Editoriale del n. 24 del 23 giugno 2013


Beato Odoardo Focherini “patrono” della ricostruzione 
 

Un anno fa la visita di Benedetto XVI
 

La fatica val più  dell’opera

di Luigi Lamma

 

Alle volte “un’immagine vale più di mille discorsi”, dice Nelson Mandela nel film Invictus davanti alla tv che riprende i rugbisti bianchi nei campi delle periferie circondati da nugoli di bambini neri nel Sud Africa di fine apartheid. Lo stesso effetto è rimasto in chi ha partecipato o ha seguito attraverso la diretta televisiva la celebrazione di beatificazione di Odoardo Focherini: immagini che hanno trasmesso un senso di pace e di unità, di bellezza e di armonia e insieme il messaggio forte che vale la pena spendere la vita per amore di Cristo e dei fratelli. Un giornale in queste occasioni necessariamente si riempie di ‘discorsi’ per raccontare, per documentare, per lasciare traccia ma anche per interpretare, leggere tra le pieghe della cronaca o delle parole ufficiali ciò che più vale la pena trattenere. Perché ciò che non deve accadere ora è che ‘passi la festa’, che si lascino cadere tutte le molteplici sollecitazioni ad intraprendere il cammino di una santità di vita che l’esempio di Odoardo Focherini ha portato in luce. Ci è stato affidato un tesoro non tanto da custodire e da ammirare quanto piuttosto da mettere a frutto. 
Ad una piazza gremita di ‘pietre vive’ che lodavano Dio e si cibavano alla mensa della Parola e del Pane, faceva da contraltare, muta e triste, la chiesa di pietra, circondata dalle luccicanti impalcature d’acciaio. Più che un’immagine, un segno potente che esprime la natura stessa della Chiesa e dei credenti, il loro essere ‘nel mondo’ ma non ‘del mondo’, animati da una passione smisurata per l’uomo, per il suo desiderio di libertà e di felicità. Come Odoardo, fino alla morte, fedeli a Cristo e ai fratelli.
E’ un tempo di rinascita per la Chiesa di Carpi e la beatificazione di Odoardo Focherini si inserisce a pieno titolo in questo duro e faticoso cammino. ‘Ci lasciamo con una domanda ‘ ha affermato il vescovo Francesco Cavina ‘ ‘Cosa ci portiamo a casa da questa esperienza della beatificazione di Odoardo?’. Io una grande gioia interiore, un sentimento di pace e’una grande speranza per il futuro’ Il beato Odoardo ci darà il coraggio e la forza necessari per continuare nell’opera di ricostruzione spirituale e materiale delle nostre terre’.
Ecco il punto di congiunzione con la realtà. La ricostruzione spirituale e materiale di un popolo e di un territorio non può che ripartire da qui, da questa iniezione di speranza che produce forza e coraggio. Ogni edificio ha bisogno di un solido fondamento. ‘Su questa roccia” come non ricordare, un anno fa il 26 giugno, la visita di Benedetto XVI a Rovereto, accorso come un padre affettuoso sui luoghi del dolore e della distruzione, e le sue parole, ancora scolpite nei cuori, che hanno guidato e sostenuto questo tempo di prova: ‘Affidati al suo Amore che è solido come una roccia’Su questa roccia, con questa ferma speranza, si può costruire, si può ricostruire’.
Con l’amico Giacomo Lampronti, in un dialogo riportato nel volume ‘Mio fratello Odoardo’, il beato Focherini riflette sul senso della fatica e del ricostruire con parole di una straordinaria attualità: ‘Quando hai eretto pietra su pietra, con sacrificio e rinunce, la costruzione che pur deve servire a Dio, una raffica spezza ogni cosa. Ma bisogna non disperare ancora. Bisogna porsi pazientemente all’opera di ricostruzione. Dio vuol dimostrarci così quanto siano labili le nostre povere opere. Può apparire questa una delle tante contraddizioni del Cristianesimo. E racchiude invece una grande verità. La fatica val più dell’opera agli occhi di Dio. L’opera può farci inorgoglire; la fatica rimane il solo titolo di merito davanti al Signore’.
Grazie Beato Odoardo, ‘patrono’ della nostra rinascita.