Eucarestia, vogliamo inginocchiarci davanti a Gesù, il Dio nascosto, e dirgli tutto il nostro amore e il desiderio di accoglierlo nella nostra vita e di portarlo ai fratelli. Perché Cristo è tutto. É la via; è la meta; è la forza che ci fa camminare; è il Paradiso qui e domani.
+ Francesco Cavina
7 gennaio Battesimo di Gesù
Nella solennità di oggi contempliamo il Battesimo di Gesù. Si tratta della prima azione pubblica di Cristo. Il Figlio di Dio, che è divenuto in tutto simile a noi eccetto il peccato, si presenta, confuso tra i peccatori, per ricevere il battesimo di conversione dato da Giovanni il Battista. Il Signore, con questo gesto, manifesta la sua piena solidarietà con l’umanità peccatrice. L’evangelista racconta che quando Gesù esce dall’acqua vede i cieli aperti. Si tratta di un’espressione che intende sottolineare una stupenda realtà. I cieli, identificati come il “luogo” di Dio, si erano chiusi a causa del peccato dell’uomo, ora, con la venuta del Figlio di Dio, tornano ad aprirsi e l’uomo ha di nuovo accesso al Padre. Con il battesimo di Gesù “inizia una storia nuova”, perché Dio entra nella nostra esistenza umile e quotidiana per portare il perdono e quindi la riconciliazione. Mentre il cielo è aperto, su Gesù vengono pronunciate dalla stessa voce di Dio parole inaudite: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Questo uomo sconosciuto, dunque, non è un uomo qualunque. Porta in sé un segreto: è il Figlio amato ed unico di Dio, che è venuto a portare la vita in abbondanza perché è in grado di guarire l’uomo nel corpo e nello spirito e di donare la vita eterna. Nel battesimo al fiume Giordano la Chiesa vede una preparazione del sacramento del Battesimo cristiano, che il Signore istituisce dopo la sua morte e la resurrezione. Nel Battesimo Cristo, che agisce mediante lo Spirito Santo, ci viene incontro, ci libera dal peccato, ci fa rinascere a vita nuova perché la nostra esistenza invoca una pienezza, una salvezza che solo Dio può dare. Con il Battesimo si entra a fare parte della Chiesa, che si presenta a noi come famiglia dei fi gli di Dio, come una comunità di fratelli e di sorelle che può rivolgersi a Dio chiamandolo “Padre nostro”, come un popolo, che ha come fi ne il regno di Dio, come condizione la libertà dei fi gli di Dio, come statuto il precetto dell’amore. Per questa ragione San Giovanni nella seconda lettura ci ricorda: Questa è la nostra vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. Infatti, solo l’amicizia con Gesù off re criteri nuovi per valutare le scelte della vita e sperimentare ciò che è bello e ciò che dona vera libertà: l’amore di Dio, il quale ci fa uscire dal nostro egoismo. Anche a noi, nel giorno del Battesimo Dio ha detto: “Tu sei mio figlio”. L’uomo acquista con il Battesimo una dignità inattesa, smisurata e proprio per questo è chiamato a divenire santo, cioè a vivere in conformità alla dignità che gli è off erta. Sono figlio di Dio! La conseguenza di questa vita nuova che ci è donata è la nostra divinizzazione. Si tratta di una realtà stupenda sulla quale dovremmo soffermarci spesso. Poiché io sono figlio, Dio mi conosce, mi ama, mi accompagna nel cammino della vita. Io non sono abbandonato a me stesso. Ho la possibilità di vivere con Lui l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo. Non c’è infatti, niente di più grande che conoscere Gesù e comunicare agli altri l’amicizia con Lui. Come? Ricordandoci una verità molto semplice che ci viene dalla tradizione spirituale della Chiesa: “Nella Chiesa vale e agisce di più non chi si agita di più, non chi parla di più, o chi richiama o reclama maggiore attenzione, ma chi crede e ama di più”. Afferma Sant’Agostino: “il giogo di Cristo è soave, per chi ama; duro per chi non ama”. Il cristianesimo, in definitiva, è facile con l’aiuto della grazia, della preghiera, dei sacramenti e per chi sa volere ed amare. In questa Eucarestia, dove il Signore continua ad amarci attraverso il dono del suo Corpo e del suo Sangue, gli vogliamo chiedere di farci vivere questa felice esperienza: rendere facile, mediante l’amore, la nostra vita cristiana.
+ Francesco Cavina