In ricordo di Papa Francesco

Il ricordo di Papa Francesco del card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei santi
Amico e pastore sempre aperto allo Spirito

di Riccardo Benotti

Il card. Marcello Semeraro con papa Francesco – ph Vatican Media – Sir

Mi rimangono nel cuore la sua ricchezza umana, la vivacità dell’animo e la fecondità della spiritualità”. A parlare è il card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei santi, per anni stretto collaboratore di Papa Francesco come segretario del Consiglio dei cardinali (lo ricordiamo a Carpi nel giugno 2023 in occasione del decennale della beatificazione di Odoardo Focherini, ndr). Nel giorno dei funerali, il porporato racconta il legame personale con Bergoglio e riflette sull’eredità spirituale, pastorale e istituzionale lasciata dal Pontefice.

Eminenza, lei ha servito Papa Francesco fin dai primi giorni del suo pontifi cato, in qualità di segretario del Consiglio dei cardinali, ma lo ha conosciuto personalmente fin dai tempi dell’attentato alle Torri Gemelle. Che ricordo ha di questi dodici anni?

Effettivamente il mio primo incontro con il card. Bergoglio accadde nei primi giorni della X Assemblea generale del Sinodo dei vescovi (settembre/ottobre 2001), cui egli intervenne pure come relatore aggiunto per le ragioni da lei accennate. Quell’iniziale rapporto di collaborazione si trasformò gradualmente in amicizia e in familiarità, sostenute dai vari incontri attuati negli anni in occasione delle sue venute a Roma, mentre io ero vescovo nella vicina Chiesa di Albano.

E prima dell’elezione al Soglio di Pietro?
Anche prima dell’inizio del Conclave del 2013 trascorremmo alcune ore insieme ed io gli proposi di andare a visitare le Ville pontificie di Castel Gandolfo prima di rientrare a Buenos Aires. Neppure lontanamente pensavo a una sua chiamata sulla cattedra di Pietro, che invece avvenne.

Come è nato poi il vostro rapporto di collaborazione più stretto?
Ci fu subito dopo la sua richiesta di collaborargli in quello che sarebbe stato il “Consiglio di cardinali”. Come sottrarmi? All’amicizia, dunque, si affiancò di nuovo la collaborazione ed è quanto ho avuto il dono di vivere sino al 14 aprile scorso, quando ho avuto la possibilità d’incontrarlo di persona per l’ultima volta.

Che ricordo le resta di quell’ultimo incontro?
Allora ho veduto in lui anche la personificazione della fragilità umana; tutte le altre volte la sua apertura del cuore. Nella memoria, dunque, mi rimangono la sua ricchezza dell’humanum – anche gioioso, ilare e ricco di humour -, la vivacità del suo animo e la fecondità della sua spiritualità.

Un saggio che nel 2023 scrissi su di lui è titolato “Il francescanesimo di un papa gesuita”. Lo riscriverei.

Papa Francesco ha voluto che il suo funerale fosse celebrato secondo il nuovo Ordo exsequiarum romani pontificis, da lui stesso approvato nel 2024, che prevede riti più sobri e pastorali. Come interpreta questa scelta?
Quel testo ci fu inviato dall’Ufficio delle celebrazioni liturgiche nel novembre 2024. Nel rescritto si legge che era stato lo stesso Papa Francesco a chiedere “di semplificare e adattare alcuni riti in modo che la celebrazione delle esequie del vescovo di Roma esprimesse meglio la fede della Chiesa in Cristo risorto, eterno pastore”. Fu una scelta conseguente al suo stile pastorale, valida per chiunque e in qualsiasi modo sia giunta la voce di Gesù che dice: “Pasci le mie pecore” (Gv 21,17).

La decisione di essere sepolto nella basilica di Santa Maria Maggiore, anziché in San Pietro, ha suscitato molta attenzione. Come giudica questa scelta?

A dire il vero ci sono altri papi sepolti in quella basilica mariana. È una scelta conseguente alla sua devozione per la Salus populi romani, come dal XIX secolo è invocata l’antica icona raffigurante la Madonna col Bambino lì conservata.

Ci sono precedenti anche recenti?
Sì. Anche Pio IX (1878) non è sepolto in San Pietro, ma in San Lorenzo fuori le Mura; come pure Leone XIII (1903) è sepolto nella basilica di San Giovanni in Laterano. Francesco, dunque, non rompe una “tradizione secolare”, ma ha fatto una scelta, che oggi leggiamo annunciata nel Testamento del 29 giugno 2022.

Papa Francesco ha spesso insistito sulla sinodalità e sulla riforma della Curia. Qual è l’impatto che lascia sulla Chiesa?
Che le strutture della Chiesa – e fra queste pure la Curia romana – abbiano bisogno di adattamenti per rispondere ai bisogni del tempo mi pare ovvio. La costituzione apostolica Praedicate evangelium colloca la riforma “nel contesto della missionarietà della Chiesa”, in continuità con le precedenti riforme e, in continuità con le precedenti riforme dichiara la sua intenzione “di meglio armonizzare l’esercizio del servizio della Curia col cammino di evangelizzazione, che la Chiesa, soprattutto in questa stagione, sta vivendo” (Preambolo, n. 3).

Non è la prima volta che accade?
Anche prima di Francesco ci sono stati “aggiornamenti” e adattamenti, penso più da vicino a san Paolo VI e a san Giovanni Paolo II. “Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare”, ha scritto Paolo VI in Evangelii nuntiandi. Per questo non bisogna meravigliarsi di nuovi aggiornamenti. Perché, allora, meravigliarsi se per tale ragioni si dovesse pensare all’ipotesi di un nuovo “aggiornamento”. Non è ancora vero, come disse Francesco nel suo Discorso alla Curia Romana del 21 dicembre 2019, che “quello che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento d’epoca”?

E sulla sinodalità?
Quanto alla sinodalità, a mio parere vale quanto si legge nel documento della Commissione teologica internazionale del 2018 che , alla luce delle fonti normative e dei suoi fondamenti teologali, “designa innanzi tutto lo stile peculiare che qualifica la vita e la missione della Chiesa …” (n. 70). Il resto o è attuazione, oppure è superfluo e dannoso.

Nel suo ruolo di prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, ha conosciuto da vicino la spiritualità di Papa Francesco. Quali aspetti ritiene esemplari per il popolo di Dio?

In tema di santità mi tornano alla memoria le parole di Francesco nel n. 7 dell’esortazione Gaudete et exsultate, e da lui tante volte ripetute, dove parla della “santità della porta accanto”. Non è una semplificazione della vita cristiana, ma un rimando forte alla vocazione alla santità di cui ha parlato il Vaticano II, ch’è poi l’unica vocazione davvero “universale”.

Quindi la santità è accessibile a tutti?
Sì, le altre vocazioni di un cristiano o s’innestano su questa, o non sono che vanità.

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Gli insegnamenti sociali di Papa Francesco
L’amore politico come dovere civile

di Paolo Negro

Presidente della Cooperativa Culturale Gioacchino Malavasi

ph AFP- Sir

La foto che accoglie i visitatori sulla scala d’ingresso della sede della Cooperativa Culturale G. Malavasi di Concordia (vedi sotto) non è lì per caso. È Papa Francesco durante la sua visita alla Diocesi di Carpi. Abbiamo voluto quell’immagine come segno concreto, quasi programmatico, del rinnovamento della Cooperativa. Per tratteggiarlo abbiamo scelto di mettere in calce una frase di Papa Francesco che contiene un richiamo profondo e universale a una responsabilità civica: il dovere di ogni cittadino – credente o no – di partecipare alla vita pubblica, di non restare indifferenti a ciò che accade nella nostra polis. La parola “politica” deriva proprio da polis, città, e Papa Francesco ha avuto il coraggio di restituirle dignità e spessore, anche quando ciò gli è valso l’accusa di “fare politica”. Ma lui non si è mai tirato indietro. Con la sua consueta franchezza disse: «Sì, faccio politica. Perché tutti devono fare politica. Il popolo cristiano deve fare politica. […] E cos’è la politica? Uno stile di vita per la polis, per la città». Nel tempo dell’antipolitica, queste parole che abbiamo scelto di affiancare alla sua foto nella nostra sede sono un invito chiaro al dovere di sentirsi coinvolti nella costruzione del bene comune. Un invito rivolto soprattutto ai giovani, esortati dal Papa a “sporcarsi le mani” per costruire una società più giusta e più umana, invece di restare alla finestra a guardare.

Un dovere per ogni cittadino. Francesco ha sempre affermato con forza che la partecipazione politica è una responsabilità che appartiene a tutti, non solo a chi ha un incarico istituzionale. «Non basta lamentarsi delle ingiustizie: occorre impegnarsi in prima persona», ha ripetuto in molte occasioni. La partecipazione, secondo il Papa, è parte integrante dell’essere cittadini e credenti: non è opzionale. In vista della scorsa Settimana Sociale dei Cattolici in Italia a Trieste e durante la stessa, il Papa ha rilanciato con ancora più decisione questo tema, parlando della necessità di “una politica che nasce dall’amore per gli altri e che si lascia guidare dalla speranza”. Un’espressione potente che riafferma il suo pensiero: la politica come forma alta di carità, come “la migliore politica”, capace di unire etica e concretezza. Per Papa Francesco, l’individualismo e la disillusione verso le istituzioni sono mali da combattere con la forza della speranza e della comunità. Non ci si salva da soli, ricorda, e neppure si costruisce una società giusta chiudendosi nel proprio privato.

Contro l’indifferenza e l’antipolitica. Francesco ha più volte denunciato la passività come uno dei mali del nostro tempo. Guai a lavarsene le mani, come fece Pilato. “Noi cristiani non possiamo giocare la parte di Pilato. Non possiamo. Dobbiamo immischiarci nella politica”. E non si riferisce solo al voto o alla militanza partitica, ma al coinvolgimento responsabile nella vita sociale, civile, culturale. Ha definito l’indifferenza un vero “cancro sociale”, un atteggiamento che svuota la democrazia e alimenta l’antipolitica. E l’antipolitica non costruisce nulla, è solo una scusa per non mettersi in gioco. È questo il messaggio che abbiamo voluto rilanciare anche noi, come Cooperativa culturale: fare cultura significa stare nel presente, essere cittadini consapevoli, proporre idee, valori, esperienze. Fare cultura è anche esercitare il pensiero critico, interrogarsi sulle sfide della storia e proporre alternative.

La politica come atto d’amore. Per Francesco, la politica è servizio. Citando Paolo VI, la definisce “una delle forme più alte di carità”, perché è finalizzata al bene comune. Un bene che, come ha ricordato nella Evangelii Gaudium, non è astratto ma ha un volto: quello dei poveri, degli emarginati, delle nuove generazioni, della terra che abitiamo. Fare politica – insiste Francesco – significa prendersene cura. E non è facile: «Fare politica è un lavoro martirizzante», dice, «ma si può diventare santi anche facendo politica, se non ci si lascia corrompere ». È questa la politica come amore, come passione per l’altro, come vocazione al servizio. Significa “abitare le periferie”, affrontare i conflitti senza paura, mettere la persona al centro. In altre parole, “non c’è politica senza profezia”, senza quella visione che nasce dalla compassione e si incarna in scelte coraggiose. Anche per questo Francesco è stato accusato di essere un “Papa politico” o addirittura “ideologico”. Ma una fede che non illumina anche i problemi della polis, della città, è spiritualismo sterile, incapace di trasformare la storia umana.

Un segno all’ingresso: la foto, un manifesto. Alla luce di tutto questo, la presenza della foto di Papa Francesco all’ingresso della nostra Cooperativa culturale assume un significato ancora più profondo. È lì per ricordare che chi entra in questo luogo di cultura non entra in uno spazio neutro, ma in uno spazio di impegno, di dialogo, di responsabilità. È un modo per dire che la cultura non è estranea alla politica, anzi, ne è parte viva. E che fare cultura oggi significa anche educare alla cittadinanza, offrire strumenti per comprendere, per scegliere, per agire. È un modo per dire che la speranza di un mondo migliore passa anche da qui. Da un’immagine e da un invito a non restare alla finestra. E se è vero, come scrisse il cristiano-democratico Robert Schuman nella Dichiarazione che il 9 maggio del 1950, 75 anni fa, diede inizio al sogno e al progetto di integrazione europea, che “l’Europa non potrà farsi in una sola volta né sarà costruita tutta insieme: essa sorgerà da realizzazioni concrete”, possiamo aggiungere: anche l’impegno civile e politico di ciascuno nasce da piccoli segni concreti, da un libro (per questo ne presentiamo tanti), da una parola che ci tocca, da una chiamata a “immischiarci”. Noi, con Papa Francesco e con il nuovo Papa, vogliamo continuare a rispondere a questa chiamata.

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L’assemblea generale dell’Onu ha onorato la memoria di Papa Francesco
Coscienza globale e difensore degli ultimi

di Maddalena Maltese, per il Sir da NewYork

La bandiera dell’Onu è stata issata a mezz’asta al Palazzo di Vetro di New York, martedì 29 aprile, per onorare la memoria di Papa Francesco. Lo stesso è avvenuto in tutti gli uffici delle Nazioni Unite. Sempre a New York, una seduta straordinaria dell’Assemblea generale è stata convocata perché i rappresentanti permanenti degli Stati potessero ricordare il Papa del dialogo e della pace. Al fianco del podio degli oratori, che aveva ospitato lo stesso Francesco nel 2015, era stata posta una sua foto con un nastro nero, mentre la stessa immagine veniva proiettata sugli enormi schermi a fianco del palco della presidenza. La seduta si è aperta con un minuto di silenzio, con i rappresentanti dei vari Paesi tutti in piedi in segno di rispetto. Il presidente dell’Assemblea generale, Philemon Yang, ha inaugurato la seduta, ricordando che Papa Francesco era più di un semplice leader della Chiesa cattolica. Era “una voce morale e una coscienza globale” che “con umiltà e coraggio, ha difeso la dignità degli emarginati, dei poveri e di chi non ha voce”. Ha auspicato che l’esempio di Francesco ispiri l’Assemblea, anche e soprattutto per il suo ruolo di “costruttore di ponti”.

La parola è poi passata al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha partecipato ai funerali del Pontefice, lo scorso 26 aprile a Roma. “È stato un paladino delle persone più emarginate della terra. È stato una voce di comunità in un mondo di divisioni… una voce di misericordia in un mondo di crudeltà… una voce di pace in un mondo di guerra”, ha esordito Guterres, alternando ricordi personali e messaggi ufficiali del Papa. “Non dimenticherò mai la prima visita ufficiale che ha intrapreso come Papa, in un periodo in cui ero Alto Commissario per i Rifugiati. Papa Francesco scelse di recarsi sull’isola mediterranea di Lampedusa nel 2013 per porre l’attenzione mondiale sulla disperata situazione dei richiedenti asilo e dei migranti”, ha detto il segretario generale. Ha poi richiamato le parole di Francesco contro “la cultura del comfort, che ci fa pensare solo a noi stessi, ci rende insensibili al grido degli altri”, ribadendo che la particolarità di questo Papa era “guardare le sfide attraverso gli occhi di chi vive ai margini della vita”.

Sul podio si sono alternati i rappresentanti dei vari Paesi, ciascuno con una memoria e un’espressione di gratitudine per il lavoro di Papa Francesco. L’ambasciatore argentino ha ricordato che il Paese ha perso “un figlio e un padre” e ha espresso “gratitudine per gli eventi e le iniziative organizzati da altri Stati in sua memoria”. L’ambasciatore ha tracciato il profilo di un connazionale diventato Papa e soprattutto strenuo difensore della famiglia, dei bambini, degli anziani, delle vittime della tratta e della maternità surrogata. Ha citato le parole di Francesco contro le dittature, quando rispondendo a un giornalista aveva detto: “Le dittature non ci servono a nulla e, prima o poi, finiscono male”. Infine, ha ricordato che il migliore tributo al Pontefice argentino è quello di risvegliarsi dal torpore delle coscienze. L’ambasciatore italiano Gianluca Greco ha richiamato la metodologia di Papa Francesco quando invitava il mondo “a un cambio di rotta”, attraverso un cammino che “non schiaccia, ma coltiva, ripara e protegge”.

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In ricordo di Papa Francesco – Supplemento al numero 15 del Settimanale “Notizie”

Testimonianze e ricordi del Pontefice che nel 2017 fece visita alla nostra Diocesi

Clicca qui per leggere il supplemento al numero 15

 

 

21 aprile 2025

Papa Francesco. Castellucci: “è tempo di silenzio e preghiera, di memoria e gratitudine”

In Duomo a Modena il vescovo Erio ha ricordato la profonda umanità del Pontefice e la sua predilezione per gli ultimi e gli “scarti” della società

Vaticano, incontro del Papa con la presidenza CEI 22 agosto 2022_ph Vatican Media – Sir

Questa sera nel Duomo di Modena l’arcivescovo Erio Castellucci ha presieduto la santa messa di suffragio per Papa Francesco. Una celebrazione particolarmente sentita e partecipata da numerosi fedeli e con la presenza delle autorità civili e militari della città nel corso della quale, grazie alle parole del vescovo Erio è stato possibile riflettere e ringraziare per il ministero di Francesco a servizio della Chiesa e di tutta l’umanità.

Ieri le campane delle nostre chiese hanno suonato a festa per annunciare la risurrezione del Signore; oggi hanno suonato a lutto per annunciare la morte di papa Francesco. Ma ieri, dentro al suono festoso, c’era anche il peso delle risurrezioni che ancora attendiamo: quelle dell’umanità sofferente e smarrita; e oggi, nel suono funebre, c’è anche la leggerezza di una morte che è passaggio alla vita piena e gioiosa. La Pasqua, nel cui clima viviamo questi giorni, è mescolanza di morte e vita, di attesa e pienezza, di dolore e letizia. Per il mondo è strana questa mescolanza; per i discepoli del Signore è invece il senso stesso della loro speranza. Non esiste campana a festa che possa cancellare i tanti dolori del mondo; non esiste campana a lutto che possa cancellare la fede nel Signore risorto. La vita è intreccio di grano e zizzania, di buio e luce, di sofferenza e gioia. E la speranza cristiana è proprio il seme buono in mezzo all’erba cattiva, la luce accesa in mezzo alle tenebre, il cuore radicato nella gioia in mezzo alle difficoltà.

Papa Francesco, in questi dodici anni, ci ha dato un grande esempio di speranza: l’Anno Santo, che lui stesso ha voluto chiamare “Giubileo della speranza”, è come il suo testamento. A nemmeno dodici ore dalla sua morte, non è certo questo un tempo di bilanci: sarà poi lo Spirito Santo a farli. È invece tempo di silenzio e preghiera, è tempo di memoria e gratitudine. Papa Francesco è entrato nelle nostre case con la disarmante semplicità di un fratello, un padre o un nonno; si è fatto spazio nei cuori di milioni di persone, cattolici, cristiani di altre confessioni, credenti di altre religioni e non credenti, con la forza della sua radicalità evangelica. Non era certo un diplomatico e non ha mai fatto sconti a nessuno: era prima di tutto un uomo, che manifestava senza maschere le proprie idee – anche quando erano scomode – e non nascondeva il proprio carattere immediato e spontaneo, il suo spiccato senso dell’umorismo e la preferenza per le cose modeste ed essenziali, a partire dalle cerimonie e dai riti.

Ma è stato soprattutto un pastore, innamorato di Gesù. La sua profonda cultura, unita ad una solidissima memoria, era posta al servizio dell’annuncio del Vangelo: la predicazione lineare e diretta, arrivava al cuore e si legava alla vita quotidiana, facendo spesso riferimenti a fatti capitati e persone incontrate nel suo ministero di religioso, parroco e vescovo. Non chiedeva mai nessun favore in cambio, se non questo solo, ripetuto migliaia di volte, al termine degli incontri pubblici e di individuali: “per favore, ricordatevi di pregare per me”. La forza della preghiera lo ha sostenuto anche nei momenti più difficili. Mi permetto di accennare ad un incontro che ho avuto con lui quattro anni fa, l’unico incontro a tu per tu. Nel dialogo, di mezz’ora circa, ad un certo punto gli ho chiesto: “come fa ad essere sempre sereno, davanti agli attacchi pesanti e malevoli che le vengono diretti da alcuni, anche dentro la Chiesa?”. Dopo un momento di riflessione, ha risposto: “Prego ogni giorno per loro”. E alla fine dell’incontro, salutandomi, non ha smentito la sua vena ironica: “Ricordati di pregare per me… non contro di me!”. Nessuna meraviglia, in realtà, perché non faceva che mettere in pratica il Vangelo: “pregate per quelli che vi perseguitano” (Mt 5,44).

Non è un mistero che i medici, dopo l’ultimo lungo ricovero, gli avessero prescritto due mesi di riposo assoluto, senza incontri e senza uscite. Ha resistito alcuni giorni, poi ha voluto comparire più volte in pubblico, si è recato pochi giorni fa in carcere ad incontrare i detenuti e ieri ha impartito la benedizione pasquale e ha girato tra i fedeli in Piazza San Pietro. Voleva dare un ultimo abbraccio alla sua gente, compiendo fino in fondo il ministero di Pietro. Il buon Pastore lo ha associato alla sua Pasqua, portandolo ormai in cielo per la convalescenza.

Preghiamo per lui e per tutti coloro ai quali ha dedicato il suo ministero: a noi tutti, specialmente agli svantaggiati e ai poveri, che in lui hanno trovato un vero e proprio difensore, e a quelli che chiamava “gli scarti” della società, soprattutto i profughi. A noi non sembrava questo il momento di chiamarlo alla vita eterna: c’è tanta confusione su questo pianeta, ci sono decine di guerre, ingiustizie, violenze; abbiamo bisogno di punti di riferimento solidi, che portino la luce del Vangelo. Il Signore non abbandonerà certo la Chiesa e il mondo e ci donerà presto un successore che ne prosegua l’opera. Ora la nostra gratitudine per averci donato questo grande papa si trasforma in preghiera, obbedendo una volta ancora alla sua richiesta di non dimenticarci di pregare per lui e chiedendo al Signore di accoglierlo nella sua pace.

 

21 aprile 2025

Papa Francesco. Mons. Manicardi: grande dolore ma ci ha insegnato come prepararsi alla morte

Alle 12 le campane delle chiese suoneranno a lutto. Oggi in Cattedrale alle 17.20 il Rosario e alle 18 la messa del lunedì dell’Angelo in ricordo di Papa Francesco
Raccogliendo l’invito del presidente della Conferenza Episcopale card. Matteo Zuppi, su indicazione del vescovo Erio Castellucci per la chiesa di Carpi le campane suoneranno a lutto alle ore 12, nell’ora della preghiera dell’Angelus. Oggi, nel pomeriggio, in Cattedrale a Carpi alle ore 18 sarà celebrata la messa del Lunedì dell’Angelo in ricordo di Papa Francesco, preceduta della recita del Rosario con inizio alle ore 17.20.

A commento dell’improvvisa morte di Papa Francesco è intervenuto mons. Gildo Manicardi, che ha ricordato il Pontefice attingendo ai ricordi personali e al magistero di questi dodici anni di pontificato. “Un vangelo scritto con quattro grandi capitoli – ha spiegato mons. Manicardi – il primo l’Evangeli Gaudium, poi la ‘chiesa in uscita’, la pace di fronte alla ‘terza guerra mondiale a pezzi’, e ‘pellegrini di speranza’, il messaggio del grande giubileo”.

 

 

21 aprile 2025

È morto Papa Francesco

Papa Francesco è tornato alla casa del Padre. A dare il triste annuncio è stato Sua Eminenza, il Card Farrell, con queste parole: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.

Ieri si era affacciato dalla Loggia di San Pietro per la benedizione Urbi et Orbi. E nulla lasciava presagire una conclusione così imminente del Pontificato. Francesco non aveva letto personalmente il testo, ma si è affacciato dalla Loggia centrale della della Basilica di San Pietro e ha augurato con voce leggermente rauca «Buona Pasqua», annunciando che il Messaggio sarebbe stato letto dal maestro delle cerimonie liturgiche pontificie, l’arcivescovo Diego Ravelli. Come in effetti è avvenuto. Il Pontefice era rimasto sulla loggia per tutto il tempo della lettura del testo. Quindi alla fine, dopo l’annuncio dell’indulgenza plenaria per quanti hanno assistito di persona o tramite i media, dato dal protodiacono cardinale Mamberti, ha benedetto la folla presente, cresciuta fino a 50mila persone, pronunciando la formula in latino. La benedizione è stata accolta con un prolungato applauso e grida di “Viva il Papa”. E il Papa aveva voluto ricambiare l’affetto con un giro in papamobile tra i fedeli. Il primo dopo oltre due mesi. Un gesto straordinario che ha acceso l’entusiasmo dei fedeli. Francesco è uscito dall’Arco delle Campane, ha percorso i corridoi tra i vari settori e si è spinto fino a quasi metà di via della Conciliazione, tra due ali di gente. Spesso la Papamobile si è fermata per permettere al Pontefice di benedire e accarezzare alcuni bambini. Immagini straordinarie e commoventi, che rimarranno anche le ultime in pubblico del Pontefice argentino. (da Avvenire)

Dichiarazione del Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI
È un momento doloroso e di grande sofferenza per tutta la Chiesa. Affidiamo all’abbraccio del Signore il nostro amato Papa Francesco, nella certezza, come lui stesso ci ha insegnato, che “tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre”.

Chiedo a tutte le Chiese in Italia che siano suonate le campane delle chiese in segno di lutto e che siano favoriti momenti di preghiera personale e comunitaria, in comunione tra di noi e con la Chiesa universale.