“Quando ho scelto la legenda dello stemma episcopale IMPENDAM ET SUPERIMPENDAR, ho inteso di rendere pubblico il dono che ho fatto di tutto me stesso a Dio per Voi. Vi appartengo adunque interamente: quanto so, quanto posso, quanto valgo, quanto sono, tutto è vostro e vostro per sempre.
Popolo della CITTÀ’ e DIOCESI DI CARPI, popolo dall’anima generosissima e ricca di preziose energie, mettiti col tuo Vescovo in ginocchio dinanzi a Gesù Cristo. Solo Gesù è la Via, la Verità, la Vita”.
Con queste parole il giovane Presule piacentino salutava il suo popolo e dava inizio al suo ministero pastorale, la domenica delle palme del 1953. ‘Vi appartengo’: a questo impegno rimase fedele senza tentennamenti. ‘Mettiamoci in ginocchio davanti a Gesù Cristo’: fu quello un invito che ripetè più volte; sembra di risentirlo ancora oggi: infatti è attualissimo ancora oggi, se il santo Padre, con pressante trepidazione, lo ha di nuovo ripetuto al mondo intero: ‘fissiamo lo sguardo su Gesù Cristo. È Lui l’unico Salvatore del mondo!’, introducendo la Chiesa nel terzo millennio dell’era cristiana. Celebrato il Giubileo del 2000, in questo primo decennio del tremila, continuiamo a fissare lo sguardo su di Lui. Sarà un rinnovato modo di obbedienza che dobbiamo al Venerato Pastore Artemio.
Il suo ministero episcopale si racchiude nell’arco di quel trentennio che ha visto la Città e la Diocesi di Carpi espandersi ed evolversi, economicamente e socialmente. Dovette affrontare delicate questioni sociali ed ecclesiali, ereditate dal passato: problemi che seppe ricomporre con quella pedagogia evangelica che ha nel dialogo, nella pazienza e nell’umiltà un’efficace metodologia. Lo disse Lui stesso parlando di sé nell’omelia del XXV di episcopato tratteggiando così alcuni aspetti emergenti della sua personalità: parlando del peso episcopale, messo sulle sue ‘deboli spalle’, era certo che era il Signore a portarlo; e che da lui si chiedeva solamente: “umiltà, pazienza, amabilità, volontà di sacrificio senza limitazioni”.
Sono i tratti umani e sacerdotali che coltivò dandone viva testimonianza nell’esercizio quotidiano del ministero pastorale: attenzione e cura pastorale rivolta a tutti ma in particolare alle parrocchie, ai sacerdoti, ai seminaristi, ai piccoli, agli ammalati, con uno stile di umile donazione di sé così da spendersi fino all’ultimo: anche da emerito, in diocesi e fuori diocesi per celebrazioni liturgiche e altre forme di apostolato pastorale.
Il suo magistero episcopale è racchiuso prevalentemente nelle lettere pastorali della quaresima che curava con particolare attenzione. Alieno per sensibilità – non certo per capacità intellettuali – da teoriche disquisizioni teologiche preferiva, in questi documenti, scendere al concreto dilungandosi in esortazioni spirituali e pastorali che la gente comune coglieva immediatamente e di cui apprezzava la saggezza e concretezza pastorale.
L’ ‘impendam et superimpedar’ del motto episcopale si concretizzò nelle visite pastorali: furono ben sei nel corso del trentennio, e offrirono nelle relazioni alla santa Sede, dettagliate descrizioni dei problemi, delle risorse, delle gioie e difficoltà pastorali della sua Chiesa.
Realizzò l’ansia missionaria di giungere a tutti per tutti condurre in Cielo, in modo speciale con le Missioni popolari: una forma pastorale di annuncio evangelico allora in auge, ma che ci accorgiamo essere ancora oggi, pur rinnovata nelle forme e nella metodologia, strumento prezioso per dire a tutti la gioia della nostra fede. A circa 25 anni dalla grande Missione Diocesana che egli volle a ricordo del Bicentenario della Diocesi, conclusasi con la presenza del Compianto Cardinale Segretario Stato, suo amico e condiocesano, cardinale Agostino Casaroli e con l’udienza del santo Padre a Roma, ci troviamo a rifare un’altra Missione diocesana perchè il Vangelo e la Grazia del Signore tocchi i cuori dei diocesani e li converta a Dio. Ora dal Cielo, il vescovo Prati sarà – più di prima – intercessore per tutti noi.
Le parole che il santo Padre Giovanni Paolo II rivolse ai diocesani nell’udienza concessa alla Diocesi a conclusione della Grande Missione Diocesana, credo che potrebbero essere le stesse che ci rivolgerebbe Mons. Artemio, proprio da questa Cattedrale in tante volte predicò:
“Auspico che sempre uniti, con filiale e serena docilità, al Vostro Vescovo, formiate una Chiesa particolare che sia di ammirazione e di esempio a tutto il popolo di Dio”.