Si preannuncia di grande interesse e di rilievo nazionale il convegno per i giornalisti organizzato da Notizie e dall’Ufficio diocesano comunicazioni sociali per sabato 11 marzo a Carpi. Un evento in cui si è voluto evidenziare il collegamento ideale che unisce il messaggio di Papa Francesco per la Giornata delle comunicazioni sociali 2017, dal titolo “‘Non temere, perché io sono con te’ (Is 43,5). Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”, e la “buona notizia” rappresentata dalla prossima riapertura della Cattedrale. Temi per una conversazione, in vista del convegno, con don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali della Cei, che sarà fra i primi ad intervenire all’evento.
Don Ivan, nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali, Papa Francesco insiste sulla necessità di promuovere “la logica della buona notizia”. Questo perché, viene da dire in parole povere, sembra che abbiano molto più risalto nell’informazione le notizie “cattive” di quelle “buone”. Lei cosa pensa al riguardo?
Credo che a fare la differenza sia innanzitutto lo sguardo con cui ci accostiamo a quanto accade: se i nostri occhi sono miopi, arroganti o gratuitamente polemici non faremo altro che aumentare smarrimento e sfiducia. Papa Francesco ci ricorda che la realtà in se stessa non ha un significato univoco, ma per molti versi dipende dalla prospettiva con cui la guardiamo.
L’invito del Papa è quello di ricercare “uno stile comunicativo aperto e creativo, che non sia mai disposto a concedere al male un ruolo da protagonista, ma cerchi di mettere in luce le possibili soluzioni, ispirando un approccio propositivo e responsabile”. Per un operatore della comunicazione come è possibile tradurre in pratica tutto questo?
Certe situazioni pesano come una gelata invernale, è inutile negarlo; ma è altrettanto pericoloso fermarsi impotenti davanti al male e non lasciare intuire il grano che già cresce sotto la neve. Per riconoscerlo, serve coltivare una sapienza che non ha nulla a che vedere con l’ottimismo ingenuo e stucchevole di chi pretenderebbe di non lasciarsi nemmeno sfi orare dallo scandalo del male. Il buon giornalista sa svelare contraddizioni e responsabilità, provocando a muoversi in una logica di bene comune.
Quali sono le difficoltà maggiori per chi voglia lavorare per “la logica della buona notizia”?
Fretta, superficialità, pressapochismo… sono scogli da evitare, anche e a maggior ragione in questo tempo che sacrifica tutto a quell’immediatezza che non permette di verificare le cose, di distinguerle e di chiamarle con il loro nome. Un’informazione di qualità supera gli stereotipi che impediscono di avvicinarsi alla realtà; non alza muri, ma costruisce ponti: con uno stile documentato, accurato e rispettoso, che si fa riconoscere in termini di autorevolezza.
Come vede oggi l’informazione religiosa in Italia? Quanto sono in grado di farsi ascoltare i media che si defi – niscono cattolici, cioè quelli particolarmente interpellati dal messaggio del Papa?
Per certi versi, sono chiamati a parlare ad un contesto culturale nel quale le basi del Cristianesimo non hanno più una loro evidenza: la lingua comune di ieri è andata perduta. Nel contempo, fa notizia la sobria normalità di Papa Francesco, che testimonia la freschezza del Vangelo e la compagnia della Chiesa e propone a tutti di crescere in una cultura dell’incontro, inclusiva e liberante. C’è spazio e nuova attenzione anche per un’informazione religiosa che sia capace di off rirecontenuti, analisi, approfondimenti, chiavi di lettura.
Come è cambiato negli ultimi anni il mestiere del giornalista? In particolare, sottolinea sempre il Papa nel messaggio, “l’accesso ai mezzi di comunicazione, grazie allo sviluppo tecnologico, è tale che moltissimi soggetti hanno la possibilità di condividere istantaneamente le notizie e diffonderle in modo capillare…”.
L’innovazione ha spezzato la logica piramidale di quella che, fi no a un recente passato, era un’informazione gestita dalle grandi testate; il nuovo contesto off re una possibilità diff usa di informarsi, formarsi ed esprimersi autonomamente, di postare e diffondere un commento: il destinatario di ieri è diventato a sua volta autore o co-autore, abile nel distribuire contenuti. Al giornalista, oltre alla necessità di doversi comunque confrontare con questo contesto, è chiesta competenza ed elasticità per muoversi su tutte le piattaforme: richiede studio, esperienza e sensibilità.
In un’intervista lei ha sottolineato come ci sia bisogno di “un’informazione di prossimità”? Al riguardo, quale il ruolo dei cosiddetti giornali del territorio, come è appunto Notizie?
Quasi per contrappasso, al tempo della Rete – che ci ha spalancato ogni dove – c’è una forte domanda di identità, di radicamento sul territorio, di storia, di immersione nella cronaca, quindi in ciò che la gente vive. Le testate locali, con la ricchezza della loro tradizione e delle esperienze umane e professionali di cui sono espressione, restano un riferimento prezioso nella misura in cui sanno ascoltare mente e cuore della gente, incrociarne le attese, i problemi e le speranze, e illuminarle con l’off erta di un’informazione di qualità.