Editoriale del n.11 del 22 marzo 2015

Cose dell’altro mondo
Per sette volte è risuonata la parola misericordia nell’Angelus che Papa Francesco ha pronunciato domenica 15 marzo. È la parola dell’Anno Santo, la stessa che scelse Angelo Roncalli, aprendo il Concilio, l’11 ottobre 1962, per dire il compito che spetta alla Chiesa, la quale, di fronte alle difficoltà del tempo e alle sfide che si trova a vivere, preferisce usare ‘la medicina della misericordia’. Una Chiesa, scriveva Paolo VI, che ‘deve farsi dialogo, conversazione’, che deve guardare ‘con immensa simpatia al mondo perché, se anche il mondo sembra estraneo al cristianesimo, la Chiesa non può sentirsi estranea al mondo’.  
Non viene certo in mente questa parola se guardiamo alle persecuzioni dei cristiani, alle ingiustizie sociali, alla corruzione e alla mafia che non conoscono battute d’arresto; la tentazione è di prendere le distanze, quasi fossero ‘cose dell’altro mondo’. Ma poi tutti preferiamo risparmiare e fare ‘un po’ di nero’, stare lontano dai poveri e non impegnarci per la pace, non pregare e non leggere il Vangelo, non cercare il perdono e non annunciarlo perché, in fondo, non tutti se lo meritano.
La misericordia ‘nutre’ la fame e sete di giustizia, se il Papa ‘ che assume come categoria teologica attraverso la quale guardare l’intera realtà le persone che sembrano dimenticate dallo sguardo di Dio, e che ci porta con sé nei luoghi di massima povertà e lontananza dal ‘centro’ ‘ ce la indica come cammino. Misericordia e verità si incontreranno mai davvero? Se non cerchiamo e sperimentiamo la povertà, se non ci apriamo a un Altro che ci tenda la mano, se non viviamo la misericordia insomma, dei poveri, della pace, della giustizia, della verità del Vangelo continueremo a non sapere che cosa fare e cosa dire. 
Con l’Anno Santo straordinario siamo invitati a portare l’annuncio della misericordia di Dio fino agli estremi confini della terra: così come lo sguardo missionario pervade ogni pagina dell’Evangelii Gaudium, esso deve infiammare il cuore e guidare la conversione di ciascuno, affinché atteggiamenti, gesti e parole possano non solo comunicare, ma attrarre ‘ la Chiesa cresce non per proselitismo, ma per attrazione ‘ tutti coloro che sono in attesa di una gioia grande. E, nuovamente, anche noi.    
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