Marco Sirotti, psicologo e psicoterapeuta, coordinatore dell’area dipendenze del Ceis, spiega l’attuale funzionamento delle Comunità terapeutiche
La droga oggi si compra ovunque, anche sul web, e si consuma ovunque. Per questo è urgente non abbassare la guardia». Marco Sirotti, psicologo e psicoterapeuta, da 25 anni è nel mondo delle comunità di recupero e attualmente è il coordinatore dell’area dipendenze del Ceis (Centro di Solidarietà, nato a Modena nel 1982, diventato poi Fondazione Ceis Onlus), tutti servizi convenzionati con il SerT.
Su Modena ci sono quattro comunità terapeutiche, tra cui una specifica per madri e figli, una struttura semi residenziale e il servizio ambulatoriale.
Dottore qual è oggi il ruolo delle comunità terapeutiche?
Per uscire dalla tossicodipendenza un trattamento farmacologico o puramente medico della durata di 2/3 settimane non è sufficiente: dopo quel primo “impatto” è necessario un percorso di rieducazione della persona.
Cosa intende con “rieducazione”?
La droga detta il ritmo della vita di chi ne è dipendente. In comunità aiutiamo i ragazzi a rimettere al centro se stessi. L’utente deve essere rieducato a riprendere in mano la sua vita, le proprie abitudini. Chi fa uso di droga organizza la propria esistenza intorno all’assunzione della sostanza. Quello è il perno. Per disintossicarsi devono prendersi nuovamente cura di sé: le Comunità servono appunto ad aiutarle in questo percorso e a ristabilire il giusto ritmo di vita che prima era stata stravolta, con cadenze definite. Alzarsi alla mattina, curare la propria igiene personale, avere uno stile di vita sano. Le sostanze…