Cattedrale di Carpi – 1° febbraio 2021
Messaggio di Mons. Francesco Cavina, vescovo emerito di Carpi
Caro Massimo, ho appreso oggi del passaggio alla riva dell’eternità della tua amata moglie Lucia. Il Signore mi ha fatto il dono di conoscere e apprezzare la sua passione educativa e la ricchezza del suo cuore, visibilità della sua appartenenza al Signore. Con la sua umiltà e semplicità ha testimoniato che non è per la grandezza delle nostre azioni che siamo graditi a Dio, ma per l’amore con il quale operiamo.
Ora siamo – voi la sua famiglia, ma con voi anch’io – ai piedi della croce di Cristo dove tutto il nostro dolore può diventare dolce perché Lui è il solo che dalla morte è capace di fare risorgere la vita.
Cari tutti, mi permetto di lasciarvi questo pensiero di san Francesco di Sales: “Le notti sono dei giorni quando Dio è nel nostro cuore, e i giorni sono delle notti quando Egli non vi è”.
Lasciamo che il Signore illumini la notte del dolore.
Vi giunga insieme ad un forte abbraccio la mia paterna benedizione.
Liturgia della Parola
Prima lettura
Dal libro dei Numeri (20,1-11).
Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria. Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: «Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatto uscire dall’Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni, e non c’è acqua da bere». Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?». Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame.
Parola di Dio
Salmo Responsoriale (22)
Rit.: Il buon Pastore mi conduce ad acque tranquille
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Rit.:
Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Rit.:
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Rit.:
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. Rit.:
+ Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo (10,39-42)
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.
Omelia di monsignor Erio Castellucci
Un bicchiere d’acqua fresca non è granché; eppure chi darà anche solo un bicchiere d’acqua fresca a un piccolo, sarà ricompensato. L’immagine del Vangelo è molto umile – cosa c’è di più umile e comune dell’acqua? – ma la promessa è molto grande: anche il più banale gesto della vita quotidiana, compiuto con amore, viene registrato nel cuore di Dio. Tante volte penso che Gesù ci abbia dato questa piccola immagine, un sorso d’acqua fresca, per farci capire che dell’amore non va perduto nulla, proprio nulla. Ogni nostro germe di bene, ogni sorriso regalato, ogni carezza donata, si incide per sempre nella nostra carne. Non c’è nessuna lacrima che non verrà asciugata, nessun dolore che non sarà consolato, nessun sacrificio che resterà senza ricompensa, nessuna gioia che non troverà pienezza.
“Anche solo un bicchiere d’acqua fresca”: ma quanti bicchieri d’acqua fresca ha regalato Lucia? Ai suoi familiari, agli amici, agli alunni, alla comunità di Gioventù Studentesca, alla diocesi… Massimo ha definito la sua sposa “donna umile e poco appariscente”: e ne ha parlato, in questi giorni, con una delicatezza commovente. Il fiorire delle testimonianze di tanti amici svela il volto di una donna – come mi ha scritto uno di loro – “fedele, semplice, determinata, misericordiosa, umile”. Mi vengono in mente, leggendo le parole di chi l’ha conosciuta, le immagini bibliche delle donne che ogni giorno andavano ad attingere acqua fresca dai rari pozzi, per dissetare tutta la famiglia; a volte percorrevano chilometri sotto il sole, al caldo, aspettando in fila il loro turno. Senza però lamentarsi, senza reclamare condizioni migliori; con fedeltà e costanza, con una fatica ripagata dall’affetto per i loro cari. Ed erano proprio queste donne che poi, a casa, uscivano sul viottolo con un piccolo recipiente a portare qualche sorso d’acqua fresca ai “piccoli”, ai viandanti accaldati, ai poveri, ai malati. Chi si dedica all’arte difficile ma preziosissima dell’educazione, come ha fatto Lucia, è proprio come quelle donne che attingono l’acqua fresca dal pozzo e poi la dispensano non solo ai loro familiari, ma a tanti altri assetati. Lucia si è presentata al Signore con la ricchezza di una vita spesa a ricevere e donare amore: ne ha ricevuto tanto dai suoi familiari, da Massimo, dalle figlie, dai nipoti, dagli amici; e ne ha donato tanto a tutti.
La “ricompensa” che Gesù promette a chi disseta i piccoli è certamente la vita senza fine, la risurrezione oltre la morte. Poveri noi, se sperassimo nel Signore solo in questa esistenza terrena! Come la pecora del bellissimo Salmo, che sa di essere condotta dal pastore ad acque tranquille, noi sentiamo che ci aspetta una mensa nell’eternità, sappiamo di essere attesi “nella casa del Signore per lunghi giorni”. La fede nella vita dopo la morte non è una distrazione illusoria, ma è il traguardo che dà senso al percorso. Perciò la “ricompensa” evangelica comincia già ora, in questa vita terrena, che diventa un percorso orientato, guidato. Se camminassimo senza mèta, saremmo dei girovaghi condannati a vivere alla giornata e perderemmo il gusto stesso della vita; se camminiamo verso una bella mèta, il sentiero è lo stesso, ma lo percorriamo con gioia, animati dalla speranza. E noi avvertiamo nel profondo che la nostra vita non è fatta per l’eterno nulla, ma per l’eterno abbraccio del Padre. Noi sentiamo che i nostri bicchieri d’acqua fresca a poco varrebbero se non ci portassero ai fiumi dell’amore di Dio. Lucia, insieme ai suoi cari, ha vissuto fino all’ultimo istante questa tensione verso la pienezza. Mentre si spegneva la sua luce terrena, ha raccolto le forze per pregare ancora una volta l’Ave Maria, “totalmente affidata” – ha scritto ancora Massimo – “com’è stata sempre la cifra della sua vita”.
Mi ha colpito, fin da quando lo lessi per la prima volta nella Bibbia, l’accostamento che fa il libro dei Numeri – l’inizio della prima lettura di oggi – tra la morte di Maria, sorella di Mosè e di Aronne, e la mancanza dell’acqua per il popolo: “tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria. Mancava l’acqua per la comunità”. Quando scompare una persona cara, amata, generosa, una persona che dispensa l’acqua a tutti gli assetati, è la comunità intera che prova l’arsura, che sperimenta la durezza del deserto. Ed è la comunità intera che sente la partenza di Lucia, avverte l’aridità – “non c’è acqua da bere!” – e leva un lamento. Che cosa fanno allora Mosè ed Aronne? Si prostrano davanti al Signore, cioè riconoscono l’impossibilità umana di dare una risposta; e il Signore chiede di convocare la comunità; insieme, torneranno a ricevere l’acqua, che scaturisce dalla roccia. La comunità: si tocca con mano, in questi giorni, la presenza della comunità di fede, addolorata ma non disperata, sofferente ma non prostrata. La comunità non potrà certo rimpiazzare l’amore di Lucia per i suoi cari, ma potrà rendersi presente, con discrezione, ma con affetto autentico e costante, anche sui tempi lunghi. È questa, in definitiva l’unica cosa che conta davvero, l’unica che rimane oltre la morte e che Gesù ha concentrato nel dono del sorso d’acqua: la ricchezza delle relazioni vere, anticipi di quell’amore da cui ora Lucia, insieme a tante persone care, tra le quali Enzo, è stata abbracciata per sempre.
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“Nella semplicità del mio cuore, lietamente ti ho offerto tutto”
Appunti di Lucia in preparazione di un incontro con amici
“Il tema proposto descrive tanti momenti delle mie giornate. La pesantezza della
didattica a distanza, lo sconforto per una situazione che sembra non finire, il
dispiacere di non poter vedere figlie e nipoti, la confusione che regna sovrana.
Ma dentro tutto ciò è vivo il desiderio che anche questo momento non passi invano,
che anche una situazione come questa, impensabile solo qualche mese fa, sia
un’occasione per me, non perché io abbia in mano la soluzione, ma perché desidero
vivere ORA, non quando tutto sarà finito.
Nel libro “Il Brillìo degli Occhi” (J. Carrón) c’è una mezza pagina in cui si ripete
la parola ORA ben nove volte e conclude dicendo che il nostro io non può essere
mosso, commosso, cioè cambiato, se non da una contemporaneità: un avvenimento.
Ecco desidero che possa accadere questo ORA nelle mie giornate.
Racconto un episodio in cui mi è accaduto questo ORA.
Facevo sorveglianza a scuola durante l’intervallo ed erano alcuni giorni che ero un
po’ cupa, schiacciata dal peso dei miei limiti e dalla situazione in generale. Entro in
corridoio con la flebile domanda che il mio essere lì non fosse inutile. Dal fondo una
collega mi fa cenno di avvicinarmi e mi racconta che qualche giorno prima aveva
fatto una supplenza nella mia classe ed era stupita di essere riuscita a fare lezione e
del dialogo che era nato con i miei studenti. Si tratta di una classe con cui sto
faticando molto, mentre lei mi stava dicendo: guarda, ammira la tua classe! Ecco lei
per me quel giorno è stata il volto e la voce di quell’ORA che mi diceva AMMIRA!
Tantissime volte ho bisogno degli occhi di un altro per vedere, per vedere
veramente.”
Lucia
CANTI
Povera voce
Povera voce di un uomo che non c’è
la nostra voce, se non ha più un
perché:
deve gridare, deve implorare
che il respiro della vita non abbia
fine.
Poi deve cantare perché la vita c’è,
tutta la vita chiede l’eternità;
non può morire, non può finire
la nostra voce che la vita chiede
all’Amor.
Non è povera voce di un uomo che
non c’è, la nostra voce canta con un
perché.
Vuestra
Vuestra soy pues me criasteis
vuestra pues me redimisteis
vuestra pues que me sufristeis
vuestra pues que me llamasteis
vuestra porque me esperasteis
vuestra porque no me perdì:
que mandais hacer de mì?
Que mandais pues, buen Señor,
que haga tan vil criado?
Cual oficio le habeis dado
a este esclavo pecador?
Veisme aqui mi dulce amor,
amor dulce veisme aqui
que mandais hacer de mi?
Veis aqui mi corazon,
yo lo pongo en vuestra palma:
mi cuerpo, mi vida y alma:
mis entrañas y affliccion.
Dulce esposo y redentor,
pues por vuestra me ofrecì
que mandais hacer de mi?
Haga fruto o non lo haga,
estè callando o hablando,
muestrame la ley mi llaga,
gace de evangelio hablando.
Estè penando o gozando
solo vos en mi vivìs.
Que mandais hacer de mi?
Traduzione:
Sono tua poiché mi hai creata
sono tua perché mi hai redenta
sono tua poiché per me hai sofferto
sono tua poiché mi hai attesa
sono tua perché non mi sono perduta:
che cosa vuoi farne di me?
Che cosa vuoi o mio buon Signore
che faccia una così umile creatura?
Che compito vuoi dare a questa indegna
peccatrice?
Vedi , io sono qui, mio dolce amore
amore dolce, sono qui
che cosa vuoi farne di me?
Vedi qui c´è il mio cuore,
Io lo metto nelle tue mani:
Così come il mio corpo, la mia vita e la mia
anima,
tutta me stessa e tutte le mie preoccupazioni.
Dolce sposo e Redentore
poiché mi sono data tutta a te
che cosa vuoi farne di me?
Porti frutto o non ne porti
parli o taccia,
ma mostrami la strada da percorrere.
Sia felice nell´annunciare il Vangelo.
Che io soffra o sia felice
tu solo sei nel mio cuore
che cosa vuoi farne di me?
Quando uno ha il cuore buono
Quando uno ha il cuore buono
non ha più paura di niente:
è felice di ogni cosa, vuole amare solamente.
Quante volte ti ho chiamato per nome,
quante volte ho cercato di te,
ma tu fuggi e ti nascondi,
vorrei proprio sapere perché.
Quando uno ha il cuore …
Poco dopo è calata la notte,
la tua voce ho sentito gridar,
io ti dico ritorna alla casa,
il mio amore è più grande del mar.
Quando uno ha il cuore …
Tu hai sentito chiamare il tuo nome,
non puoi certo scordarlo mai più,
su non fingere di essere sordo,
puoi rispondermi solo tu.
Quando uno ha il cuore …
Sicut cervus
Sicut cervus desiderat ad fontes
aquarum,
ita desiderat anima mea ad Te, Deus.
Traduzione:
Come anela il cervo alla fonte, così il mio
cuore desidera Te, o Dio.
Ballata dell’amore vero
Io vorrei volerti bene come ti ama Dio,
con la stessa passione, con la stessa forza,
con la stessa fedeltà che non ho io.
Mentre l’amore mio è piccolo come un bambino:
solo senza la madre, sperduto in un giardino.
Io vorrei volerti bene come ti ama Dio,
con la stessa tenerezza, con la stessa fede,
con la stessa libertà che non ho io.
Mentre l’amore mio è fragile come un fiore:
ha sete della pioggia,
muore se non c’è il sole.
Io ti voglio bene e ne ringrazio Dio,
che mi dà la tenerezza, che mi dà la forza,
che mi dà la libertà che non ho io.
Preghiera a Maria
Maria, tu che hai atteso nel silenzio
la sua Parola per noi,
Aiutaci ad accogliere
il Figlio tuo che ora vive in noi.
Maria, tu che sei stata così docile
davanti al tuo Signor.
Maria tu che hai portato dolcemente
l’immenso dono d’amor.
Maria, Madre umilmente tu hai sofferto
del suo ingiusto dolor.
Maria, tu che ora vivi nella gloria
insieme al tuo Signor.
Qui presso a Te
Qui presso a te, Signor, restar vogl’io!
È il grido del mio cuore, l´ascolta, o Dio!
La sera scende oscura sul cuor che s’impaura;
mi tenga ognor la fe´, qui presso a te.
Qui presso a te, Signor, restar vogl’io!
Niun vede il mio dolor; tu ‘l vedi, o Dio!
O vivo Pan verace, sol tu puoi darmi pace;
e pace v’ha per me, qui presso a te.
Vorremmo ringraziarvi uno ad uno per la vostra partecipazione (in presenza o in collegamento). Per questo vi chiediamo di scriverci all’indirizzo mail: rossi.milenal@yahoo.it