Omelia nella solennità del Corpus Domini
Ricordo del Beato Odoardo Focherini
- “Il dolore con i suoi aculei ha accerchiato i nostri cuori”
La lettera che il nostro beato Odoardo scrisse a Maria il 27/28 luglio del ’44, inserita nell’ufficio di letture della sua memoria liturgica, può essere considerarla un meraviglioso commento alla Parola di questa Solennità del Corpo e del Sangue del Signore. Di per sé, quindi, mi potrei sentire autorizzato a rimandarvi a quella e non aggiungere altro. Tuttavia è doveroso che io faccia qualche considerazione orientata a congiungere la festa del Corpus Domini che in tutta la Chiesa oggi e domani si celebra, alla figura del nostro Odoardo. E devo dire che questa operazione di collegamento non è difficile. Lo favorisce il ripetuto richiamo, nella lettera, al tema dell’offerta di sé, del sacrificio, della prova del martirio di cui forse inconsciamente Odoardo sentiva ormai vicino il compimento.
Nella lettera infatti Odoardo scriveva: “Doveva esserci per i nostri cuori questa prova doppiamente spinosa per farci reciprocamente conoscere e avvicinare di più; avevamo forse bisogno che il dolore con i suoi aculei cerchiasse i nostri cuori per riunirci di più, per compenetrarli ancora di più, per saldare la indissolubilità”. E’ esattamente quello che vuol dire il Signore quando a tavola – come abbiamo ascoltato nel brano evangelico (Cfr Mc 14, 12-16.22-26) – prendendo il pane e il calice del vino, afferma: “questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue versato per molti…”. Questa è la nuova alleanza, quell’alleanza che lega ancora di più i cuori: quello di Dio e quello del suo popolo, il nuovo popolo di Dio, la Chiesa. Rifletterà più avanti san Paolo: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 25-27).
La “prova spinosa” di cui parla Odoardo è la terribile esperienza della prigionia, e, in prospettiva, il sacrificio della sua vita, che egli ancora non intravvede ma che forse già in qualche modo si presenta davanti ai suoi occhi e al suo cuore. In lui è forte la consapevolezza che un’eventualità del genere possa accadere e che potrà cementare ancora di più la sua unione con Maria e coi suoi figli.
E’ questo il senso dell’antico rito secondo il quale il sangue di tori e di capri sparso sull’altare unisce indissolubilmente Dio e il popolo: “Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!»” (Es 24, 8). E ancora più è il senso del nuovo rito in base al quale non più il sangue di “capri e di vitelli”, ma quello di Cristo che “mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio” (Eb 9, ), ha cementato per sempre l’unione del popolo con Dio. Per cui, dopo il sacrificio di Cristo, niente potrà più separare l’uomo dall’amore di Dio come ben commenta san Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8, 35-39).
Come vorremmo poter dire anche di noi, comunità cristiana, quello che Odoardo disse circa la sua relazione con Maria: “Il dolore con i suoi aculei ha accerchiato i nostri cuori”. Il farci dono gli uni gli altri, nel sacrificio personale del dono di sé, ci unisce strettamente, consolida la nostra carità, rafforza la nostra comunione.
- “Il Signore è con noi e noi fidiamo in lui”.
“Il Signore è con noi e noi fidiamo in lui”. A chiusura della lettera, c’è questa bella espressione di fede che sostiene tutto il percorso spirituale di Odoardo. “Il Signore è con noi e noi fidiamo in lui”. Perché Cristo ha voluto darci l’Eucaristia se non per rimanere sempre con noi? Insegna il nostro Catechismo: “Poiché stava per lasciare i suoi nel suo aspetto visibile, (Cristo) ha voluto donarci la sua presenza sacramentale; poiché stava per offrirsi sulla croce per la nostra salvezza, ha voluto che noi avessimo il memoriale dell’amore con il quale ci ha amati “sino alla fine” (Gv 13,1 ), fino al dono della propria vita. Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come colui che ci ha amati e che ha dato se stesso per noi, e vi rimane sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore” (CCC, 1380).
In un’altra lettera, il 4 settembre del ’44, dal campo di Gries a Bolzano, Odoardo scrisse: “L’amore infinito che vince tutte le difficoltà”. L’amore infinito è il suo per Maria, per i figli, per la Chiesa, per il papa. Un amore umano totale ed esclusivo che ricopia quello di Cristo, che ha voluto rimanere con noi nel segno del pane e del vino consacrati: testimonianza perenne del suo Amore infinito per la sua Chiesa.
+ Douglas Regattieri