Servo mite e fedele a Dio e alla Chiesa
Alle esequie di don Silvano Rettighieri, per suo espresso desiderio, celebrate presso la parrocchia natale di San Possidonio, ha partecipato, nel pomeriggio dello scorso 31 ottobre, una folla commossa di persone, provenienti dalle diverse parrocchie dove il sacerdote ha prestato servizio. Presieduta dal Vescovo monsignor Francesco Cavina, la liturgia è stata concelebrata dai Vescovi monsignor Elio Tinti e monsignor Douglas Regattieri, oltre che dai confratelli presbiteri della Diocesi. Presenti anche i famigliari di don Rettighieri, fra cui una nipote che ha ricordato in particolare un tratto caratteristico dello zio, la delicatezza e la premura con cui non mancava mai di rendersi vicino in ogni compleanno e ricorrenza. Sempre per sua volontà, il sacerdote è stato sepolto accanto ai genitori nel cimitero di San Possidonio.
Nella mattinata di venerdì 28 ottobre scorso il Signore ha chiamato a sé don Silvano Rettighieri, ricoverato a Baggiovara da qualche settimana per una patologia endocrina andata sempre peggiorando. Nato a San Possidonio il 12 gennaio 1939, in località “torre”, da Giuseppe e Letizia Pederzoli, Silvano è battezzato il 12 marzo 1939 (giorno dell’incoronazione di Pio XII) da don Enrico Bussetti, prevosto di San Possidonio. Cresciuto in una famiglia cristiana ed educato ai principi della fede, accetta di seguire Gesù, di rispondere generosamente alla sua chiamata e di far proprio il suo stile di vita di obbedienza e di servizio. Entra in Seminario a Carpi e, completato l’iter di studi, viene ordinato presbitero a San Possidonio il 29 giugno 1964 per l’imposizione delle mani e la preghiera del Vescovo Artemio Prati; nella stessa mattinata celebra la prima messa solenne in canto – accompagnata dalla corale di Rolo diretta da don Umberto Borghi, già cappellano a Rovereto – a Rovereto di Novi, sua parrocchia di adozione. Nello stesso anno diventa vicario parrocchiale a Quarantoli da dove, il 27 giugno, passa a Mirandola per i tre mesi estivi in aiuto al parroco.
Il 1 ottobre 1965 è vicario parrocchiale a Novi dove rimane fino al 2 ottobre dell’anno successivo per passare poi a ricoprire lo stesso ufficio nella parrocchia di San Bernardino Realino in Carpi; nel contempo è anche insegnante di religione alle scuole medie “Sacro Cuore”. Dal 5 giugno 1970 è economo spirituale a San Bernardino e prepara l’ingresso del nuovo parroco, don Angelo Chiossi. Gli viene affidato il compito di insegnante di religione presso l’Istituto Nazareno, unitamente alla presidenza dell’Unitalsi. In questi anni ricopre anche l’ufficio di cappellano festivo a Quarantoli.
Il 7 ottobre 1972 è a Mirandola dove dal gennaio dell’anno successivo diventa assistente degli scout, prima nell’Asci e nell’Agi, poi nell’Agesci fino al 1987; di questo periodo don Silvano conservava un piacevole e indelebile ricordo e quando capitava sull’argomento non mancava di sottolineare ai presenti una certa nostalgia per quegli anni trascorsi in mezzo ai giovani.
Per un anno (1987-1988) è parroco a Gargallo e amministratore parrocchiale a Panzano; ritorna poi a Mirandola a disposizione delle parrocchie del vicariato. Si rende disponibile a Santa Caterina di Concordia e a San Martino Spino in qualità di delegato vescovile fino a quando lo raggiunge la nomina di parroco a Santa Giustina Vigona e amministratore parrocchiale di Tramuschio (1992), ufficio che ha ricoperto con zelo pastorale e paterno amore fino alla chiamata all’eternità, spendendosi totalmente per le due comunità parrocchiali.
Di carattere schivo e riservato don Silvano manifestava acume ed intelligenza, uniti a umile e pacata indole, che facevano di lui una persona stimata ed apprezzata nel tratto e nel carattere. Fedele al Signore e alla Chiesa, obbediente ai superiori e ligio nell’esercizio del ministero, a volte eccedeva per scrupolosità e perseveranza, che gli procuravano trepidazione e preoccupazioni; una volta superato il problema ritornava un sorriso sincero ed uno sguardo soddisfatto, il più bel grazie per un aiuto ricevuto. Ci piace ricordare di lui questo delicato modo di accostarsi al prossimo, con quella particolare mitezza che rende tutto più facile e naturale. Lo pensiamo già nella Gloria del suo Signore, che ha servito fedelmente per oltre cinquant’anni nella povertà e nella riservatezza.
Andrea Beltrami
Don Silvano nel ricordo del Vicario generale
Se don Silvano potesse parlare, chiederebbe di mantenere il riserbo sulle tante vicende vissute insieme, quando, direi con affetto, confidava – pronuncio le parole una ad una – le sue fatiche, la sua timidezza, le incertezze, qualche paura davanti all’imprevisto, la sua ritrosia a che si parlasse di lui, il suo timore di essere chiamato ad assumere le responsabilità impegnative. Sono stato testimone – certo non unico – anche di tanti momenti di gioia, di vera letizia nell’adempimento dei suoi impegni pastorali. Cito – solo come esempio – il suo entusiasmo quando ritornava dai corsi di cristianità. Don Silvano non vorrebbe che si parlasse della sua fedeltà alle promesse fatte. Fedeltà: nella preghiera, nella celebrazione dei sacramenti, nell’ascolto delle persone e delle loro difficoltà. Aveva un modo delicato, quasi timido, di avvicinare le persone; l’atmosfera più vera, più profonda del suo animo era la mitezza. Sono certo di aver oltrepassato la misura da lui desiderata e preferisco fermarmi qui. Guardo la vita di don Silvano dentro le parole di Vangelo. Credo che Gesù lo accolga con queste parole: “Venite a me voi tutti che siete nella fatica, io vi darò ristoro”. E subito dopo queste altre parole: “Bene, servo buono e fedele, tu sei stato fedele nel poco, nelle piccole vicende quotidiane. Ora prendi parte alla mia stessa gioia”. Ciao, don Silvano. Porta a Gesù il nostro grazie: per te, per la tua vita fra noi.
Don Carlo Malavasi