Ripensando a don Zeno Saltini
Non è facile difenderla, dopo il rimprovero di Gesù: “Marta, Marta…”. Certo, quel rimprovero è opportuno, perché si stava affannando troppo, dividendosi ansiosamente tra molti servizi. Un’attenuante però Marta la merita: la quiete di Maria, sedutasi comodamente ai piedi di Gesù mentre lei corre qua e là, è una provocazione. Ma c’è un altro motivo per difendere Marta: la richiesta che lei fa a Gesù, perché dica a Maria di aiutarla. Quel “dille dunque che mi aiuti” racchiude una grande verità: non si può servire da soli; il servizio comporta una rete di relazioni. Con una sola frase, Marta domanda aiuto sia a Gesù che a sua sorella; per lei la parola di Gesù (“dille”) è in grado di attivare la collaborazione di Maria (“che mi aiuti”), alleggerendo il suo peso. Non va assolta Marta, almeno per questa frase? In fondo anticipa la sentenza finale del Maestro – “Maria ha scelto la parte buona” – mettendo in luce che l’ascolto della parola di Gesù attiva il servizio e che il servizio, per non scadere nell’ansia, chiede collaborazione. Nasce così un circolo virtuoso tra parola, ascolto e … continua –>