Anziani, nuovi modelli di cura nel dopo pandemia

Anziani e pandemia: come hanno reagito e come cambieranno le attività, secondo Alessandra Cavazzoni, direttore di Asp Terre d’Argine

Per comprendere quale sarà “la condizione degli anziani dopo la pandemia”, come recita il titolo del documento pubblicato dalla Pontificia Accademia per la vita (Pav), d’intesa con il Dicastero per lo sviluppo umano integrale, occorre partire da chi quotidianamente è a contatto con gli anziani, per comprendere quali possibili insegnamenti possono essere tratti dalla tragedia causata dalla diffusione del Covid-19, quali sue conseguenze per l’oggi e per il prossimo futuro delle nostre società. Alessandra Cavazzoni, direttore di Asp (Azienda dei Servizi alla Persona) Terre d’Argine interviene sul tema.

Anziani e Covid: come valuta questo “binomio”?
Da questa pandemia è emersa ancora più evidente una certezza: gli anziani sono molto forti. Hanno reagito e ancora stanno reagendo bene. Dagli ospiti delle Case Residenze o che frequentano i Centri diurni stiamo imparando tanto: da loro traiamo molta forza. Certo, sentono il peso della situazione, la mancanza dei familiari, la percezione che le cose sono diverse da prima: ma non sono “disperati”, come si potrebbe immaginare. Hanno molto da insegnare, sono sempre riconoscenti per quello che si fa per loro, e trasmettono a tutti noi tanta energia.

Che clima si respira nelle strutture: normalità o emergenza?
Il personale della Cra porta avanti con gli ospiti la stessa relazione di sempre: si fa festa, si ricordano gli accadimenti, gli eventi, come il carnevale, i compleanni. Certo, con modalità diverse imposte dall’emergenza sanitaria, ossia divisi in piccoli nuclei che non si devono incontrare tra di loro. Questa è la parvenza di normalità che cerchiamo di dare. Poi c’è l’altro aspetto: la paura di contagiarli. Loro capiscono la situazione, anche se con sofferenza: il fatto che non ci siano più visite e che gli operatori siano “bardati” in un certo modo, così come il dovere stare in quarantena per almeno quindici giorni in determinate situazioni. Il personale spiega le ragioni di ogni cosa e loro sono pazienti, comprendono.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che nella primavera 2020 la metà dei decessi per Coronavirus è avvenuta nelle case di cura. La famiglia invece, a parità di condizioni, ha protetto di più gli anziani.
Gli anziani che vivono da soli o in un nucleo familiare sono stati da subito isolati rispetto a quelli che risiedono in una comunità. Questi ultimi, essendo a contatto con più persone, erano più fragili ed esposti. A marzo 2020, quando ancora poco si sapeva di questo virus, ci sono state le prime positività alla Cra di Carpi Tenente Marchi (di cui è coordinatore responsabile la dottoressa Simona Pioppi, ndr), dell’Asp Terre d’Argine e abbiamo attivato immediatamente tutte le procedure. Il confronto con il personale e l’equipe era continuo per cercare di individuare idee, soluzioni, progetti da attuare. Una volta tornati struttura “Covid free”, abbiamo chiesto ad alcune famiglie se preferissero portare a casa i loro cari, per metterli ancora più al sicuro dal rischio di una nuova ondata. Nessuna famiglia ha accettato, all’unisono hanno risposto: “Ci fidiamo di voi e di quello che state facendo per loro”.