Editoriale n. 03 di Domenica 24 gennaio 2021

Urgente ripopolare in sicurezza i luoghi di aggregazione

C’è un virus tra gli adolescenti

Mentre su media e social si moltiplicano le notizie sui vaccini e le polemiche sulla riapertura delle scuole, una fascia spesso esclusa dalla narrazione sulla pandemia continua ad affollare di video Tik Tok e di stories Instagram. E si confronta con la vita degli influencer su Youtube perché le ritiene vite perfette. Il popolo degli adolescenti non scrive quasi mai del Covid, anche se sa bene che nulla tornerà più come prima. E c’è chi ha tentato di fotografarne pensieri e aspettative sul futuro. Un sondaggio realizzato da Unicef Italia ha raccolto l’opinione di 2000 adolescenti tra i 15 e i 19 anni riguardo ai cambiamenti di relazioni e stili di vita di questo anno di distanziamenti. Dal Rapporto The future we want, pubblicato il mese scorso, emerge un quadro altalenante tra ottimisti e pessimisti, nostalgici ed esploratori coraggiosi. In particolare durante il lockdown di primavera, 1 adolescente su 3 ha vissuto relazioni in famiglia più strette e migliori che in passato, grazie alle tante ore passate insieme in casa e anche dai tempi rallentati a scuola, nelle attività sportive e nel lavoro dei genitori. Il 46% degli adolescenti sogna dunque anche in futuro maggiori occasioni per stare insieme e ritmi di vita più lenti per migliorare i propri legami. Ma amicizie rafforzate anche coi distanziamenti e stili di vita sani non sono per tutti i teenagers. C’è chi come Marco, 14 anni, è scappato di casa durante il lockdown per andarsi a comprare dei nuovi videogiochi ed è stato trovato a 60 chilometri di distanza, il giorno dopo, giustificandosi così: “Avevo bisogno di prendere un po’ d’aria e trovare nuovi giochi per la Play”. Senza cellulare, ha preso un treno e non si è preoccupato di chi lo stava cercando a casa con angoscia.

E chi come Federica, 15 anni, nei pomeriggi in zona rossa, senza mascherine per farsi le canne, si è appollaiata sulla solita panchina della stazione con la sua compagnia di amici incurante di multe e richiami delle forze dell’ordine, iperconnessa a Whatsapp. E infine, Andrea, 17 anni anche lui scappato di casa e ritrovato in piazza a vagare come uno zombi. Ha ripreso in mano la sua vita, con l’aiuto della sua famiglia.

Come si spiegano queste fughe improvvise, fuori dai confini tra reale e virtuale? “È tipico dell’adolescenza attivare soprattutto i processi emozionali… Quindi l’impulsività per esempio. E la tecnologia in questo non aiuta di certo – spiega Tonino Cantelmi, psichiatra e professore di Cyberpsicologia presso l’Università europea di Roma -. L’adolescenza è caratterizzata proprio dalla ricerca di emozioni forti anche con modalità di ribellione agli adulti. Non ci sorprende che i giovani possano esagerare in abusi di socializzazione virtuale e poi desiderare con esasperazione di violare le regole per incontrarsi! Nelle lunghe settimane del lockdown, abbiamo creato adolescenti sempre più digitalizzati e isolati, veri e propri

Hikikomori che faranno molta fatica ad uscire dal loro rifugio per rientrare nella normalità”. Sembra che la pandemia abbia insegnato poco o nulla a quei teenagers poco flessibili e con la tendenza a ridurre la visione della vita ad un bianco o nero. Per alcuni sarà difficile riaffacciarsi alla realtà; per tanti altri il rischio non è mai stato percepito come reale, vedendosi invulnerabili (perché “tanto il virus prende di mira solo gli anziani”). È un tempo sospeso quello degli under 14, tra presente dentro le quattro mura ed un futuro che non si conosce affatto. Anzi cupo e spaventoso come il personaggio antagonista di una favola, se si guarda alle reazioni di molti adulti di riferimento (genitori molto presi dal lavoro, nonni che rischiano di ammalarsi o non ci sono più). Gli adulti che agli adolescenti davano sicurezza ed erano di esempio, oggi non sono più come prima. Come si fa così giovani a ricominciare a sognare il proprio futuro? Per ricominciare a sognare futuri, come già sottolineato anche dagli adolescenti intervistati da Unicef, bisogna prima ricominciare ad essere insieme “dal vivo”, più sereni sulla salute dei gruppi che si frequentano, nella possibilità di ridurre le distanze e ripopolare i luoghi. Oratori, centri di aggregazione, palestre e scuole chiuse non ispirano di certo esperienze positive di vita e di gruppo. Non c’è tempo da perdere. Se accettiamo e comprendiamo la realtà, non contrastandola, possiamo farcela.

Irene Ciambezi