Mercoledì 1 marzo, ore 18.30 Mirandola, Sala della Comunità in via Posta
Santa Messa presieduta dal Vescovo monsignor Francesco Cavina
Ritornate al Signore che è misericordioso
Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e benigno (Gl 2,13). Con queste parole del profeta Gioele, che ascolteremo nella liturgia del Mercoledì delle Ceneri, ci introduciamo nel cammino della Quaresima. Ci indicano nella conversione del cuore la dimensione fondamentale del singolare tempo di grazia che ci apprestiamo a vivere. Suggeriscono, altresì, la motivazione profonda che ci rende capaci di rimetterci in cammino verso Dio: è la ritrovata consapevolezza che il Signore è misericordioso e ogni uomo è un figlio da Lui amato e chiamato a conversione. Al centro dell’attenzione c’è un gesto simbolico, opportunamente illustrato dalle parole che l’accompagnano. E’ l’imposizione delle ceneri, il cui significato, fortemente evocativo della condizione umana, viene sottolineato dalla prima formula contemplata dal rito: Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai (cfr Gn 3,19). Queste parole, tratte dal Libro della Genesi, richiamano la caducità dell’esistenza e invitano a considerare la vanità di ogni progetto terreno, quando l’uomo non fonda la sua speranza nel Signore. La seconda formula che il rito prevede, Convertitevi e credete al Vangelo (Mc 1,15) sottolinea qual è la condizione indispensabile per incamminarsi sulla via della vita cristiana: occorre, cioè, un reale cambiamento interiore e l’adesione fiduciosa alla parola di Cristo. Quella delle Ceneri, pertanto, può essere considerata in qualche modo come una “liturgia di morte”, che rimanda al Venerdì Santo, dove il rito di questo Mercoledì trova il suo pieno compimento. E’ infatti in Colui che umiliò se stesso facendosi obbediente fi no alla morte e alla morte di croce (Fil 2,8) che anche noi dobbiamo morire a noi stessi per rinascere alla vita eterna. Niente di ciò che è al di fuori di noi può garantirci la purezza interiore. Possiamo abbellirci con gli abiti migliori, nutrirci dei cibi più succulenti o fingere nei nostri comportamenti, ma il nostro animo, quello che veramente ci qualifica ed è chiaro agli occhi di Dio, rimane nella sua realtà. Gesù proclama queste verità affermando ancora una volta, rivolgendosi alle folle, ma parlando degli scribi e dei farisei, che “non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo”. Anche i latini affermavano, a mo’ di proverbio, che “la bocca parla dall’abbondanza del cuore”. Il Signore spiega ulteriormente agli Apostoli il significato della sua affermazione: “Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?”. La conclusione immediata è che Gesù dichiarava mondi tutti gli alimenti, ma c’è qualcosa di più importante da dedurre dal suo discorso: è la pratica applicazione del comandamento che ci sollecita a non dire o testimoniare il falso, a vivere in noi la verità di Dio per essere suoi testimoni veri e credibili nella carità. “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”. Gli inquinamenti da parole sono più pericolosi e più nocivi di quelli atmosferici; sarebbe urgente per noi indire una campagna ecologica di purificazione del linguaggio. Noi cristiani che ci ispiriamo a Cristo, la Verità incarnata, dovremmo essere di fulgido esempio, pur sapendo che l’affermazione della verità e il vivere nella purezza del cuore comporta sempre un alto prezzo da pagare: Cristo e i suoi martiri hanno pagato con la vita, noi…?
EC