Editoriale n. 38 del 3 novembre 2019

In cammino con don Zeno

La Chiesa di Carpi come “terra di testimoni eccezionali” che “ci invitano a dare ossigeno alle nostre risorse migliori”. Così il Vescovo Erio si esprime nella lettera pastorale “E camminava con loro”, citando alcuni di questi testimoni, fra cui don Zeno, “uomo e sacerdote di eccezionale energia e carattere impetuoso”, segno eloquente di come il Signore continui “ad inviare profeti tra il suo popolo”. Insieme a Odoardo Focherini, Mamma Nina, Albertina Violi Zirondoli, Bernardino Realino, Camilla Pio di Savoia, la Diocesi di Carpi cammina dunque in questo anno pastorale ricordando anche il fondatore di Nomadelfia.

 Francesco di Nomadelfia

Io sono come i muli, viaggio sugli orli dei precipizi per raggiungere mete che per altre vie non si conquistano. Ad ogni grave e pauroso pericolo perdo molti amici di viaggio, perché guardano, si arrestano, retrocedono. Ma poi ne ritrovo degli altri. E la Chiesa all’ora di Dio mi ha sempre aperto ‘il sentiero’ come ha fatto anche in questa misteriosa occasione ‘pro gratia’”. Così scriveva don Zeno nel novembre 1953 al cardinale Ottaviani, all’apprendere la notizia della sua laicizzazione, appunto, “pro gratia”. A vent’anni, Zeno aveva deciso di camminare solo con Cristo, il suo “irresistibile amore”, e a trent’anni nella prima messa aveva preso come figlio uno “scarto” della società, un ragazzo appena uscito dal carcere, fondando con lui Nomadelfia. Nella sua vita don Zeno ha accolto altri 5000 fi gli. Lo hanno aiutato Irene e le altre mamme di vocazione, Nelusco e Anna con le altre coppie di sposi, i sacerdoti. Settant’anni fa, nell’ex campo di concentramento di Fossoli, è nato un popolo nuovo, un popolo perché nessuno si salva da solo, ma insieme ci si incammina per una santità “sociale”. Con una fede incrollabile, don Zeno ha osato percorrere sentieri nuovi, fi dandosi sempre della Provvidenza. Per il grande amore al popolo e alla Chiesa, che era solito dire “mi scorre nel sangue”, subì tante prove e si chiedeva: “Che cosa è un sacerdote? Certo non può essere un vigliacco. Avevo un modesto patrimonio paterno e l’ho dato tutto; avevo una carriera nel mondo e l’ho buttata; avevo un prestigio familiare e l’ho buttato; ho accolto come figli i più rovinati nel popolo per insegnare con la mia dedizione ad essere fratelli l’uno per l’altro secondo la Preghiera a l’Ultima Cena, quindi cambiando rotta nel costume dei cattolici; avevo insegnato al popolo che la Giustizia è legge di tutti e l’avevo fatto nel Nome della Chiesa”. Già da giovane sentiva l’urgenza di “saltare a piedi pari venti secoli di cristianesimo e ricominciare da capo, facendo tesoro delle esperienze fatte”. Riallacciandosi alle prime comunità cristiane, ci ricordava che tutti siamo chiamati a seguire Cristo sulle strade delle Beatitudini evangeliche, e sul Vangelo abbiamo sperimentato che nasce un mondo diverso. Il 17 dicembre 2016 Papa Francesco rivolgendosi ai Nomadelfi affermava: “Don Zeno Saltini, il vostro fondatore, aveva capito bene queste cose e, pur tra difficoltà e incomprensioni, è andato avanti fiducioso, con l’obiettivo di portare la buona semente del Vangelo, anche nei terreni più aridi. E ci è riuscito! La vostra comunità di Nomadelfia ne è la prova. Don Zeno si presenta a noi oggi come esempio di fedele discepolo di Cristo che, ad imitazione del divino Maestro, si china sulle sofferenze dei più deboli e dei più poveri diventando testimone di una carità inesausta. Il suo coraggio e la sua perseveranza vi siano di guida nel vostro quotidiano impegno di far fruttificare i germi di bene che egli ha abbondantemente seminato, animato da passione evangelica e sincero amore alla Chiesa”. E venendo a pregare sulla sua tomba il 10 maggio dell’anno scorso, il Pontefice continuava: “Il vostro Fondatore si è dedicato con ardore apostolico a preparare il terreno alla semente del Vangelo, affinché potesse portare frutti di vita nuova. Cresciuto in mezzo ai campi delle fertili pianure dell’Emilia, egli sapeva che, quando arriva la stagione adatta, è il tempo di mettere mano all’aratro e preparare il terreno per la semina. Gli era rimasta impressa la frase di Gesù: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,62). La ripeteva spesso, forse presagendo le difficoltà che avrebbe incontrato per incarnare, nella concretezza del quotidiano, la forza rinnovatrice del Vangelo”. Anche seguendo l’esempio di don Zeno, sta a noi continuare con speranza questo percorso, perché “camminando, s’apre cammino”.