Editoriale del n. 45 del 22 dicembre 2013
















Carissimi,
       chi è mai questo Bambino che ha la pretesa, unico nella storia dell’umanità, di presentarsi come Figlio di Dio? L’essenza del cristianesimo è racchiusa in due affermazioni, la prima ‘E il Verbo si è fatto carne ed abitò tra noi’ (Gv. 1.14) e la seconda ‘Egli spogliò se stesso, assunse la natura di servo, divenne simile agli uomini, esternamente fu trovato come uomo’ (Fil. 2.7). L’Eterno si è fatto registrare nell’anagrafe umana. Perché tutto questo? Perché noi prendiamo sul serio solo ciò che si presenta ai nostri occhi. Noi non riusciamo ad amare se non quello che vediamo. Con l’Incarnazione, Gesù, il Figlio di Dio diventa nostro fratello, nostro simile che vive, soffre, ama, gioisce, muore con un cuore d’uomo, rivoluzionando il modo di guardare Dio.
Ora Dio non è più ‘il lontano’, ‘l’invisibile’ ma è divenuto visibile ed incontrabile in una carne umana. Dal momento che Dio è entrato nel mondo ed è diventato uomo, tutta la realtà è stata toccata e trasformata dalla sua presenza ed è divenuta luogo in cui fare esperienza di Dio. Non possiamo ignorare l’uomo perché nel fratello Dio si rende presente. Non possiamo disprezzare il corpo, perché in esso incontriamo Dio. Non possiamo separarci dal mondo, perché nel mondo, Dio si rivela. Non possiamo abusare della natura perché la natura è epifania di Dio. L’esperienza di Dio, l’incontro con Gesù, vivo e presente nell’eucaristia, hanno sempre qualcosa di ‘sensuale’ e di ‘carnale’. Questo distingue il cristianesimo da tutte le altre religioni.
Il significato del Natale è questo: Gesù continua a dirci che per rendere più umane e accoglienti, le nostre famiglie e la nostra società è necessario imparare a guardare noi stessi, gli altri, il mondo con i suoi occhi e a mettere in pratica quello che Egli ha vissuto ed insegnato.
Questo è il mio augurio e così sarà per tutti un Vero e Santo Natale!

+ monsignor Francesco Cavina,
vescovo di Carpi