Editoriale n. 32 del 22 settembre 2019

Rinasce il Duomo di Mirandola dalle macerie del sisma Unità di intenti, terreno fertile

Perché il Duomo di Mirandola riapre e la mia chiesa no? E’ questa la prima domanda che mi viene fatta e l’unica risposta sensata che ho trovato sta proprio nel Duomo di Mirandola. A distanza di 7 anni e 4 mesi, infatti, viene restituita al culto la prima chiesa gravemente danneggiata dal sisma nella Diocesi di Carpi e la seconda per importanza dopo la Cattedrale.

Nel complesso iter della ricostruzione di questo bene, dal valore storico-artistico e identitario così rilevante, oltre alla Diocesi stessa, sono stati coinvolti due gruppi di progettisti, i Vigili del fuoco, sette diverse imprese, la Protezione civile, due diversi Servizi della Regione Emilia Romagna e la Soprintendenza. Sono quindici entità con prospettive completamente differenti, che però hanno collaborato e orientato i loro sforzi tutti nella stessa direzione. Dunque, la riapertura del Duomo di Santa Maria Maggiore si è concretizzata grazie alla simultanea presenza di tre elementi: l’unitarietà di intenti e la capacità di mediare a livello di programmazione tra gli enti coinvolti; la capacità tecnica dei progettisti; la capacità esecutiva delle imprese. Unitarietà di intenti dimostrata fin da subito, al livello di programmazione, e di questo ringrazio sentitamente la Regione e la Soprintendenza. Ma gli obiettivi rimangono carta straccia se non si trova terreno fertile nei progettisti e poi nell’impresa.

Lungo il cammino abbiamo a volte discusso ma l’aver sempre mantenuto l’obiettivo comune ci ha portato ad oggi, in cui ognuno deve vedere riconosciuto il proprio merito. Solo quando tutti questi tre elementi si sono ritrovati il bene è stato riaperto. Intendo quindi ringraziare vivamente uno per uno gli “autori” del risultato ottenuto. Per la Regione Emilia Romagna: Vasco Errani, Stefano Bonaccini, Giancarlo Muzzarelli, Palma Costi, Enrico Cocchi, Stefano Isler, Mauro Monti, Antonino Libro, Davide Parisi, oltre a tutti i ragazzi del 2° e 6° piano torre 64; Vania Passarella e Alberto Borghesi. Per la Soprintendenza: Carla Di Francesco, Paola Grifoni, Giovanna Paolozzi Strozzi, Gianna Gaudini, Luigi Malnati, Cristina Ambrosini. Inoltre, Graziella Polidori, Deborah Licastro, Emanuela Storchi, Maria Grazia Gattari, Nunzia Lanzetta, Elena Marconi, Cinzia Cavallari. Per la Protezione civile Emilia Romagna: Demetrio Egidi, Maurizio Mainetti, Rita Nicolini, Antonio Monni, Francesco Gelmuzzi, Fabrizio Cogni, Franchina Leghissa. Per i Vigili del Fuoco: Giovanni Nanni e Alberto Parrino. I progettisti: Studio Comes, Ingegner Enrico Miceli, Professor Andrea Benedetti. Le ditte, cito solo le denominazioni perché dovrei davvero utilizzare un libro per ringraziare tutti: Archos, Gefim, Bottoli, Alchimia, Caem Group, Martini e Martini, Athaena. Infine, ma non certo da ultimo, un grazie particolare va alla proprietà – monsignor Francesco Cavina, don Carlo Truzzi e don Flavio Segalina – che mi ha sempre appoggiato nei vari momenti di difficoltà emersi.

Concludo annunciando che all’interno del Duomo vi saranno due importanti novità: i poli liturgici, realizzati e donati alla parrocchia di Santa Maria Maggiore da Budri Spa di San Giacomo Roncole; una scultura in terracotta denominata “L’Albero della Vita”, opera dell’artista Marcello Aversa, donata dalla famiglia Reggiani in memoria di Albertino Reggiani. Entrambe le donazioni, pur ideate e realizzate da persone completamente diverse e distanti tra di loro, sono state pensate per far risaltare la vittoria della Vita sulla morte, di Cristo su Satana. Il nostro ringraziamento va, naturalmente, anche a questi donatori.

Questo è ciò che dovremmo sempre ricordarci quando restauriamo una chiesa: non siamo di fronte ad un involucro vuoto, ma ad un edificio sacro che ha le sue regole proprie e che parla soprattutto attraverso quello che noi inseriamo all’interno.

Ing. Marco Soglia Rup
Ufficio ricostruzione della Diocesi di Carpi