Le comunità diaconali di Modena e di Carpi in pellegrinaggio giubilare a Roma

Al servizio dell’accoglienza

di Diac. Luca Malmusi

L’esperienza vissuta dal 21 al 23 febbraio scorso è stata per la comunità del diaconato modenese una vera esperienza di comunione: trenta diaconi, molti insieme alle loro spose, si sono uniti a diverse migliaia di confratelli di tutto il mondo per vivere insieme il giubileo dei diaconi. L’evento ha visto unite le comunità diaconali di Modena-Nonantola e di Carpi che da tempo stanno camminando insieme anticipando, di fatto, l’unione delle due diocesi. Noi diaconi ci siamo riuniti per celebrare l’anno giubilare insieme a papa Francesco che, pur ricoverato al policlinico Gemelli, non ha voluto privarci del suo messaggio letto da mons. Fisichella durante l’omelia della messa celebrata in San Pietro la domenica mattina. Sono stati tre giorni speciali nella loro normalità: non abbiamo fatto nulla di eccezionale, semplicemente abbiamo camminato, parlato, pranzato, pregato, ma abbiamo fatto tutto insieme con uno stile fraterno ed autentico. Il giorno del nostro arrivo a Roma è stato edificante riflettere e confrontarsi con i docenti e alcuni dottorandi dell’Università Lateranense su vari argomenti di studio di attualità per la Chiesa universale (fragilità, etica famigliare, abusi) e comprendere come lo stile del servizio tipico del diaconato si possa attuare anche analizzando realtà concrete che solitamente noi diaconi scopriamo operando nel nostro umile servizio della soglia, portando alla luce situazioni spesso non note a chi si impegna nella ricerca accademica.

Insieme abbiamo provato a vivere l’esortazione che papa Francesco ci ha rivolto nell’omelia richiamandoci all’importanza di “crescere insieme, condividendo luci e ombre, successi e fallimenti gli uni degli altri, per essere abili e pronti a perdonare e chiedere perdono, riallacciando relazioni e non escludendo dal nostro amore nemmeno chi ci colpisce e tradisce. Un mondo dove per gli avversari c’è solo odio è un mondo senza speranza, senza futuro, destinato ad essere dilaniato da guerre, divisioni e vendette senza fine, come purtroppo vediamo anche oggi, a tanti livelli e in varie parti del mondo. Perdonare, allora, vuol dire preparare al futuro una casa accogliente, sicura, in noi e nelle nostre comunità. E il diacono, investito in prima persona di un ministero che lo porta verso le periferie del mondo, si impegna a vedere – e ad insegnare agli altri a vedere – in tutti, anche in chi sbaglia e fa soffrire, una sorella e un fratello feriti nell’anima, e perciò bisognosi più di chiunque di riconciliazione, di guida e di aiuto”.

Il Papa ci ha sollecitato a vivere il nostro servizio in modo disinteressato in autentica amicizia e si è rivolto a noi chiamandoci “Fratelli diaconi” e ricordandoci che nel Vangelo il Signore descrive il diaconato “con una frase tanto semplice quanto chiara: «Fate del bene e prestate senza sperarne nulla» (Lc 6,35). Poche parole che portano in sé il buon profumo dell’amicizia. Prima di tutto quella di Dio per noi, ma poi anche la nostra. Per il diacono, tale atteggiamento non è un aspetto accessorio del suo agire, ma una dimensione sostanziale del suo essere. Si consacra infatti ad essere, nel ministero, “scultore” e “pittore” del volto misericordioso del Padre, testimone del mistero di Dio-Trinità”.

Quindi Francesco ha sottolineato l’importanza del nostro ministero con parole esortandoci ad essere testimoni fedeli e gioiosi del Vangelo: “Fratelli Diaconi, il lavoro gratuito che svolgete, dunque, come espressione della vostra consacrazione alla carità di Cristo, è per voi il primo annuncio della Parola, fonte di fiducia e di gioia per chi vi incontra. Accompagnatelo il più possibile con un sorriso, senza lamentarvi e senza cercare riconoscimenti, gli uni a sostegno degli altri, anche nei rapporti con i Vescovi e i presbiteri. […] Il vostro agire concorde e generoso sarà così un ponte che unisce l’Altare alla strada, l’Eucaristia alla vita quotidiana delle persone; la carità sarà la vostra liturgia più bella e la liturgia il vostro più umile servizio”.

Papa Francesco ci ha invitato a vivere la gratuità e con gratuità che è fonte di comunione. Dare senza chiedere nulla in cambio unisce, crea legami, perché esprime e alimenta uno stare insieme che non ha altro fine se non il dono di sé e il bene delle persone come singoli e come comunità: “per noi tu sei importante”, “ti vogliamo bene”, “ti vogliamo partecipe del nostro cammino e della nostra vita”. Questo facciamo noi diaconi: mariti, padri e nonni pronti, nel servizio, ad allargare le nostre famiglie a chi è nel bisogno, nei luoghi in cui viviamo. In questo modo la nostra missione, che rende la società, e in particolare la Chiesa, un luogo sempre più accogliente e aperto a tutti, è una delle espressioni più belle di una Chiesa sinodale e “in uscita”.