Editoriale n. 29 del 6 settembre 2020

Nel post pandemia altro che limbo: “Non possiamo stare a guardare”

Le priorità: economia e ambiente

Chissà se, pur immersi nella fatica di una ripresa della vita ordinaria delle nostre comunità, c’è stato il tempo di porre attenzione alle catechesi di agosto di Papa Francesco, dedicate ad una lucida applicazione della Dottrina Sociale agli effetti della pandemia. Con uno sguardo e con una serie di provocazioni che vanno ben oltre la dimensione ecclesiale. Il punto di partenza di ogni riflessione post pandemia, più volte ricordato, è il seguente: “da una crisi non si può uscire uguali, o usciamo migliori, o usciamo peggiori”. Se questo vale a partire dalle scelte individuali e dalle relazioni interpersonali tanto più coinvolge la dimensione pubblica, economica e sociale. Ed è in particolare su quest’ultimo aspetto che indugia il Papa nelle sue riflessioni agostane: “Dopo la crisi, continueremo con questo sistema economico di ingiustizia sociale e di disprezzo per la cura dell’ambiente, del creato, della casa comune”? L’allarme “ingiustizia sociale” è tutt’altro che teorico, si moltiplicano gli indicatori economici che annunciano burrasca e lo spettro della disoccupazione ha già colpito ampie fasce di lavoratori, quelli meno tutelati. I prossimi mesi non promettono nulla di buono. Nella catechesi del 26 agosto Francesco evidenzia, come effetto della pandemia, alcuni sintomi di disuguaglianza che rivelano una malattia sociale provocata da un virus di iniquità che ha infettato l’economia. Non sono nuovi gli appelli del Papa per riformare il nostro modello economico. Argomenti condivisi in gran parte dalle riflessioni di Mario Draghi al Meeting di Rimini 2020 (meno diseguaglianze, debito fruttuoso e non spreco, attenzione ai giovani e alle loro prospettive future) a testimoniare come sia cruciale questo passaggio epocale per non sprecare le opportunità, e anche le ingenti risorse pubbliche, che derivano dai provvedimenti del post pandemia. Ci si chiede, con qualche legittimo dubbio, se l’autorità politica su cui oggi ricadono queste gravi responsabilità abbia maturato questa consapevolezza e sia in grado di esprimere sufficiente credibilità per governare questi processi che richiedono i tempi lunghi della saggia politica e non quelli con il fiato corto delle competizioni elettorali. La sferzata del Papa però è rivolta in primis a sollecitare all’azione la comunità ecclesiale: “Non possiamo stare a guardare! Con lo sguardo fisso su Gesù (cfr Eb 12,2) e con la certezza che il suo amore opera mediante la comunità dei suoi discepoli, dobbiamo agire tutti insieme, nella speranza di generare qualcosa di diverso e di meglio. La speranza cristiana, radicata in Dio, è la nostra àncora. Essa sostiene la volontà di condividere, rafforzando la nostra missione come discepoli di Cristo, il quale ha condiviso tutto con noi”. Non esistono per i credenti e per la comunità alibi rispetto alle carenze delle strutture ecclesiali o situazioni di “limbo” istituzionale che possano giustificare atteggiamenti omissivi, latitanze e scarso discernimento rispetto alle priorità pastorali. L’urgenza ora è affrontare le disuguaglianze generate dalla pandemia, capire il contesto e rispondere con le opere della carità. Forse è bene che, mentre si apre il “laboratorio teologico”, spazio adeguato sia assegnato allo studio della dottrina sociale, con quello stile pedagogico che il Papa si sforza di indicare a tutti, intellettuali o semplici operai del popolo di Dio.

Luigi Lamma