Non un discorrere “su” ma un ripartire “da” Odoardo Focherini
Il coraggio della speranza
Come una torcia che illumina il cammino nel buio della notte, la vita di Odoardo Focherini ha ispirato la due giorni di studio che ha impegnato chiesa e istituzioni del territorio alla ricerca di vie condivise, per generare nuove prospettive nella società chiamata a convivere con le sfide innescate dalla pandemia. Quindi non un ritornare “su” ma un ripartire “da” Focherini, per rispondere al quesito posto dal vescovo Castellucci che provoca chiunque sinceramente si ponga a servizio della comunità, civile ed ecclesiale, e non di questo o quel capitan reggente: quale il contributo dei cristiani al bene comune, oggi, qui, in questo lembo di terra d’Emilia? Sollecitazioni al pensiero e stimoli all’azione, per esercitare nelle prossime settimane un sano discernimento, ne sono stati offerti in abbondanza dai qualificati interventi esterni che hanno spaziato dai punti fermi della storia, alle letture filosofiche e teologiche della realtà, per giungere, come è stato detto, alla quarta dimensione, quella da immaginare ora, per costruire il futuro insieme alle nuove generazioni. Una sintesi si potrebbe azzardare, ma solo come assaggio, senza alcuna pretesa di esaustività, a partire dai quattro tratti che il sociologo Diotallevi ha rilevato nella biografia di Focherini, uomo con il “coraggio della speranza”. In primo luogo il rapporto con il popolo di Israele, importante perché ci riporta al ministero perenne di Israele rispetto al cristianesimo. Chi spera, cristiani e non, ha comunque in Israele un baluardo perché sta lì a ricordare a tutti che la seconda venuta non è ancora avvenuta, che siamo ancora tutti in attesa, nel doveroso esercizio della speranza. Si è parlato di “impopolarità” della speranza, ovvero della capacità di vedere oltre e di agire rispetto alla realtà esistente (in quel momento per Focherini la dittatura, le leggi razziali, la logica della guerra,…). Quindi se è vero che la speranza è “impopolare” allora si può comprendere che oggi l’esercizio della speranza avviene anche attraverso la manutenzione di quel variegato tessuto di istituzioni, alcune delle quali rappresentate anche dalla politica, che rendono la vita civile poliarchica, sanamente conflittuale, irriducibile ad una sola sfera, e capace di promuovere o almeno non ostacolare il realizzarsi delle singole, diversissime, persone. Un terzo motivo di riflessione provocato da chi si imbatte nella vita di Focherini riguarda la sua esperienza affettiva nel rapporto con Maria, il suo precoce fidanzamento, il suo precoce matrimonio, i suoi sette figli. C’è una relazione tra speranza e corporeità, c’è un magistero anche nella vita erotica di Focherini, secondo quella relazione tra amore umano e amore divino come viene presentata da Benedetto XVI in Deus caritas est. Infine la dimensione del lavoro come capacità di modificare la realtà realizzando ciò che non era previsto o contemplato. Focherini ha lavorato ma ha anche immaginato soluzioni assicurative nuove non presenti all’inizio del suo mestiere, ha messo a disposizione dell’Avvenire d’Italia tutta la sua creatività e competenza per garantirne la diffusione in tempi molto complessi. “La cura e il rispetto per Israele, la passione per tutte le dimensioni della vita civile, la relazione erotica e il lavoro – questa la chiusura di Diotallevi – sono stati sicuramente, la Chiesa ci ha detto in modo esemplare ma se anche non ce l’avesse detto, sono stati in modo visibile, autentici esercizi di speranza condotti con discernimento, perchè hanno portato il calcolo razionale di questo signor Focherini a tener presente interessi che non erano presenti, a fare cose incomprensibili se lette solo alla luce di ciò che era presente”. La società nella pandemia e ancor più quella che uscirà nel dopopandemia attende uomini e donne così, con il coraggio della speranza.