Mercoledì 1° maggio, festa di San Giuseppe Lavoratore, l’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro e le Acli promuovono due momenti di incontro e di preghiera. Alle 9.00 a Mirandola, presso il centro sportivo in via Posta 55, la Santa Messa celebrata dal parroco don Carlo Truzzi. Alle 12 a Carpi, nella chiesa della Sagra, la celebrazione presieduta dal vicario generale della diocesi don Carlo Malavasi. Le due liturgie, attraverso riferimenti e segni specifici, saranno occasioni importanti di preghiera per il mondo del lavoro e per il superamento della difficile congiuntura economica. “La crisi economica sembra senza fine – scrive in una nota Nicola Marino, direttore della Pastorale del lavoro della diocesi di Carpi -. Nel 2008, al suo inizio, in tanti speravano fosse una parentesi. Ma ora, cinque anni dopo, si ha l’impressione di non aver ancora toccato il fondo. I dati drammatici relativi all’occupazione, alla chiusura di imprese, così come le ricadute sociali fatte di povertà, disagio, suicidi, ci ricordano continuamente che viviamo in tempi di ‘vacche magre’. Una crisi che continua a suscitare in ognuno di noi sentimenti a tinte forti”. Cosa fare di fronte a tutto questo? Alcuni spunti di riflessione, secondo Marino, sono offerti dal racconto biblico di Giuseppe e di come ha affrontato appunto il periodo di “vacche magre”. Un racconto, che afferma Marino, ci stimola innanzitutto “a ricordarci di quanto accumulato in tempi di ‘vacche grasse’, ovvero nella nostra storia. Vale a dire delle risorse, tante, che ancora abbiamo e che sono ancora in campo. Ci si riferisce alle risorse umane, alla qualità della nostra gente, e soprattutto ai valori umani che connotano la nostra comunità, in primis la solidarietà. Certo anche questo nel tempo è stato eroso, a colpi di materialismo e individualismo, ma le radici sono ancora sane e capaci di dare frutto”. In secondo luogo, prosegue Marino, “dobbiamo ritrovare una direzione, un senso collettivo al nostro agire, identificare un percorso su cui metterci tutti insieme in cammino e in cui ognuno deve fare la sua parte. Questo è il ruolo della politica? Certamente sì. Tutti dobbiamo adoperarci affinché la politica si rinnovi, esca dall’autoreferenzialità in cui si è cacciata, torni ad essere ispirata esclusivamente dal bene comune. Ma non solo: anche a livello locale, si sente il bisogno di ritrovare unità d’intenti, di serrare i ranghi, di una progettualità, anche in campo economico, più condivisa, in cui ogni attore si rimetta in discussione e faccia di tutto per superare quegli steccati che finora hanno impedito o limitato l’impegno per lo sviluppo di tutti e di ciascuno”. Infine, sottolinea Marino, “occorre nutrire la speranza. Per i cristiani questa è una virtù ed è qualcosa di diverso e molto più dell’essere ottimisti. Come Giuseppe non poteva agire senza coltivare la propria spiritualità e da questa prossimità a Dio traeva forza, energia e competenze, così tocca ad ognuno di noi questo ‘esercizio’, che ci permetta di inquadrare la nostra drammatica quotidianità, di dargli senso e quindi di affrontarla nel modo migliore. E, in questo – conclude – abbiamo anche il compito di trasmettere speranza, attraverso la nostra testimonianza agli altri, aiutandoci così a vicenda nell’individuare la strada giusta per arrivare al termine di questo periodo di vacche magre che sembra interminabile”.