Editoriale n. 34 del 6 ottobre 2019

Da San Nicolò: fedeltà e sfide

Sera di mercoledì 25 settembre, ore 20.45, il vescovo Erio arriva puntuale a San Nicolò, di ritorno dal Consiglio permanente della Cei. E’ accolto dai membri del consiglio pastorale, ormai da troppo tempo in allarme per le tante ipotesi circolate (quasi due anni, cioè da quando si era iniziata ad intuire la probabile chiusura del convento da parte dei frati minori). Allarme su “parrocchia sì, parrocchia no”. Ed è stata questa la prima domanda rivolta a don Erio che, serenamente, ha messo fine a tutti i timori “nessuna chiusura della parrocchia”, ed ha ricordato come a Modena un avvenimento del genere, cioè l’accorpamento di due comunità, richieda un cammino di riflessione di almeno quattro anni. Timori finiti e visi distesi, finalmente. Ora si poteva iniziare ad approfondire il dialogo sulle possibili soluzioni per un buon funzionamento della vita della comunità, “soluzioni che saranno oggetto di un successivo incontro del collegio consultori”, precisava l’amministratore apostolico.

A don Erio, in quell’ora, interessava una cosa sola: conoscere a fondo la vita di San Nicolò; quindi giro di nomi e di compiti: mensa del povero ed attività educative, preghiera ed accoglienza di un gruppo di ragazzi rom, aspetti amministrativi e ordine secolare francescano. Hanno risposto persone determinate, rimaste fedeli, oltre i disagi dell’incertezza di questi lunghi mesi, a servizi svolti per anni. Parrocchiani appassionati ed uniti dalla stessa convinzione: “è troppo importante crescere ragazzi e giovani dentro una parrocchia”. In verità il dialogo è stato spesso interrotto da una domanda al vescovo: “Ci sarà un prete che prende in mano la parrocchia, che apre e chiude le porte, che sia sempre presente?”. Su questo quesito si sono concretizzate le riflessioni più importanti della serata: un sacerdote che apre e chiude le porte, che accoglie e dà risposte alle persone… è questa la domanda giusta? O piuttosto: una comunità che si assume nel concreto questi compiti? Un sacerdote che dirige e distribuisce incarichi o un corpo vivo che fa casa a tutti, sacerdote compreso, ed insieme a lui cerca le vie del Vangelo, assume responsabilità, sa fare propri gli interrogativi della gente? Ecco la proposta pungente e realista che ci viene da questo incontro con il consiglio di San Nicolò, e su cui le altre parrocchie dovranno necessariamente riflettere, sacerdoti compresi.

Riassumo così le convinzioni condivise fra tutti e che hanno fatto di questi 90 minuti di confronto un momento veramente importante; ripeto, convinzioni forse da rilanciare in Diocesi: – fedeltà nei momenti dell’incertezza, fedeltà nel pregare e nell’educare, nell’essere aperti a tutti, in primis ai poveri; – non sappiamo fino a quando avremo un prete per ogni parrocchia, pur popolosa come questa. “Forse questo prete che il vescovo ci potrà dare, sarà l’ultimo od il penultimo”, commentava un membro a fine consiglio. Ma la parrocchia resterà e continuerà la sua missione”. Ad una condizione: passare da una parrocchia concepita come un “supermercato” dove vado a cercare qualcosa che mi serve, a “parrocchia casa, famiglia”, dove io, ciascuno insieme ad altri, mi sento responsabile nel far crescere “gli ideali più alti del cuore”.

Resteranno vive nel tempo solo parrocchie che accettano questa sfida, e si impegnano a farla diventare vita quotidiana.

Don Carlo Malavasi