L’omelia di Mons. Manicardi nella messa della Notte di Natale

Cattedrale a Carpi

Pellegrini di speranza tra il già e il non ancora
Siamo a celebrare la notte santissima della nascita di Gesù, centro del nostro tempo, come ci consegna il contare dei nostri anni: d.C./«dopo Cristo» o, in latino, P.C.N./«post Christum natum»). Ci sono due modi di scandire la linea del tempo. Uno è quello della linea: presente — passato — futuro. Lungo questa linea esiste solo il presente perché il passato non esiste più e il futuro forse non esisterà mai. Quest’idea appare anche nell’ultima parte dell’Ave Maria quando siamo invitati a chiedere alla Vergine Madre di pregare per noi peccatori, “Adesso e nell’ora della nostra morte”. Non la preghiamo per il futuro che non siamo sicuri ci sia: di veramente sicuro il futuro contiene soltanto l’ora della nostra morte. I latini che crearono questa parte dell’Ave Maria erano intelligenti e veramente spietati… La linea presente — passato — futuro, a pensarci bene, è del tutto statica: esiste solo il presente e per di più senza sogni. La nascita di Gesù ha dato al tempo un ritmo del tutto nuovo. Gesù è venuto sulla terra dal grembo verginale di Maria, ma per tornare tra noi dalla gloria del Padre alla fine del tempo. Il ritmo che Gesù ha dato al tempo è quello del già e del non ancora. Esiste il presente, ma esso ha un ritmo dinamico: prende forma e forza soltanto da quanto è già stato donato, al centro del tempo, e da quanto siamo incamminati a sperare nel punto finale della storia. La postura cristiana nella storia è di questo tipo: il discepolo del Vangelo vive di questo già unito al non ancora. Gesù è già venuto nella povertà della nostra carne ci ha donato il Vangelo. Per questo siamo qui nella serenità della gioia di questa notte. Gesù verrà ancora e sarà “nella gloria del Padre” per chiamarci alla risurrezione e per donare al nostro corpo la forma e lo splendore del suo esser accanto al Padre. Il presente del cristiano è creato in maniera dinamica dal dono del Natale che celebriamo e dalle speranze esplose con la risurrezione di Gesù a Pasqua.

Il già e il non ancora della pace
Se pensiamo alla pace, abbiamo il già nel cammino di ricerca della dignità umana che stiamo vivendo. Questo cammino è oggi una tensione abbastanza popolare e diffusa, anche se non sempre equilibrata (basterebbe pensare che qualcuno sostiene un diritto costituzionale all’aborto). Una tale tensione alla dignità e alla pace, nel passato, era patrimonio soltanto di pochi filosofi e di geniali pensatori. Oggi non dobbiamo dimenticare che tra tanti focolai di guerra c’è anche questo cammino silenzioso, ma che è anche un vero movimento tettonico. Abbiamo inoltre il già del Vangelo di Gesù: Beati i miti perché possederanno la terra. La terra non sarà posseduta da armi, missili e droni e bombe atomiche, ma Dio ha creato la terra per donarla ai mansueti. Beati gli affamati e gli assetati di giustizia, beati i perseguitati (cf. Mt 5). Però, non abbiamo ancora la giustizia e l’equilibrio della partecipazione di tutti, la condivisione delle ricchezze. Anche l’equilibrio della ricerca scientifica è troppo piegato al servizio della guerra. Per noi questa notte la domanda tra il già e il non ancora della pace risuona chiaro. Dove si collocano quanti, come noi, celebrano questa notte il Santo Natale? Dove ci collochiamo noi che siamo qui a pregare in questa stupenda notte di Betlemme?

Il già e il non ancora delle scelte personali
Oggi guardiamo con soddisfazione che alcuni sono riusciti a superare le forme più grezze e ingenue di materialismo, come confidare nella ricchezza a tutti i costi, l’accaparrarsi di posti definitivi a spese di altri, il gusto eccessivo di brillare, di dominare, di eccellere sugli altri o almeno… provarci. Abbiamo il Vangelo di Gesù, che ci ha insegnato: cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in aggiunta (cf. Mt 6). È vero anche che molti non hanno il minimo per vivere decorosamente, la speranza è merce molto rara a tutti i livelli; predominano fake news, imbrogli e ricatti; sono troppo diffuse l’autoreferenzialità, la superbia, la prepotenza, l’ira, la distruzione della fama altri, la violenza e le uccisioni all’interno di amori deteriorati e perversi. Dove ci collochiamo noi che siamo qui in questa notte di preghiera? Sono importanti per noi i doni che il bambino di Betlemme ci ha già fatto? La speranza nella paternità di Dio per tutti, l’appello a farsi prossimo dei meno fortunati, l’ingiunzione del perdono “settanta volte sette” e fino a porgere l’altra guancia?

Il già e il non ancora della «nostra Carpi»
«La nostra Carpi» non è un’espressione campanilistica o antichizzante. Certamente Carpi non è più in quella crescita verticale cui eravamo abituati qualche lustro fa. C’è in giro una nebbiolina malinconica. I punti di ricchezza si sono davvero rarefatti e molte “eccellenze” si sono esaurite e trasferite… Ma, intanto, Carpi si è arricchita di un numero non più trascurabile di “nuovi cittadini”. A questo livello carpi è ancora molto attrattive e questo significa che non è così mal messa come alcuni disillusi pretendono. Negli ultimi cinque anni Carpi è passata dall’83° posto di grandezza in Italia al 77°. È perciò evidente che si possono trovare nuove forme di convivenza soddisfacente. Occorre trovare forme idonee a questa nuova società che nel suo crescere, accanto a pericoli, mostra ancora una potenzialità di ricchezza. Basta vedere il crescere numerico dei nuovi cittadini, la cui speranza non ha certamente sbagliato indirizzo. Lasciate che con schiettezza vi inviti a valutare un dato innegabile. Il numero dei presbiteri della diocesi è evidentemente cambiato e lo potete verificare ogni domenica. La maggior parte dei celebranti è di origine straniera e compie nel nostro tessuto servizi essenziali, non raramente molto ben eseguiti. Penso che sarebbe interessante metterci a pensare che da questo punto di vista la Chiesa di Carpi è davvero profetica rispetto al territorio.

Il già e il non ancora dei pastori e dei magi
Tra il già e il non ancora occorre diventare «pellegrini di speranza», ossia non solo gente ottimista che spera, ma gente che cammina verso degli obiettivi intermedi, verso una crescita… Non basta andare verso il futuro. I modelli natalizi di speranza sono due. I Pastori di Betlemme che accolsero l’invito dell’angelo a muoversi e raggiunsero la luce della grotta. I Magi che seppero venire dall’Oriente seguendo la stella e le congiunzioni dei pianeti. A Gerusalemme indovinarono il giusto atteggiamento verso il crudele Erode e riuscirono a tornare nella loro terra per un’altra via. L’imminente anno santo ci chiede si accelerare la nostra posizione tra il già e il non ancora e a farci «pellegrini di speranza» (e non solo…turisti sacri che visitano Roma).