Editoriale n. 22 del 7 giugno 2020

Il bene dei bambini dopo mesi di isolamento

Attenti al “si salvi chi può”

La fine di maggio è tradizionalmente la stagione in cui si organizzano i centri estivi. Quest’anno ancora di più e con complicazioni aggiuntive dovute agli effetti della pandemia. Vorrei condividere qualche riflessione a partire dalla mia esperienza personale. Mi sono trovato ad organizzare il centro estivo della scuola dell’infanzia “Cavazzuti” della parrocchia di Limidi, quindi per bambini da tre a cinque anni. Un primo aspetto positivo è che non sono stato solo. Oltre ai preziosi collaboratori della scuola, c’è stato un intenso, utile e leale contatto con gli altri gestori e con gli enti del territorio che ci hanno aiutato a comprendere la normativa da applicare.

E’ stato necessario fare delle previsioni economiche e produrre una proposta per i genitori della scuola materna. Le norme prevedono il rapporto di un adulto per cinque bambini rendendo tutto molto oneroso: dai nostri conti è uscita una retta di 200 euro alla settimana, che giustamente i genitori hanno ritenuto inaccettabile. Allora abbiamo riflettuto e deciso di rimettere al centro i bambini e le famiglie come comunità educante. La risocializzazione dei bambini piccoli ha certamente bisogno di ritrovare gli amici conosciuti e le maestre, con le quali già c’è un legame in ambienti familiari, da subito. Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, scriveva già in aprile (https://famigliaontheroad.com/2020/04/21/ alberto-pellai-centri-estivi-attivita-in-microgruppi-comeaiutare- i-bambini/) che i bambini avranno bisogno di piccoli gruppi conosciuti per tornare a quello che erano, e che molti, pur nella gioia di stare coi genitori, in realtà hanno sofferto. La famiglia chiusa in casa, la rifrequentazione del lettone dei genitori, ha spesso contribuito a una regressione, alcuni bimbi sono tornati a farsi la pipì addosso, niente di irrecuperabile ma cose su cui vigilare.

Abbiamo dunque deciso di ridurre drasticamente la retta per permettere alle famiglie di riscegliere la scuola e facilitare questa fase di socializzazione. Di conseguenza abbiamo accettato di fare un centro estivo in perdita (non sappiamo se e quanto arriverà in termini di contributi da diocesi, regione o altri). Da questa esperienza recentissima nascono alcune riflessioni. Mi chiedo quanto la situazione attuale con le sue giuste cautele, sommate alle difficoltà economiche, ci stia facendo perdere di vista l’impegno educativo, a tutti i livelli. Pressati dalle questioni economiche rischiamo di tornare a pensare la scuola dell’infanzia o la fase estiva attuale, solo come un luogo dove tenere i bambini in sicurezza mentre i genitori lavorano, dimenticandoci cosa stanno vivendo e di cosa hanno bisogno i bambini in questo momento. Da quando è iniziata la fase 2, con il ritorno al lavoro, si è scatenato un duplice si salvi chi può: i genitori cercano un luogo per i figli ad un prezzo sostenibile e i gestori, scuole paritarie, comune, fattorie didattiche ed altri enti, cercano di dare un servizio accessibile ed economicamente sostenibile.

Il mio timore è che questo “si salvi chi può” faccia passare in secondo piano le reali esigenze dei bambini. Lo stesso ragionamento vale per i bambini delle elementari e gli adolescenti, fatte le dovute distinzioni (anche se pare che gli adolescenti abbiano mostrato grandi risorse personali in questo periodo). In conclusione mi sembra che in questi tempi difficili, anche in vista della riapertura delle scuole, sia necessario rifocalizzare l’attenzione sui bisogni dei bambini nelle varie fasce evolutive. Le questioni economiche con la loro rude concretezza non possono farci ridurre le speranze educative per i nostri figli, che nel nostro territorio hanno sempre generato una progettualità di alto livello. Il territorio sia esso frazione, parrocchia, città, o comuni associati, non può dimenticare di essere una comunità educante (parola che forse si usava di più una volta) con valori e ideali, e non solo un fornitore di servizi educativi. Non dobbiamo lasciare che le difficoltà economiche prendano il sopravvento e ostacolino il nostro desiderio di bene per i nostri figli.

In un mondo in cui l’economia è un valore determinante, spesso “LA” cosa seria, la comunità cristiana deve profeticamente indicare che c’è dell’altro e denunciare il rischio di una fragilità educativa. Infine, per restare alla chiesa locale, perché non provare a stimolare un servizio gratuito, cioè un volontariato, nelle attività estive e anche oratoriane, competente di educazione e, oggi, anche coraggioso?

Don Carlo Bellini