In anni ormai lontani, quando il servizio sanitario nazionale (creato negli anni ’70) e i sistemi di assistenza pubblica non erano ancora nati, o erano rudimentali, i nostri vescovi patrocinarono la nascita di due importanti iniziative: la mutua del Clero e il Fondo di Solidarietà del clero. Lo scopo era ed è: assistere economicamente i preti in caso di malattie e infortuni, attraverso la Mutua del clero; sostenere coloro che si trovano in situazione di particolare bisogno economico, con il Fondo di solidarietà. I tempi attuali stanno dimostrando che le preoccupazioni di allora sono più che mai una realtà anche nel nostro oggi. E’ così che dopo la lodevole e corroborata esperienza di Fides et Labor per l’imprenditoria giovanile, monsignor Cavina ha provveduto alla dotazione per il nostro clero di un “Fondo di solidarietà”, attribuendogli un patrimonio di garanzia iniziale di 150.000 euro. Il Fondo di solidarietà per il clero, costituito liberamente e spontaneamente dal Vescovo Francesco, è stato creato tenendo conto della situazione economica dei sacerdoti impegnati nel servizio pastorale presso la Diocesi di Carpi. Un fondo che verrà rimpinguato dal rientro del prestito fiduciario concesso al sacerdote richiedente. Ha il chiaro scopo di garantire sostegno a sacerdoti in stato di bisogno per cure mediche, dentistiche o in situazioni straordinarie e imprevedibili o di particolari difficoltà economiche. E’ un fondo amministrato da persona di fiducia di Monsignor Vescovo. Le richieste di aiuto vengono presentate al Vescovo su istanza diretta del sacerdote interessato. Esercizi di nascondimento: a proposito della carità del Vescovo! La carità, come certi preziosi affreschi antichissimi, è qualcosa di delicato, che finisce per sbiadire e perdere il proprio splendore allorché viene sottoposta alla luce del sole, del o dei riflettori. Talvolta abbiamo bisogno che si spengano le luci della ribalta, si chiudano i microfoni, venga azzerato il volume degli altoparlanti, cessi il concerto fracassone, si interrompano le marce trionfali, perché possiamo percepire la musica silenziosa della carità nascosta e seminata sotto la dura crosta della realtà. Gesti come l’istituzione del fondo di solidarietà del clero, dell’Orto del Vescovo, di Fides et Labor, il ricordo delle vittime del terremoto reso visibile attraverso una stele commemorativa, ci dicono che la vera generosità, la concreta vicinanza alla gente della nostra terra, è rifiuto del palcoscenico. Ci dice dedizione autentica. L’amore ha tutto da guadagnare quando circola in incognito sotto la copertura necessaria del pudore e con addosso il mantello dell’umiltà. Anche per un sacerdote vale la regola che quando l’amore esce di casa, e va a raccontarsi, esibirsi, celebrarsi, autoesaltarsi, si concede all’ammirazione, provoca l’applauso, quello che “esce” non è l’amore, ma l’orgoglio. Certamente l’amore vero non va esibito clamorosamente, chiassosamente, ma deve essere accompagnato dal senso del pudore, da una preoccupazione costante di discrezione. Questi sono i tratti dell’operato del padre-vescovo Francesco. E’ percezione condivisa anche dai miei confratelli nel sacerdozio il sentimento di gratitudine. Grazie Vescovo Francesco, il suo semplice delicato e inaspettato gesto ci dice che dobbiamo imparare a camminare, specialmente nel territorio sacro dell’amore, in punta di piedi, togliendoci dalla banalità, dall’invadenza, dalla grossolanità, dalla retorica, dalla superficialità e dal chiacchiericcio che spesso ci contraddistingue. Si tratta di restituire ai nostri modi di fare il senso della misura, del riserbo, ossia quel qualcosa di delicato, che permette di sfiorare il mistero, senza sporcare, né profanare nulla.
Ermanno Caccia