Editoriale del n. 33 del 29 settembre 2013


La famiglia crocevia delle periferie esistenziali


Distinguere non è discriminare
di Luigi Lamma


Può apparire fuori tempo recuperare oggi, nell’anno 2013, in piena era digitale, dove ogni casa ormai è connessa con il mondo intero grazie alla rete, un’antica prassi, peraltro mai del tutto abbandonata, come la visita alle famiglie. E’ ciò che monsignor Cavina ha individuato come priorità in questo anno pastorale, all’insegna di un ritorno all’essenziale della vita di fede, che non richiede troppi approfondimenti teologici, che peraltro non mancano se si vuole attingere a ciò che di più vivo e attuale propone il magistero della Chiesa. Si può affermare ad esempio che l’enciclica ‘Lumen fidei’, straordinario documento frutto della sintonia tra due Papi, sia stata ormai letta e metabolizzata in tutte le comunità e da tutti i credenti? L’Anno della Fede che si va a concludere non può forse stimolare ancora una ricerca autentica per rafforzare il passo dei credenti nel mondo? Certo i gesti antichi non devono scadere nell’abitudine, vanno innervati di novità, occorre lo sforzo di attualizzare, di aggiornare e non è casuale l’invito ad usare la fantasia, a coinvolgere tutte le componenti del popolo di Dio, religiosi e laici insieme al sacerdote perché no? In questo andare verso la famiglia con il desiderio di immergersi nella vita della gente, ci si incammina a piccoli passi in quello stile missionario che prefigura con insistenza Papa Francesco quando si aspetta una Chiesa capace di ‘uscire da se stessa e andare verso chi non la frequenta, chi se n’è andato o è indifferente’ e non si accontenta di tenere le porte aperte, e anche questo non sempre accade, in attesa di ricevere visite. La famiglia oggi è anche un crocevia delle contraddizioni della società a tutti i livelli, a cominciare dalla latitanza della politica, ben evidenziate dalle conclusioni della Settimana sociale di Torino. C’è un fattore ancora più profondo di crisi, culturale ed etica, che si riverbera sulla famiglia e ne mette in discussione l’identità costitutiva sul piano umano e nella sua dimensione sociale. Occorre ripartire dai fondamentali, dall’unione uomo-donna come struttura di base del matrimonio e della famiglia. C’è da far capire che il matrimonio, quello formato da un maschio e da una femmina, non è la stessa cosa dell’unione di due persone dello stesso sesso e soprattutto bisogna essere consapevoli che ‘distinguere non vuol dire discriminare’. Così come c’è da sperare che non si arrivi ad ‘incriminare, chi sostenga ad esempio che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, o che la dimensione sessuata è un fatto di natura e non di cultura’.
Avvicinarsi alle periferie esistenziali in cui sono immerse tante famiglie vuol dire sentire l’urgenza di ripristinare prima di tutto l’alfabeto delle relazioni umane secondo il disegno originario di Dio, senza atteggiamenti rassegnati o evasivi di fronte alla pervasività della mentalità comune del ‘così fan tutti’ e del politicamente scorretto. Allora si parte sorretti da una solida speranza… bussate e vi sarà aperto.