Subito dopo l’uccisione di don Lenzini sorse vivo nella Chiesa locale il desiderio di avviare la causa per il riconoscimento del suo martirio, perché tale fu considerata la sua feroce uccisione.
Il processo penale per l’identificazione e la punizione dei colpevoli, preceduto da indagini difficili e laboriose, si concluse con l’assoluzione degli indagati, la maggior parte per insufficienza di prove, come espressamente richiesto dal pubblico ministero. Ma i nomi degli assassini circolavano, come la persuasione che la loro assoluzione fosse dovuta a intimidazioni e minacce verso i testimoni, che finirono per rettificare in sede di dibattimento quello che avevano dichiarato durante le indagini.
Per intraprendere la laboriosa via di una causa di beatificazione sul martirio occorre una ricostruzione dettagliata e sicura dell’omicidio, della sua modalità di esecuzione, delle circostanze nelle quali fu preparato e commesso, e soprattutto delle motivazioni che hanno mosso la mano degli assassini, ossia l’odio per la fede, per il clero, per la Chiesa. Nel caso di don Lenzini le ricostruzioni delle circostanze erano influenzate dall’orientamento politico dominante nella zona, coincidente con quello dei presunti colpevoli, il che non facilitava una valutazione obiettiva e serena dei fatti. Con l’andar del tempo le passioni e le divergenze ereditate dalle tristi e cruente vicende della guerra civile si andarono componendo, le persone ritenute colpevoli o implicate nell’omicidio scomparvero, rendendo la ricostruzione dei fatti sempre più libera da timori, sospetti, parzialità.
Per molti anni, dunque, non si parlò pubblicamente della morte di don Lenzini ma – quel che più contava – si provvide a mantenere viva la memoria di un prete fedele al proprio ministero, organizzando momenti di preghiera, raccogliendo materiale a lui relativo, nell’attesa di tempi più propizi.
Nel 2006 l’arcidiocesi di Modena-Nonantola avviò la causa per il riconoscimento del martirio del seminarista Rolando Rivi, ucciso da partigiani comunisti il 13 aprile 1945, beatificato nel 2013. L’inchiesta diocesana si svolse in un clima sereno, senza polemiche od ostacoli, e questo incoraggiò l’Arcidiocesi ad avviare la causa anche per don Luigi Lenzini, che era un suo sacerdote (il Beato Rolando Rivi apparteneva alla diocesi di Reggio Emilia, anche se morì in territorio modenese, alle Piane di Monchio).
Nel gennaio 2008 – ben 63 anni dopo l’omicidio – si costituì dunque il “Comitato per la beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio don Luigi Lenzini” che iniziò il lavoro preparatorio, ossia la raccolta di documenti, testimonianze, memorie ritenute utili per la dimostrazione del martirio in odio alla fede, e la promozione di commemorazioni della figura di don Lenzini, il tutto a sostegno della richiesta di iniziare la causa.
Il Comitato era presieduto da don Paolo Soliani e aveva come segretaria la benemerita professoressa Angiolina Grilli (1937-2016), che fece anche parte – con Gian Luca Muzzarelli e Carolina Uguzzoni – della Commissione storica, l’organo che in ogni causa ha l’incarico di ricercare, vagliare e presentare al tribunale ecclesiastico che conduce l’inchiesta i documenti giudicati utili alla dimostrazione del martirio e della diffusione della fama del martirio stesso. Con instancabile e appassionata alacrità la Grilli raccolse da archivi pubblici e parrocchiali, da biblioteche ed emeroteche, numerosi documenti che sono stati in larga parte utilizzati per lo studio del presunto martirio nel corso della causa.
La documentazione così raccolta e il perdurare della fama di martirio indussero l’arcivescovo mons. Benito Cocchi ad accogliere la petizione del Comitato, a riconoscerlo idoneo a fungere da parte attrice (ossia promotrice) della causa e ad autorizzarlo a nominare, il 10 giugno 2008, la postulatrice diocesana, che rappresentasse il Comitato presso l’autorità ecclesiastica e seguisse il complesso iter procedurale. A seguito dell’istanza della postulatrice, mons. Cocchi chiese il parere della Conferenza episcopale emiliano-romagnola e il nulla osta della Congregazione delle Cause dei Santi, che vennero formulati rispettivamente il 24 novembre 2008 e il 27 ottobre 2009.
L’arcivescovo mons. Antonio Lanfranchi poté così iniziare l’inchiesta diocesana, affidata a un tribunale ecclesiastico composto da mons. Angelo Cocca delegato episcopale, mons. Camillo Pezzuoli e can. Andrea Gianelli promotori di giustizia, don Gaetano Frigieri notaio attuario, Franca Soli notaio aggiunto, Angelo Rubbiani cursore. L’inchiesta si svolse a Modena dal 18 giugno 2011 al 24 novembre 2012. Nel corso di 45 sessioni furono escussi 42 testimoni: 8 sacerdoti, 2 religiosi, 29 laici e i componenti della Commissione storica. Nove testi erano “de visu”; più numerosi quelli informati per sentito dire da testi oculari (detti “de auditu a videntibus”). Alcuni testi hanno consegnato al tribunale alcune memorie scritte a suo tempo da testimoni coevi al fatto: evidentemente il ricordo del sacrificio di don Lenzini si era tramandato ed è ancora molto vivo. Alle testimonianze e ai ricordi si sono aggiunti la documentazione archivistica, la stampa dell’epoca e studi storici più recenti e obiettivi.
Con la consegna degli atti dell’inchiesta alla Congregazione delle Cause dei Santi iniziò la seconda fase della causa, quella romana, e l’Arcidiocesi si costituì parte attrice subentrando al Comitato che aveva sostenuto la fase diocesana. La postulatrice rimase la stessa.
Il 23 gennaio 2015 la Congregazione riconobbe la validità giuridica degli atti e il 28 aprile 2015 nominò relatore della causa mons. Maurizio Tagliaferri, che seguì la redazione della “Positio”, ossia del volume – stampato in poche copie ad uso interno della Congregazione – che raccoglieva le prove documentali e testimoniali del martirio in odio alla fede esaminando per quanto possibile l’evento in tutte le sue componenti: la modalità dell’uccisione, le intenzioni degli uccisori, la predisposizione al martirio della vittima.
La “Positio”, che contava oltre 500 pagine, fu redatta dagli autori del presente articolo – l’una come postulatrice e l’altro come collaboratore – e venne esaminata prima dai consultori storici poi dai teologi e successivamente dai cardinali e vescovi membri della Congregazione.
I sei storici, riunitisi il 13 novembre 2018, chiesero alcuni chiarimenti sulla documentazione presente nella “Positio”, che la postulatrice provvide a fornire tempestivamente. Superato questo primo esame che garantiva la completezza, l’autenticità e l’importanza della documentazione storica presentata, la “Positio” venne sottoposta al giudizio di nove teologi che si riunirono il 27 febbraio 2020 e, alla luce delle prove testificali e documentali addotte, espressero unanime parere favorevole al riconoscimento del martirio. I cardinali e vescovi membri della Congregazione, nella sessione ordinaria del 20 ottobre 2020, riconobbero che il Servo di Dio fu ucciso per la sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Il 27 ottobre 2021 il Santo Padre ricevendo in udienza il Cardinale Prefetto della Congregazione, confermò il loro parere e autorizzò la pubblicazione del decreto sul martirio di don Lenzini, aprendo così le porte alla beatificazione. Per i martiri, infatti, non è richiesta la presentazione di un evento miracoloso ottenuto per loro intercessione, come invece è prescritto per gli altri Servi di Dio.
La Segreteria di Stato vaticana redasse poi la Lettera apostolica, firmata dal Papa in data 27 aprile 2022. In essa si stabilisce “che il Venerabile Servo di Dio Luigi Lenzini sacerdote e martire sia chiamato Beato e che se ne possa celebrare ogni anno la memoria liturgica nei luoghi e nei modi stabiliti dal diritto, nel giorno della sua morte, il 21 luglio”. Il documento verrà letto pubblicamente nel corso del rito di beatificazione.
Sarà in seguito pubblicato il Breve pontificio di beatificazione che troverà posto sull’organo ufficiale della Santa Sede, gli “Acta Apostolicae Sedis”.
Francesca Consolini
Fausto Ruggeri