Intervista al fotografo Enrico Genovesi per presentare la mostra al Campo di Fossoli “NOMADELFIA. Un’oasi di fraternità”
Si avvicina l’apertura della mostra “Nomadelfia. Un’oasi di fraternità” di Enrico Genovesi, allestita in un contesto molto evocativo come il Campo di Fossoli, inserita nel programma del Festivalfilosofia 2022. Tutto il percorso poi confluito nel progetto più ampio “Nomadelfia. Profezia di giustizia e fraternità” è partito dall’incontro con l’opera di Genovesi, il lancio del volume fotografico e il desiderio di documentare l’oggi della comunità fondata da don Zeno Saltini. A pochi giorni dall’inaugurazione abbiamo rivolto alcune domande ad Enrico Genovesi, che sarà presente a Fossoli nel periodo del Festivalfilosofia per accogliere i visitatori.
Innanzitutto, con quali aspettative ti sei coinvolto in questo progetto di “ritorno alle radici” di Nomadelfia mentre tu racconti la Nomadelfia di oggi?
Quello che si sta concretizzandosi adesso è, davvero, per me, qualcosa di gratificante e che mai avrei pensato all’inizio del percorso. La pubblicazione del mio libro Nomadelfia. Un’oasi di fraternità (edizioni Crowdbooks) dedicato alla Comunità, è il frutto di quattro bellissimi anni di frequentazione, perché i rapporti si costruiscono strada facendo così come le opportunità che arricchiscono di senso un impegno. Sono felice che, nell’occasione offerta dalla mia opera editoriale, sia stata colta anche l’importanza di attuare uno scenario che non si fermi alla Nomadelfia di oggi, attraverso un reale “ritorno alle radici”. Parallelamente alla mia esposizione, infatti, ci sarà occasione per la comunità di tornare nel territorio di origine, attraverso una mostra “diffusa” con immagini dell’archivio storico di Nomadelfia, presso i luoghi più significativi della vita del suo fondatore don Zeno Saltini: Carpi, Mirandola, S. Giacomo Roncole, Nonantola e Modena. Per me, essere addirittura negli spazi dell’ex campo di concentramento di Fossoli, in un luogo così suggestivo e dove Nomadelfia si è costituita, ha un grande valore simbolico ed è il massimo a cui potevo aspirare.
La tua mostra è inserita tra gli eventi del Festivalfilosofia che ha come tema “giustizia”, per un fotografo del tuo valore, con una spiccata sensibilità per le tematiche sociali cosa rappresenta questa opportunità?
Vedere la mia mostra parte integrante del programma ufficiale di Festivalfilosofia è un’ulteriore nota di gratificazione. Lo è non soltanto per mero orgoglio personale, ma per la fierezza di essere riuscito a veicolare, e quindi contribuire a far conoscere, questa splendida realtà ad una platea ancora più vasta. Nomadelfia lo merita! Il tema generale “giustizia”, che caratterizza questa edizione del festival, trova in Nomadelfia un connubio straordinario. Lo trova in quel che è, in quel che rappresenta, e soprattutto nelle parole di don Zeno, che nella “giustizia” trovava il suo valore fondante e che non mancava mai di mettere in evidenza. Il momento storico che stiamo vivendo mi spinge a riportare un suo enunciato del 1976, prepotentemente attuale: “Prima di tutto la giustizia! […]L’umanità ha bisogno di giustizia. […] Vogliamo cambiare? Ciascuno di noi cambi se stesso, è la sola soluzione. Non state a bisticciare con gli altri, ma bisogna dare un’onda nel mondo di arrestare queste guerre, fermare queste guerre, questi pericoli. Chi è che li può fermare? Chi? I politici? Quelli non ce la fanno! È impossibile! Siamo noi, il popolo che dev’essere pronto a dare un esempio tale di bontà e di giustizia senza armi e senza niente, l’onda di un popolo che corre alla giustizia salva il mondo, salva tutto. E avremo finalmente la pace. Il popolo che aspetta la pace dagli altri e
dagli altri non l’avrà mai”.
Dopo il lancio del volume che raccoglie le fotografie del reportage su Nomadelfia insieme ai contributi di Giovanna Calvenzi, Sermolto Manghi e Franco Arminio, hai avuto modo di realizzare altre presentazioni e mostre. Quali reazioni hai raccolto da parte degli addetti ai lavori e da parte del pubblico?
Fin dall’uscita del libro, non sono mancate occasioni di presentazione, tra videoconferenze ed altre in presenza come al Corigliano Calabro Festival, al Monfest biennale di Casale Monferrato, al WSP Photograpy di Roma, a Mirandola per Mirandola Estate, solo per citarne alcune. Tutte hanno avuto un riscontro unanime: oltre all’aspetto prettamente legato alla fotografia, un grandissimo interesse e curiosità per l’argomento trattato. Per noi fotografi che ci occupiamo di “raccontare”, cercando di costruire ponti tra la realtà trattata attraverso le nostre esperienze vissute sul campo ed un pubblico più ampio, sono riscontri importantissimi che danno valore al nostro impegno. Sono molto grato a tutta la Comunità, così come a Giovanna Calvenzi (photo editor e curatrice della mostra di Fossoli), a Sergio Manghi (sociologo) e a Franco Arminio (poeta e scrittore), per i contributi testuali che hanno impreziosito il mio libro. L’intero prodotto editoriale, con le sue parti di approfondimento, anche storico, è stato da me pensato come un compendio per la maggiore conoscenza di Nomadelfia e gli apprezzamenti ricevuti, durante le presentazioni e le mostre, mi rendono orgoglioso del risultato.
Quali consigli ti sentiresti di offrire a chi si appresta a visitare la tua mostra e l’altra che in parallelo racconta la storia di Nomadelfia a partire dai luoghi dove è nata e si è sviluppata nei primi anni sotto la guida di don Zeno Saltini?
Le mostre sono da sempre occasione di conoscenza e riflessione e quello che accadrà a breve nel modenese è particolarmente votato a questo. La proposta è davvero molto ampia e si presenterà al pubblico attraverso il programma generale dal titolo “NOMADELFIA. Profezia di giustizia e fraternità”. Vari sono i momenti di incontro, mentre il percorso espositivo così come accennavo all’inizio si sviluppa su due canali paralleli: il mio dal titolo “NOMADELFIA. Un’oasi di fraternità” e quello storico diffuso sul territorio dal titolo “I luoghi di don Zeno”. Le fotografie sono accompagnate da didascalie che amplificano concetti e peculiarità. Invito tutti a visitare le mostre, a farsi trascinare dalle documentazioni e dalle narrazioni, e soprattutto a cogliere l’occasione preziosa di conoscenza della comunità di Nomadelfia.
Luigi Lamma