Pace: di credibile c’è solo la Chiesa
Il campo di quei che sperano
di Luigi Lamma
La massiccia adesione planetaria alla giornata di preghiera e di digiuno per la pace indetta da Papa Francesco per sabato 7 settembre è stata sicuramente anche un’efficace forma di pressione su coloro che in questi giorni stanno valutando un possibile intervento armato in Siria.
Guardando ai due momenti pubblici proposti dalla Diocesi di Carpi non si può che confermare la piena sintonia con le preoccupazioni e con la ferma posizione del Papa per la pace: affluenza record al pellegrinaggio mattutino al santuario della Madonna dell’Aiuto a Santa Croce e chiesa di San Giuseppe gremita di fedeli alla sera per la messa e l’adorazione eucaristica fino alle 24.
Deposte le bandiere arcobaleno il popolo di Dio pare aver compreso che il perseguimento della pace non può essere affidato solo a slanci emotivi o ad affinità estemporanee che vanno in ogni caso ricercate anche tra i non credenti. La lezione impartita da Papa Francesco con la solenne adorazione eucaristica in Piazza San Pietro è chiara: la pace è dono di Dio portato al mondo attraverso il suo Figlio. Di questo occorre essere consapevoli testimoni anche nei confronti di una società che nella sua globalità (politica, economia, cultura) appare distratta e ripiegata sui propri guai o interessi di parte.
La Chiesa ha assunto di fatto la leadership di un nuovo fronte di impegno per la pace, nessun’altra istituzione oggi può caricarsi con altrettanta autorevolezza di questa responsabilità dopo la deflagrazione dei riferimenti ideologici e politici e con le organizzazioni internazionali, ostaggio di veti incrociati tra le nazioni più potenti.
‘Come vorrei ‘ ha detto Papa Francesco, ‘che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace’.
L’invito è rivolto a tutti perché di tutti è il desiderio insopprimibile di vivere in pace e di tutti è il compito di costruire la pace, a partire dal cambiamento delle relazioni interpersonali e comunitarie fino alle relazioni tra gli Stati.
In questi ultimi tempi contraddistinti da sofferenze per la comunità ecclesiale carpigiana, si pensi alla perdita di sacerdoti nel pieno dell’attività pastorale e alla faticosa ricostruzione del post terremoto, l’appello alla virtù della speranza è tanto ricorrente quanto duramente messo alla prova. I fatti degli ultimi giorni, seppur dolorosi, hanno avuto l’effetto di unire i cuori, di consolidare, per mezzo della fede, la speranza, così da poter rispondere con sicurezza all’antica provocazione del Manzoni ‘Campo di quei che sperano; Chiesa del Dio vivente; Dov’eri mai?’.
In questi ultimi tempi contraddistinti da sofferenze per la comunità ecclesiale carpigiana, si pensi alla perdita di sacerdoti nel pieno dell’attività pastorale e alla faticosa ricostruzione del post terremoto, l’appello alla virtù della speranza è tanto ricorrente quanto duramente messo alla prova. I fatti degli ultimi giorni, seppur dolorosi, hanno avuto l’effetto di unire i cuori, di consolidare, per mezzo della fede, la speranza, così da poter rispondere con sicurezza all’antica provocazione del Manzoni ‘Campo di quei che sperano; Chiesa del Dio vivente; Dov’eri mai?’.
Ecco, il piccolo ‘campo di quei che sperano’ della Chiesa di Carpi è più che mai presente, aperto e pronto ad accogliere tutti coloro che desiderano parlare il ‘linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace’.