Editoriale del n. 40 del 16 novembre 2014

I giovani islamici e le sfide della democrazia
Insieme per la libertà religiosa
di Luigi Lamma
Nei giorni scorsi si è svolto a Carpi un convegno che ha riunito alcune centinaia di giovani provenienti dal nord Italia appartenenti all’organizzazione Giovani musulmani d’Italia (Gmi) che ha una rappresentanza anche in città. E’ una notizia positiva che a livello pubblico emergano con chiarezza ruoli, attività e proposte della comunità islamica pur mettendo in conto che si è di fronte ad una galassia con diverse sensibilità e sfumature sia sotto il profilo strettamente religioso che di appartenenza etnica.
Il fatto che siano i giovani ad uscire allo scoperto è ancora più significativo perché sono quelli, molti nati in Italia, che meglio possono sviluppare un nuovo modello di cittadinanza capace di coniugare l’adesione all’islam ai dettami della pratica religiosa con le regole della vita democratica, ispirata ai principi di libertà individuale e bene comune, di rispetto dei diritti umani, a cominciare da quello della libertà religiosa così vilipeso in molti Paesi a maggioranza musulmana (come documenta il rapporto Acs a pagina 3) e di affermazione della parità di genere.
Vivere in una società aperta significa anche alimentare in modo costruttivo il confronto delle idee esprimendo con chiarezza giudizi e valutazioni su ciò che accade in Italia e nel mondo su fatti che purtroppo hanno origine da applicazioni letterali della legge coranica come ad esempio il reato di blasfemia.
Visitando il sito www.giovanimusulmani.it, oltre alle notizie di vita associativa, non si ritrovano documenti o riflessioni ad esempio su quanto accaduto in Iraq con l’avvento del califfato dell’Isis, nessuna parola di solidarietà per le comunità cristiane ed anche islamiche massacrate e costrette all’esilio.
In un’intervista rilasciata ad un quotidiano locale il rappresentante dei giovani musulmani di Carpi ha illustrato in modo molto chiaro l’impegno a “restare qui con la nostra fede dando il nostro contributo a una pacifica vita sociale” e questo non può che essere accolto con favore. Contribuire ad una pacifica vita sociale vuole anche dire farsi interprete di un sentimento comune, esprimere solidarietà e vicinanza a chi subisce persecuzione e violenze. Nella settimana in cui l’opinione pubblica internazionale, e in particolare la comunità cristiana, si è espressa con sdegno e riprovazione per la barbara uccisione di una coppia di giovani sposi di fede cristiana in Pakistan, non leggere nemmeno una parola di attenzione a questo dramma, alla mancanza di libertà religiosa in questo e in altri Paesi islamici, è un dato che fa riflettere. Forse non è più sufficiente limitarsi ad affermare che tutte queste situazioni derivano da “una lettura distorta della religione”, occorre mettere in atto azioni concrete sul piano culturale e politico perché questi fatti non accadano più. A cominciare dalle comunità islamiche che vivono in occidente e che tanto possono fare verso i Paesi di origine. E’ bene che si apra nella nostra città un dialogo interreligioso serio che produca frutti di pace e di reciproca accoglienza tra i credenti, prendendo spunto dalle parole di Papa Francesco pronunciate nel recente viaggio in Albania: “Nessuno pensi di potere farsi scudo di Dio mentre progetta e compie atti di violenza e di sopraffazione! Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell’uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita e alla libertà religiosa di tutti!”. Si cominci da qui, dal riconoscere insieme quanto sottoscritto anche nella recente dichiarazione congiunta del tavolo cattolico-islamico di Modena: “Solo il Signore della pace, infatti, può annientare il male della guerra, che ha nel diavolo la sua origine. Solo il Signore può imprimere una direzione nuova alla storia di tutto il nostro mondo. Uniamoci dunque nella preghiera, costante e fiduciosa, per tutte le realtà del Medio Oriente… chiedendo la fine del regime del terrore e una vera rappacificazione tra musulmani sunniti e sciiti, cristiani e uomini di altre fedi. Crediamo fermamente che la preghiera ci aiuterà a non cedere alla rassegnazione. La preghiera infonderà in tutti noi uno slancio rinnovato, vigoroso e creativo, per continuare a elaborare insieme una cultura di pace. Tale è infatti la volontà di Dio, espressa nei libri sacri delle nostre due fedi”.