Giovedì 24 ottobre a Roma si è svolto l’incontro annuale per i direttori degli uffici diocesani e gli incaricati regionali del settore, per la diocesi di Carpi era presente Benedetta Bellocchio.
A 50 anni dall’Inter Mirifica, siamo di fronte “a un cambio d’epoca, non a un’epoca di cambiamenti”, come dimostra la rivoluzione dei media digitali: allora come oggi, però, gli strumenti della comunicazione sociale non sono “un fatto tecnico, ma una questione antropologica, dove la variabile umana appare decisiva”. Un esempio per tutti: Papa Francesco, il cui segreto “non sta nell’assunzione di strategie comunicative particolari, ma nell’eloquenza della sua testimonianza personale”. A tracciare un ampio affresco su come è cambiata la comunicazione ecclesiale nell’ultimo mezzo secolo è stato monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, aprendo l’incontro per i direttori degli uffici diocesani e gli incaricati regionali del settore.
Comunicare senza filtri
Con Papa Francesco, ha osservato monsignor Pompili, “la comunicazione è diretta e sembra saltare la mediazione degli esperti per giungere senza filtri alla gente. Sembrerebbe la fine della lavoro giornalistico e invece è forse la spia di un modo nuovo di lavorare, ispirato a un modello più relazionale”. Di qui la necessità, per i media, di adottare il “paradigma relazionale”, che “è incentrato sulla dignità della persona, dignità che la rende soggetto del diritto all’informazione e alla verità”. Un “modello”, questo, che “parte da una concezione del giornalismo inteso come servizio di pubblico interesse, finalizzato a stimolare l’agire libero dei cittadini”. Nell’era dei social media, in altre parole, bisogna operare per “la costruzione di un’opinione pubblica che faccia crescere il protagonismo, in primo luogo dei laici, e si allontani da certa modalità informativa che, con eccessiva disinvoltura assume i toni del gossip e della polemica, o l’intransigenza rigida dell’ideologia”.
Informare piuttosto che apparire
“Non c’interessa colpire i media, ma capire i giornalisti ed essere capiti dai giornalisti”, ha sintetizzato monsignor Pompili, secondo il quale quello relazionale è “un modello equilibrato il cui principale obiettivo è quello d’informare rigorosamente piuttosto che apparire”. Ai comunicatori cattolici, “ciò che veramente interessa è che ogni apparizione sui media serva ad aumentare la comprensione reciproca: non c’è nel modello bidirezionale l’ansia di comparire a ogni costo. Ogni intervento è soppesato per il suo valore e la sua efficacia nel contesto di una relazione a lungo termine”. In questa prospettiva, “l’attività di comunicazione delle istituzioni, Chiesa compresa, è utile a fornire criteri d’interpretazione e orientamento, per favorire le scelte delle persone”.
A servizio della gente
“Nello spazio pubblico la comunicazione ecclesiale deve essere a servizio della gente e così renderà un contributo anche alla società nel suo insieme”. Monsignor Pompili è partito da questa affermazione, per assegnare ai direttori Ucs il compito di “alimentare e formare l’opinione pubblica”. “Predominio del pensare sull’azione; priorità della relazione sul risultato; lavoro strutturale e a lunga scadenza”. Queste le tre indicazioni ai comunicatori cattolici, esortati a guardarsi dal “protagonismo” e a “creare percorsi, più che occupare spazi”. “Non è tanto importante quanto si ottiene dai media, quanto quello che si è offerto”, ha detto monsignor Pompili, che ha invitato i direttori degli Ucs a “creare rapporti stabili tra tutti gli operatori della comunicazione” del loro territorio e a “coltivare lo sforzo di un pensiero che per non essere formattato deve concedersi spazi di riflessione”, in modo da “evitare il pret-a-porter, tanto seducente quanto inefficace”.
Comunicare è condividere
Papa Francesco “non si lascia intimorire dalle grandi distanze, e ci ha consegnato un compito fondamentale rispetto allo spazio: uscire, andare verso le periferie, verso chi è nella sofferenza, verso i lontani; e avvicinare, ridurre le distanze, abbracciare”. Altra dimensione rivoluzionata dal Papa, quella del tempo: “Con le sue catechesi quotidiane a Santa Marta e l’Angelus domenicale – ha detto Pompili – Papa Francesco ci restituisce un ritmo comune che accompagna, scandisce e risacralizza il tempo ordinario così come l’evento straordinario”. Per Papa Francesco, in una parola, “comunicare è condividere”, anche valorizzando la dimensione digitale, che “non esclude ma anzi potenzia l’incontro”, come dimostra il successo dei suoi “tweet”.
M. Michela Nicolais